La Repubblica 24/07/2005, pag. 44 Dario Cresto Dina, 24 luglio 2005
L’incontro. Signora della tv. La Repubblica 24/07/2005. Milano. Ancor prima di vederla, la Simo, come la chiamano qui, la senti
L’incontro. Signora della tv. La Repubblica 24/07/2005. Milano. Ancor prima di vederla, la Simo, come la chiamano qui, la senti. "Arriiivo", grida da una stanza lontana, in fondo a un corridoio. Aspettandola c´è il tempo di spiare questo pezzo di casa al terzo piano di corso di Porta Vittoria, a pochi metri dal palazzo di giustizia di Milano, e di sorprendersi: un lampadario di cristallo a gocce sovrasta imponente il massiccio tavolo del primo novecento che a sua volta occhieggia una credenza impero; un dipinto buio e un po´ scialbo di un pittore anonimo raffigura un´aquila grande come un toro nell´atto di ghermire e portare in cielo un bambinetto con lo sguardo da penitente. Manca soltanto un busto d´Alfieri o di Napoleone per immaginarsi nel salotto con Nonna Speranza. Che ci azzecca tutto questo con Simona Ventura, ti domandi, quando lei s´affaccia improvvisa e gaia dall´angolo di un muro, ti stringe la mano con simpatia, sorride, poi intuisce lo stupore e allora ride di sé: "Sono una parte dei mobili che avevo a Roma, là tutto è ridondante, barocco. Stavo in un alloggio pieno zeppo di roba, sembrava che l´arredamento mi cadesse addosso, da quando mi sono trasferita a Milano ho cercato di alleggerirmi. Si vede...O no?". Indica le tende sottili dalle quali filtra la pallida luce del mattino, il televisore al plasma inchiodato a una parete, i divani chiari, il basso tavolinetto di vetro sul quale sono appoggiate decine di riviste sopra cui troneggia "Peluche", l´ultimo libro di Emilio Fede. Sono gli oggetti della sua leggerezza. Prende il libro, lo solleva, fa frusciare tra le dita qualche pagine. "Gli do un´occhiata, c´è un capitolo in cui si parla di me. Leggo poco, non ho davvero il tempo. Da settembre a giugno mi alzo ogni mattina alle sette e un quarto, alle 8 e mezzo porto i bambini a scuola in auto o a piedi. Poi ho la palestra, le riunioni con quelli del mio staff, l´estetista, le lezioni di inglese e spagnolo, la preparazione dei programmi, la scelta degli ospiti... Alla sera, mi creda, sono sfinita". Simona Ventura ha la faccia tirata, indossa un paio di jeans delavé e una camicia di foggia maschile a righe larghe, colorate. Tutto di Dolce e Gabbana, gli stilisti che la vestono da quando è diventata la signora della tv. Da anni non acquista più nulla, o quasi. "Non mi danno minigonne. Dopo i quarant´anni, dicono, non sta bene. Non è cool. Brutto colpo, eh? Ma io, invece, non ho mai avuto le gambe belle come adesso. Così le mini di D&G me le compro da sola, le metto e me ne frego". In un anno è dimagrita di nove chili. Colpa di un amore perduto, forse anche di un altro soltanto accarezzato e del quale non vuole dir nulla. Ma è per questo che siamo qui: per parlare d´amore. L´amore gentile, l´eros, l´amore materno, l´amore per la televisione, l´amore di Simona Ventura per se stessa. Si siede in punta al divano, si accende una sigaretta: "Per amore posso perdonare, ma non dimenticare. In amore posso superare la ferita di un tradimento, e l´ho fatto, ma non l´orrore di scoprire che ho accanto un uomo violento, capacissimo di prendermi a botte. Mi è capitato una volta, mi diede un ceffone, lo lasciai subito. In amore sono io l´uomo. Quando mi innamoro divento pericolosa, do tutto o tolgo tutto, non ho mezze misure. Posso andare fino in cima all´Everest per raccogliere una stella alpina e una mattina alzarmi dal letto e decidere che è finita, fare le valigie e non tornare mai più indietro". Eppure qui dentro non c´è bisogno di voltarsi, basta guardarsi attorno per dubitare della sua verità. Le fotografie dell´ex marito, il calciatore Stefano Bettarini, sono ovunque: con lei il giorno delle nozze, con lei a una festa, con lei al mare, con lei e i figli Niccolò di sei anni e Giacomo di quattro. Scatti di felicità. "Quelle fotografie sono lì per i miei bambini, perché Stefano è il loro papà e stanno lì anche per me, perché non rinnego nulla del mio matrimonio - ho amato Stefano d´un amore enorme - ma non tornerei mai indietro. Ho passato il mio Rubicone". O s´è salvata dal suo tsunami, come le ha suggerito un amico che si è da poco separato dalla moglie. "E´ stata dura, ma sono sopravvissuta. Andavo in tv e mi sentivo addosso le domande di tutti, le leggevo nei loro sguardi, avevano sfumature differenti: morbosità, rispetto, solidarietà, affetto, curiosità. Molte volte, a Quelli che il calcio, sono stata lì lì per sciogliermi in lacrime. Oddio, pensavo, oddio, adesso mi metto a piangere in diretta. Se non l´ho fatto devo ringraziare soprattutto Gene Gnocchi. Gene mi è stato vicino con l´ironia, il sorriso, l´amicizia; è stato uno zio, un fratello, un grand´uomo. Cazzo, l´ho chiamato zio, mi darà il tormentone. Ho ricevuto anche tante lettere, soprattutto di donne, mi esprimevano solidarietà, un universo femminile coalizzato contro i maschi di ogni età. Ho pianto come una bambina dopo l´ultima puntata, quella domenica si è liberata tutta la tensione accumulata durante un anno terribile". Era cominciato il dieci maggio 2004, calcio scommesse, lei stava andando a Saint Tropez. Tornò indietro, da Stefano, e fu l´ultima volta. "Adesso sento di avere una vita nuova davanti a me, una strada che per un po´ voglio percorrere da sola. Sto cercando di convincermi che ne avevo bisogno, intendo dire che sentivo la necessità di essere single per la prima volta dopo fidanzamenti molto lunghi e un matrimonio. Mi sono maltrattata tanto, ora basta, è il momento che mi faccia delle coccole. Forse diventerò anche più riflessiva, così qualcuno smetterà di dire che la Ventura è scema, perché io scema non sono. Impulsiva sì, ma scema proprio no". Si vuole bene la Simo. Molto. "Mi sono rifatta le tette e il naso, non ho alcun problema ad ammetterlo. Il naso perché non era televisivo, il seno perché, a causa del dimagrimento, era quasi scomparso. Non ce l´avevo più e avevo voglia invece di essere più bella. Che male c´è? Le labbra? Quelle no, per carità, quelle sono le mie, sono na-tu-ra-lis-si-me. Odio i canotti...". La signora che l´aiuta in casa porta i caffè. Per lei tazza grande, riempita quasi all´orlo, ci aggiunge un po´ di latte. Parla in fretta, senza esitazioni, le mani non stanno ferme un attimo. "Non ho fatto sesso per mesi, no, no, abbia pazienza, non dico quanti. Glielo spiego con la strofa di una canzone: non c´è sesso senza amore, per me. Mai usato il mio corpo per fare carriera in tv, se qualcuno prova a dire che la Ventura è andata avanti passando dal letto di questo o quello...lo querelo. Del sesso posso fare tranquillamente a meno e, in questo momento, non mi dispiace neppure di non essere innamorata perché credo mi sarà più facile riprendere in mano la mia vita. Più avanti si vedrà. Sa che cosa mi immagino, ogni tanto, nel mio futuro? Una casa con il camino, un compagno che sia davvero mio complice, stare all´estero, New York, Londra, Madrid, diventare nonna. Aspettative banali per una come me che sa di essere una persona famosa, ma che è stata educata alla semplicità da un padre ufficiale dell´esercito e da una madre che ancora oggi è una specie di guida spirituale". Le dico che la fama spesso è un fenomeno provinciale. "E già - fa lei - , io infatti sono di Chivasso." . Da qualche minuto si è accoccolata sul divano come una ragazzina, ripiegando le gambe sotto il corpo. Ricorda: "Da piccola ero una bambina molto solitaria, molto silenziosa, il silenzio mi piace ancora adesso. Amavo il circo, i clown. Mi intristiva lo zoo, con gli animali dietro le sbarre che sono sempre malinconici, innaturali, rassegnati. A Natale ho voluto portare i miei figli in Africa, gli ho fatto fare un safari fotografico, è stato meraviglioso. Alle medie tenevo un diario, ho smesso quando una compagna me lo ha letto di nascosto. Inconsciamente devo essermi detta che non bisogna mai tenere addosso cose preziose, si corre il rischio che qualcuno te le sporchi, te le rubi. Oggi giro senza un soldo in tasca, ho la carta di credito e il bancomat, del quale, per altro non ricordo il codice segreto". Assieme alle parole, un po´ alla volta, vengono a galla anche le paure. "Penso spesso alla morte, la prospettiva mi terrorizza anche se sono cattolica e fatalista. Vado in chiesa una volta la settimana: prego Gesù perché conservi la salute ai miei figli, alla mia famiglia, alle persone care, a me. Gli chiedo di fare in modo che le cose vadano meglio. Faccio un check-up medico completo ogni anno. So che la vita è zucchero e piombo, mi auguro che la mia si mantenga dolce il più a lungo possibile e voglio goderne ogni momento". Il piacere, per Simona Ventura, è sentirsi addosso la tv come una seconda pelle, grazie ad essa, giura, la conosce il novantatré per cento degli italiani: "Non lo dico io, lo dicono i sondaggi". Dopo l´estate ci sarà ancora l´Isola dei famosi, ci saranno ancora Quelli che il calcio. "Tre anni, mi sono data tre anni. Non penso di essere in fase discendente, ma tra un po´ mi piacerebbe piazzarmi dietro lo schermo, inventare nuovi programmi, scoprire personaggi". Nel 2004 ha condotto Sanremo, quinta donna nella storia del festival dopo Maria Teresa Ruta (1955), l´attrice Giuliana Calandra (1961), Loretta Goggi e, soprattutto, la Carrà, una leggenda per la Ventura. Non è un caso che stia studiando lo spagnolo: "Non mi dispiacerebbe tentare un´esperienza in Spagna, come ha fatto Raffaella. Là c´è un´altra televisione, un paese giovane, moderno, che bravo Zapatero. La nostra televisione è lo specchio della società: non è libera. Non lo è mai stata, a ogni cambio di quadro politico cambiano i padroni, non faccio nemmeno nomi e cognomi. Li conosciamo bene. Noi italiani siamo incredibili, siamo un popolo che dimentica tutto: le truppe vanno da sinistra a destra, da destra a sinistra con una naturalezza straordinaria. Assistiamo a una continua migrazione. Mi piacerebbe lavorare in una tv con più satira, in una tv che ospitasse davvero le opinioni di tutti. Io ho sempre cercato di salvarmi con l´ironia, a volte ci sono riuscita, altre no, ma ritengo di avere la coscienza a posto". La signora le porta un secondo caffè, Simona ne approfitta per domandarle che ora è: "Devo andare". L´aspettano i figli. Sulle scale dice: "Sono una donna molto fortunata. Ci sono giorni nei quali la felicità mi sfiora due volte: quando stringo la manina di Giacomo accompagnandolo all´asilo e quando faccio i compiti con Niccolò, lo bacio e gli sussurro "la tua mamma non ti abbandonerà mai"". L´amore, finalmente. Dario Cresto Dina