Il Sole 24 Ore 29/07/2005, pag.5 Luca Orlando, 29 luglio 2005
"Io insieme a Berlusconi". Il Sole 24 Ore 29 luglio 2005. "Io? Io sto bene così. L’unico sfizio che avrei
"Io insieme a Berlusconi". Il Sole 24 Ore 29 luglio 2005. "Io? Io sto bene così. L’unico sfizio che avrei...". Carlo De Benedetti, nel suo studio di Via Ciovassino, racconta l’incontro con Silvio Berlusconi dello scorso aprile. Inusuale già in partenza, dopo 16 anni di silenzio assoluto, quasi inevitabile dopo lo scontro per il controllo del gruppo Mondadori e le battaglie giudiziarie conseguenti. Inusuale nella conclusione, quando si è parlato di affari e De benedetti ha esposto il progetto di lanciare un fondo di private equity dedicato ai risanamenti aziendali. "Ecco – racconta De Benedetti di quell’incontro – questo è l’unico obiettivo che vorrei realizzare. Tu quanto metti? – mi ha chiesto Berlusconi -. Cinquanta milioni di euro. E allora, se sei d’accordo, farei altrettanto anch’io". Un nuovo bipartisan? Un cambiamento di visione politica dell’Ingegnere? "Niente di tutto questo – assicura De Benedetti – io l’ho ringraziato. stato un colloquio piacevole dopo anni di ostilità. Però, per non rischiare di ricaderci, avevamo deciso di non parlare né di politica né di editoria". L’investimento di Fininvest nel capitale del nuovo fondo non è però un fatto isolato. Del nuovo progetto faranno parte anche il gruppo della Valle, Sopaf, il fondo statunitense Ramius, Banca Immobiliare. Poi, a titolo personale, Luca Cordero di Montezemolo, Arnaldo Borghesi di Lazard e il numero uno di Technogym Nerio Alessandri. Parterre di grandi nomi per un progetto ambizioso. "Premetto che il nazionalismo non mi appartiene e che questo non sarà un fondo di beneficenza ma dovrà fare dei soldi. Tuttavia, credo che mettendo insieme queste capacità finanziarie e imprenditoriali potremo anche aiutare le aziende del nostro paese. Ne ho parlato con molti banchieri e la reazione è stata positiva: mi hanno detto: fallo, è la strada giusta". Ci si concentrerà solo su aziende italiane di medie dimensioni. Una scelta, quella geografica, legata soprattutto alla possibilità di utilizzare qui, meglio che altrove, il know how sviluppato. L’opportunità di mercato è legata agli attuali modelli di business dei fondi di private equity. "In questa fase di grande liquidità hanno troppi soldi e quindi accettano anche progetti a basso ritorno sul capitale; inoltre il loro orizzonte temporale è limitato, hanno spesso l’ansia di dover vendere e non lo fanno al meglio. Nelle aziende poi, possono portare capitale ma raramente capacità manageriali. Con le competenze che abbiamo raccolto nel nostro fondo, invece, credo che potremmo avere un serio vantaggio competitivo. Io, lo dico con rammarico, vedo una situazione nera per l’economia italiana e quindi, per fortuna (e purtroppo per il paese) avremo molto lavoro da fare". Previsioni cupe, legate soprattutto al cambiamento radicale posto dalle nuove prospettive della globalizzazione. "Sono rimasto sorpreso da questa accelerazione. A spiazzare il paese, e le nostre aziende, è soprattutto il venir meno del perimetro di riferimento. Prima era limitato soprattutto all’Europa e agli Stati Uniti. Oggi quel perimetro è scomparso, si compete nel mondo e molte nostre imprese non sono preparate a farlo". De Benedetti ricorda un intervento di qualche anno fa, in cui osservava con rammarico la presenza tra le imprese italiane di "molti bonsai e pochi baobab". Situazione che con il tempo si è ulteriormente deteriorata. "Il problema dimensionale è drammatico, aggravato in passato anche da un giudizio culturale sbagliato legato al concetto di ”piccolo è bello”. Ora le aziende si trovano impreparate a crescere, per mancanza di capitali, di capacità manageriali, o di entrambe queste risorse. Limiti cui non dovremo rispondere. Ecco perché la mia idea sul nome della società è ”Management e Capitali”, in quest’ordine". Capitali rigidamente privati, e De Benedetti non auspica che questo modello venga replicato con fondi pubblici. Sono sempre stato contrario ad un intervento diretto dello Stato nell’economia. Quando lo ha fatto, i risultati sono sempre stati negativi. Di aziende da aiutare ce ne sarebbero molte. Ma con quali competenze? A parole tutti sanno come si risana il bilancio dello Stato, ma chi sa rispondere alla domanda: come si rilancia l’economia reale? No, è meglio che il capitale pubblico resti fuori da queste iniziative". Sui limiti e sulle difficoltà dell’impresa italiana, dunque, si innesta il nuovo fondo, dotato di 500 milioni di euro a valle del previsto aumento di capitale - "cominciamo da qui, poi si vedrà" - in cui sarà adottato il modello di governance tedesco, con un consiglio di sorveglianza espressione dei soci e un comitato di gestione di soli manager, una divisione giuridica netta in modo che i soci non abbiano voce nella gestione quotidiana. Tra gli azionisti, come detto, anche la Fininvest del Presidente del Consiglio e, seppure a titolo personale, il presidente di Confindustria (editore di questo giornale ndr.). Presenze che possono creare conflitti di interesse nella scelta delle aziende da risanare? De Benedetti è convinto che non sarà così. "Siamo in questo progetto per fare profitti. Escludo a priori che Berlusconi possa telefonare per ”suggerire” un intervento; quando si tratta dei suoi business, come si sa, è molto attento a farli fruttare. Non siamo la Gepi, vogliamo fare utili. Entreremo in aziende, le risaneremo, poi le porteremo in borsa o le venderemo direttamente, ma sempre attraverso gare trasparenti, con l’obiettivo di realizzare il miglior risultato. Anche nella fase di cessione, non vi sarà alcun privilegio per i soci del fondo, tra i quali – lo sottolineo – non vi sarà alcun patto di sindacato". Target specifici di turnaround ancora non ve ne sono anche se esistono "delle idee", l’unica certezza è che si punterà ad aziende di medie dimensioni con fatturato superiore a 100 milioni di euro. Aziende medie, quindi nessun interesse per Fiat. "Ho chiesto a Luca (il Presidente Fiat ndr.) di chiarirlo anche nell’ultima assemblea ma le voci continuano. Adesso, una volta per tutte voglio mettere fine alle illazioni. Io apprezzo il lavoro di Marchionne e credo che con General Motors abbia fatto un accordo straordinario. Tuttavia, ribadisco, resto convinto che da sola, senza una grande alleanza, Fiat Auto non ce la farà". All’interno del team di manager che gestirà il fondo vi saranno tra gli altri l’ex direttore generale di Olivetti Corrado Ariaudo e l’ex amministratore delegato di erg Pierantonio Nebuloni. Per loro, una retribuzione incardinata soprattutto su un piano di stock options, dunque legata ai risultati raggiunti. "Devo dire che quando abbiamo iniziato a cercare persone, nessuno ci ha detto di no e siamo stati in grado di mettere insieme talenti d’eccezione, persone abituate a risolvere situazioni di emergenza. Vedo un grande entusiasmo per l’iniziativa". Le modalità operative del fondo prevedono un innesto manageriale nelle società oggetto di investimento ma non è detto che sarà uno dei manager del gruppo a spostarsi considerando "l’ampio network di conoscenze, mobilitabile con poche telefonate". Il fondo, che nascerà come ”costola” di Cdb Web Tech, sarà quotato in Borsa e più di metà dell’aumento di capitale verrà riservato al mercato. Il precedente non è certo esaltante, con Cdb Web Tech entrata in Borsa attraverso una scissione da Aedes a 38.8 euro e ora quotata meno di un decimo di quel valore. Crede che il mercato le darà ancora fiducia? – chiediamo. "La società fu collocata esattamente al picco della bolla speculativa, arrivò a valere 7 miliardi di euro. Una cifra assurda, ma non era colpa mia. Poi il crollo fu generalizzato, non solo per noi. Del resto, se Tronchetti Provera avesse venduto la partecipazione in optical Technologies a Corning un anno dopo, credo che avrebbe incassato un decimo". Per de Benedetti l’orizzonte temporale per chi investirà nel fondo dovrà essere di almeno 2 anni, "il minimo per poter vedere i primi risultati" mentre a regime, quando tutte le risorse saranno investite, le performance si stabilizzeranno. "Però – sottolinea l’Ingegnere – il nostro obiettivo è comprare, risanare e vendere, non vogliamo affatto creare una holding". Tra i soci del fondo, assenti le grandi banche, perché – spiega de Benedetti – sarebbe stato difficile gestire i potenziali conflitti di interese e i diversi profili di indebitamento delle società acquisite. Ricordiamo però all’Ingegnere un altro socio bancario di peso, Bankitalia, presente nel capitale della holding Cir con il 2%. Ne farebbe volentieri a meno in questo periodo? "Siamo onorati che il fondo pensioni della banca d’Italia sia importante azionista di Cir. Sono rimasto sorpreso nel leggere certe conversazioni, sono sulle prime pagine delle principali testate internazionali, si tratta di un danno d’immagine enorme. All’estero, la Banca d’Italia era tra le poche istituzioni rispettate e considerate sinonimo di autorevolezza e competenza. Ora io vedo un’istituzione ridotta a cortile, mi dispiace molto al di là delle persone coinvolte. Inoltre, mi ha sorpreso il singolare e fragoroso silenzio della politica". Luca Orlando