Corriere della Sera 24/07/2005, pag.34 Claudio Colombo, 24 luglio 2005
Il deserto che si muove dopo sedici mila anni. Corriere della Sera 24/07/2005. Immaginate una distesa infinita di sabbia e sassi
Il deserto che si muove dopo sedici mila anni. Corriere della Sera 24/07/2005. Immaginate una distesa infinita di sabbia e sassi. Immaginate che si muova più o meno tentacolarmente, in varie direzioni, allargandosi sempre più, inglobando e trasformando le zone di confine. E’ ciò che sta accadendo ai deserti del mondo: il cambiamento di clima e le attività umane stanno causando la loro decisa e per ora inarrestabile espansione, con pesanti conseguenze economiche e umane. I deserti rappresentano oggi il 30 per cento delle terre emerse: il 16 per cento sono caldi, il 14 freddi. Ma se allarghiamo il campo di azione – includendo, oltre alle distese totalmente aride, anche le regioni secche o poco umide – la cifra arriva al 41%. In queste regioni abitano circa 2 miliardi di persone. Un rapporto appena pubblicato dal Millennium Ecosystem Assessment, organismo collegato con le Nazioni Unite, getta un’ombra cupa sul loro futuro: la situazione è aggravata dal fatto che molte delle aree a più alto rischio (soprattutto l’Asia centrale e le regioni a nord e a sud del Sahara), sono abitate dalle popolazioni più povere del mondo. Secondo Zafar Adeel, uno degli autori del rapporto, "tra il 10 e il 20% delle terre secche ha già subìto pesanti perdite in termini di vita vegetale e di uso economico". Particolare e paradigmatica è la situazione del deserto del Kalahari, il quarto al mondo per estensione. Secondo una ricerca di David Thomas, geografo dell’Università di Oxford, le dune di sabbia di questo deserto, immobili da almeno 14-16 mila anni, ricominceranno a muoversi in profondità. Utilizzando dati raccolti tra il 1960 e il 1991, Thomas ha preparato un modello climatico per esaminare gli effetti della perdita anticipata di copertura vegetale, della riduzione del contenuto di umidità e dell’aumento dell’energia del vento sulle regioni desertiche africane (quando la copertura vegetale scende al di sotto del 14% l’erosione aumenta in modo significativo). Il modello utilizzato teneva conto di variazioni stagionali nelle precipitazioni annue e del probabile impatto sulle temperature di un incremento della presenza di gas serra nell’atmosfera. Le simulazioni hanno portato a prevedere un significativo incremento nell’attività delle dune nel Kalahari meridionale entro il 2039. Le dune di sabbia di Sudafrica, Angola e Zambia saranno in movimento entro il 2099. "Lo studio – conferma Riccardo Valentini, docente all’Università della Tuscia e presidente del comitato Onu per la lotta alla desertificazione – ha un suo valore perché conferma la tendenza generale all’ampliamento delle zone desertiche, soprattutto in Africa, con conseguente concentramento di popolazioni nei centri urbani. Ma non è soltanto una questione di clima: sotto accusa vanno messe le attività dell’uomo, tra cui anche uno sfruttamento intensivo dei pascoli, che mettono in pericolo questi ecosistemi. Occorre invertire la tendenza: mettere un freno deciso alla deforestazione, e creare barriere verdi che impediscano ai deserti di avanzare". Claudio Colombo