Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  luglio 23 Sabato calendario

Un paese si schiera con il prete condannato per pedofilia. La Stampa 23 Luglio 2005. Castagnole Piemonte

Un paese si schiera con il prete condannato per pedofilia. La Stampa 23 Luglio 2005. Castagnole Piemonte. Era un bravo prete. E’ morto il paese senza di lui". Michele Moscato, 18 anni, sta appoggiato alla Smart nel rettangolo d’ombra della piazza grande. E vicino a lui Erik Sarrù dice che "era uno di noi", e Moreno Bertello che "era bello stare ad ascoltarlo: solo con lui andavamo in chiesa", e Giovani Brussino, 79 anni e una bici per andare in giro, dice che "era uno che faceva il suo dovere. Mi rincresce proprio. Abbiamo tutti nostalgia". Questo bravo prete si chiama don Roberto Volaterra, 36 anni, e ha appena chiuso il suo debito con la giustizia, un anno e otto mesi con i benefici della condizionale e 45 mila euro per risarcire i danni morali alla famiglia di una bambina di 11 anni: era accusato di averla molestata. Il processo ha tirato fuori lettere, racconti, confessioni, e ha tirato fuori anche un po’ di prove, ha rovistato nell’accusa più infamante che c’è - soprattutto per un servo della fede - quella di pedofilia. Don Roberto ha patteggiato, alla fine di un percorso che lo inchioda quasi senza appello. Eppure qui, nel suo paese, a Castagnole Piemonte, nessuno ci crede, nessuno lo condanna, nessuno lo dimentica, nessuno ne ha paura, nessuno gli vuole male. Moscato dice che sono pronti "a fare una raccolta di firme per farlo tornare". Ma com’è possibile? E cos’è che porta una comunità di quattro case e quattro anime strette fra i campi di mais alle porte della grande industria, della tecnologia, della metropoli diffusa con i suoi tentacoli della modernità e dell’orrore, che cosa porta un paese come questo a schierarsi con un parroco condannato per pedofilia? Il farmacista della piazza Vittorio Emanuele diceva che "nel paese sanno tutto di tutti: se uno compra un preservativo, un’ora dopo non c’è anima che non lo sappia". Ed è un po’ come dire che conta solo quel che sa il paese. "E nessuno del paese sapeva di questa storia", afferma e sancisce Carlo Casale, delegato della Famiglia Salesiana. Può darsi che il resto, tutto il resto, non sia vero, o non esista proprio, non sia mai esistito, come ripetono i ragazzini bighellonando attorno alla Smart: "Noi, semplicemente, non crediamo a quest’accusa", sbuffa Domenico Moscato. Volete dire che don Roberto è stato calunniato? E gli altri, il fratello Michele, e tutti gli altri, Erik, Moreno e Mattia Lasagna: "Sì, è stato calunniato". E non importano il processo, le lettere, le confessioni, non importa niente. "Non è vero", ripete Domenico. Però, com’è possibile che questa difesa giunga al punto di emarginare la famiglia della bambina molestata, come racconta Francesco Loi, volontario della Croce Rossa, o come dicono al Bar Primavera giocando con i videopoker: "Non li abbiamo più visti da un po’ di tempo. Devono essere andati via". Noi siamo andati a cercarli, entrando a Castagnole, sulla sinistra, un gruppo di villette bianche, dove Andrea, sulla sua Vespa, puntava il dito. Non ha risposto nessuno. E i vicini hanno chiuso le persiane. Non risponde neppure l’ex sindaco, Sergio Nidola, "non potete capire, ci sono affetti, cose, che non potete capire". Non c’è il sindaco nuovo, Costanzo Ferrero: "E’ al lavoro. Ha mica tempo da perdere". E le vecchiette del Centro Anziani, nel cortile dietro la chiesa, ti squadrano come fanno i picciotti nei paesi della mafia. "Se vuole un caffé glielo diamo, se vuole parlare se ne può andare". E quando chiediamo perché, stringono gli occhi e puntano la bocca, non ti guardano più in faccia, misurano le parole per farti male. E’ come se dicessero: "Se chiedi perché, non sei di qui. Sei uno straniero. Un nemico". Allora, forse, la verità è questa, che il prete è un po’ il paese, la sua anima, il suo cuore. E l’anima non la puoi tradire, neanche se vuoi. Per questo quasi sempre i paesi difendono i loro preti. "Vedete, i paesi raccontano l’Italia", dice Francesco Loi, con la sua canottiera rossa, il suo accento da emigrato sardo che è venuto da un posto così e tanti altri come questi ne ha girati prima di fermarsi qui: "Dovreste venirci più spesso". In fondo, è vero. E’ così semplice. Dietro questa curva, c’è tutto questo paese, con le due piazze grandi separate da un portico e un po’ d’ombra, e con le case di tre piani che guardano il sole e vedono i campi oltre i tetti bassi, fra le strade che se ne vanno vuote, senza macchine, senza nessuno. Per cercare il municipio bisogna farsi accompagnare, perché se no non lo si trova, in una stradina che parte al fondo della piazza: è dentro una porta, piccola come quella di un retrobottega. Il comando dei vigili del fuoco non l’abbiamo visto. E i carabinieri stanno a None, qualche chilometro prima di questo pugno di case. "L’unica istituzione che vediamo ogni giorno è quella", dice Francesco Loi, un volontario della Croce Rossa, l’unico edificio imponente, l’unico riferimento, l’unico padrone: la Chiesa di Castagnole Piemonte, con le sue mura spesse e il portone aperto sulla piazza della Farmacia e delle Pompe Funebri, con i tavolini del Caffé Primavera lasciati bruciare al sole. E’ l’unica cosa che vedi, l’unica cosa che riconosci. "E non è contro di te. Non è qui per arrestarti, per condannarti, per cacciarti. Se può ti aiuta, qualche volta ti mette insieme". La Chiesa è il tuo paese. I bambini non lo sanno. Ma se lo ricordano. Giovanni Brussino dice che quand’era piccolo lui, "il parroco gli dava delle botte da fargli girare la testa, e tu sapevi che non dovevi dire niente perché se no tuo padre te ne dava un’altra". Azzardiamo: beh, non è bello menar le mani. "Aveva ragione lui", risponde, categorico. Don Roberto non era così, "perché i tempi sono cambiati. Lui aveva una parola per tutti. Un minuto per tutti. Era un prete moderno. Pure noi siamo diventati più moderni". Perché i paesi adesso sono così. Si cresce per andare via. Ogni tanto, si invecchia per tornare. "Ma un prete resta sempre", dice Loi. E’ come questa chiesa che ti aspetta, quando vieni qui a posare le ossa. "Anche se bestemmi, ci passi qui almeno una volta a dire che il tuo tempo s’è fermato". Pierangelo Sapegno