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 2005  luglio 22 Venerdì calendario

"Non è un affare per nessuno". La Stampa 22/07/2005. New York. Il premio Nobel Robert Mundell ancora non ci crede: "Sono in stato di choc

"Non è un affare per nessuno". La Stampa 22/07/2005. New York. Il premio Nobel Robert Mundell ancora non ci crede: "Sono in stato di choc. Non riesco a spiegarmi come mai la Cina abbia preso una decisione così autolesionista, che oltretutto danneggia tanto l’economia americana quanto quella europea". La decisione di cui parla il professore della Columbia University, specializzato nello studio dei sistemi monetari, è lo sganciamento dal dollaro dello yuan, che adesso potrà fluttuare rispetto ad un paniere di divise straniere. Davvero non si spiega perché Pechino abbia preso questa decisione? "Ha ceduto alle pressioni americane, chiaro. Solo due giorni fa il presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, era tornato a sollecitare la fluttuazione dello yuan, mentre diversi parlamentari minacciavano di imporre sanzioni in ritorsione. Ma è una scelta che in questo momento non conviene né alla Cina, né agli Stati Uniti, né all’Europa". Cominciamo dalla prima. Perché alla Repubblica Popolare non torna utile di sbloccare il cambio dello yuan? "Il collegamento col dollaro durava da oltre dieci anni e ha funzionato bene. Ha garantito un forte ancoraggio alla politica monetaria di Pechino e una guida per gli investimenti stranieri. Il cambio fisso aveva dato gli stessi risultati positivi ad Hong Kong, e non credo che fosse nell’interesse dei cinesi rinunciarci. Oltretutto dobbiamo vedere quanto autentica sarà la fluttuazione, che resterà comunque controllata". Perché il provvedimento non conviene agli Stati Uniti? "Per varie ragioni. Come prima cosa, la Cina dovrebbe smettere di comprare dollari. Questo farà scendere la moneta americana, che ieri ha già perso un po’ di terreno, aumentando la pressione inflattiva sul paese. Nello stesso tempo l’economia della Repubblica Popolare potrebbe rallentare, e anche questa non sarebbe una buona notizia per gli Usa. Aggiungere pressione inflattiva non mi sembra una buona idea, e quindi non riesco a capire perché Washington abbia spinto così tanto per svincolare lo yuan dal cambio fisso col dollaro". I difensori del provvedimento sostengono che la fluttuazione farà salire i prezzi delle esportazioni cinesi, e scendere quelli dei beni americani, dando così un vantaggio ai settori produttivi degli Stati Uniti. Perché secondo lei hanno torto? "I prezzi cinesi saliranno e quelli americani scenderanno, è vero, ma non di molto. E comunque tutto questo non avrà grandi effetti sulla bilancia commerciale, che ha altri problemi, mentre invece influenzerà parecchio gli spostamenti dei capitali. Pechino ha riserve in dollari per circa settecento miliardi, che adesso quasi sicuramente si muoveranno. Se lo yuan dovrà fluttuare rispetto ad un paniere di monete, di cui faranno parte l’euro, il dollaro e lo yen, la Repubblica Popolare sarà necessariamente obbligata a diversificare le sue riserve. Nel momento in cui comincerà a vendere biglietti verdi la moneta americana scenderà, e gli effetti negativi sul piano inflattivo saranno molto più rilevanti di quelli positivi per le esportazioni degli Stati Uniti". Passiamo all’euro. Perché la fluttuazione dello yuan non conviene neppure a noi? "Per la stessa ragione degli americani, ma con una differenza sostanziale. I prezzi delle esportazioni cinesi saliranno e quelli dei beni europei scenderanno, ma anche nel vostro caso questo non avrà un grande impatto sulla bilancia commerciale. Dal punto di vista monetario, invece, il movimento innescato dalla fluttuazione dello yuan provocherà effetti opposti sulla vostra divisa, rispetto a quella americana. Il valore dell’euro nei confronti del dollaro salirà, con tutte le conseguenze negative sulle vostre esportazioni che abbiamo visto negli ultimi anni. Considerando la fase difficile che sta attraversando l’economia europea, non vedo come tutto questo possa convenirvi". Paolo Mastrolilli