Corriere della Sera 23/07/2005, pag.16 Gian Antonio Stella, 23 luglio 2005
Venezia, torna il crociato del decoro "Turisti vestitevi o sarete multati". Corriere della Sera 23 luglio 2005
Venezia, torna il crociato del decoro "Turisti vestitevi o sarete multati". Corriere della Sera 23 luglio 2005. Venezia. Tremate, tremate: l’Augusto è ritornato. Ripresa confidenza col ruolo che aveva lasciato tanti anni fa, quello di tutore del Decoro di Venezia riavuto in consegna da Cacciari, Augusto Salvadori ha ricominciato a mulinare il remo contro torsonudisti, saccopelisti, pediluvionisti e gli altri "isti" che sporcano l’immagine della Serenissima. Battaglie che, a partire da quella mitica contro i gondolieri che cantavano "’O sole mio" trascurando "Nineta monta in gondola", avevano fatto di lui l’assessore più famoso del pianeta. "Dove eravamo rimasti?", pare abbia detto sistemandosi al "suo" posto. E ha ricominciato. Multe da 50 euro ai turisti (otto solo l’altro ieri) che girano per la città a petto nudo scambiandola per una spiaggia. Multe a chi bivacca in piazza San Marco: chi vuole fare picnic può andare un minuto più in là ai Giardinetti Reali dove saranno raddoppiate le panchine. Multe agli eventuali saccopelisti, "peraltro spariti dopo la campagna dell’altra volta, quando davanti alla stazione c’era un tappeto di gente che non sarebbe stata tollerata da nessuna altra parte". Multe, come prescrivono le norme comunali, a chi si fa il pediluvio nei canali, come due fidanzatini inglesi salassati la settimana scorsa. E poi multe a chi solleva moto ondoso schizzando sulle barche come fosse ai mondiali di motonautica, multe a chi mena il cane a spasso senza portarsi appresso paletta e sacchettino, multe a chi butta per terra cartacce... Insomma: tolleranza zero. "Qualcuno mi prendeva in giro", ghigna l’Augusto togliendosi qualche sassolino dalla scarpa, "ma erano battaglie sulle quali oggi mi danno tutti ragione". Mica per altro, sorpresa, è in giunta insieme a un bel po’ di ex comunisti. Quelli che, a suo tempo, lo prendevano in giro se sventolava letterine di bimbi che scrivevano: "La mia città è tanto bella, ma i foresti fan pipì in acqua". Quelli che non sopportava: "Prima di me sono stati dieci anni in villeggiatura all’assessorato al Turismo". Arruolato nel governo da Cacciari dopo che al primo turno, col suo movimento, aveva preso a Venezia centro storico uno strabiliante 9%, dice che no, la tentazione di diventare leghista lui, che pareva un anticipatore su certi temi, non l’ha mai avuta: "Venezia è sempre stata una città aperta. A tutte le culture". Col filosofo, assicura, si trova benissimo: "Siamo diversi? No: tutti e due siamo innamorati di Venezia". L’unica cosa che non rifarebbe, o rifarebbe usando parole diverse per stare alla larga dalle polemiche, è la battaglia contro "’O sole mio". Ricordate? Tutto cominciò un giorno d’estate di quasi venti anni fa quando il nostro, che allora era democristiano e faceva parte della giunta guidata dal socialista Nereo Laroni, sentì ’a Voce. Non una voce qualsiasi: una voce che sul Canal Grande intonava per una coppietta in gondola: "Jamme jamme / ’ncoppa jamme ia! / Jamme jamme / ’ncoppa jamme ia!". Basta, si disse. E spedì ai gondolieri e alle agenzie che vendevano il pacchetto gondola + serenata, una lettera ufficiale: "La grande vitalità musicale della nostra Venezia, che ha avuto modo di esprimersi non solo attraverso le raffinate composizioni di Benedetto Marcello, Baldassarre Galuppi e Antonio Vivaldi, ma anche attraverso una produzione poetica musicale di carattere popolare, tradottasi nelle famosissime "barcarole" e "canzoni da batèo" mi dà motivo di chiedervi che le serenate in gondola siano allietate esclusivamente, se possibile, da canzoni e motivi musicali veneziani". Rivolta istantanea. "L’idea in sé non è cattiva", spiegò il gondoliere Italo Stivanello, "Ma i nostri clienti sono statunitensi, giapponesi, sudamericani che conoscono e chiedono solo canzoni simbolo come "’O sole mio" o "Funiculì funiculà". Non possiamo andare a propinare loro brani settecenteschi col rischio di perdere clienti". Finì, mentre accorrevano da tutto il mondo cronisti e troupe televisive incuriositi dalla singolar tenzone, con una geniale spedizione degli "Scugnizzi di Palepoli". Un gruppo di una dozzina di musicisti napoletani con chitarre e tamburelli che, ospitato su un barcone dagli stessi gondolieri ribelli, solcò la città offrendo, con la voce solista di Lello Di Domenico, un travolgente concerto: "Tammurriata nera" davanti a Ca’ Rezzonico, "Core ingrato" all’Accademia, la "’ndrezzata" alla Madonna della Salute. Per chiudere in bellezza con la canzone incriminata: "Che bbella cosa, ’na jurnata ’e sooole...". Il tutto in un delirio di applausi e risate e complimenti dai turisti e dagli stessi veneziani che stavano sulle rive o si affacciavano alle finestre. Finì con lui, l’Augusto Salvadori, che abbracciava tutti ostentando una felicità incontenibile: "Che roba! Che roba! Mai vista tanta attenzione intorno alla musica veneziana e napoletana!". E via a baciare il tenore: "Siamo stati magnifici! Abbiamo fatto insieme una cosa favolosa! Tutto il mondo parla di noi!". Era felice, in quei giorni: "Mi hanno visto alla televisione in tutta l’America. La Cbs mi ha dato tre minuti, non so se mi spiego: tre minuti tutti per me. Assessore, questo è il microfono, parli. Emigoparlà . Asciutto, incisivo, brillante. Mi creda: questa storia di "’O sole mio" è stato un colpo di genio". Gian Antonio Stella