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 2005  luglio 27 Mercoledì calendario

David Mario

• Nato a Udine il 3 gennaio 1934, morto a Monfalcone (Gorizia) il 26 luglio 2005. Calciatore. Terzino destro, ha giocato per 12 stagioni in serie A con le maglie di Vicenza, Roma, Milan e Sampdoria. Al Milan dal 1960 al ’65 (140 presenze e 7 reti totali), David vinse lo scudetto nel ’62. Era in campo a Wembley il 22 maggio 1963, quando la storica doppietta di Altafini regalò ai rossoneri la prima coppa dei Campioni contro il Benfica di Eusebio. Ha collezionato 3 presenze in azzurro. L’ultima, con espulsione per fallo di reazione, in Cile-Italia 2-0 ai Mondiali del ’62. «Mario è un ragazzo effervescente. Primi Anni ’50. Suo padre, Stefano, ha un negozio di frutta e verdura a Grado. ”Adesso è piccolo, ma se tu mi dai una mano possiamo allargarci. Se arriva il turismo Grado diventa importante e il lavoro non mancherà”, dice papà Stefano. Il ragazzo Mario vive sui campi e in spiaggia. Un giorno al mare incontra Carlo Parola, il centromediano della Juve, l’uomo della rovesciata. Carlo parla e Mario ascolta. Poi giocano sulla sabbia, David racconterà: ”Carletto mi disse: ’Se ti impegni puoi diventare un giocatoredi serie C’”. Gioca nella Gradese, passa subito alla Pro Cervignano e a 15 anni debutta in serie C. Mezzala destra. A 15 anni. Ce ne volevano 16. Qualcuno, racconteranno, ha truccato il cartellino. Qualcuno? Lui, quella buona lana di Mario. A 29 anni, racconterà lui, è già a metà della carriera. ”Vero: pur di giocare falsificai i documenti, Non avevo l’età, ero troppo piccolo” . Poi un giorno a Cervignano, arriva il Livorno. David è il più bravo e lo prendono al volo. Mario prende il treno per Livorno, 3ª classe, parte per un altro mare. La mamma piange, il papà la consola: ”Non preoccuparti, fra un mese torna a casa”. Non torna. Dorme a casa del massaggiatore, abita a 3 chilometri dallo stadio, non ha neanche i soldi per l’autobus, va a piedi agli allenamenti. Ma non torna. Mario a 17 anni gioca in B con il Livorno. Bruno Roghi scrive sul ”Calcio Illustrato”: ”Il Livorno è un fatto grosso e questo ragazzo ha un grande cuore”. Il cuore, la grinta, i piedi. Passa al Lanerossi Vicenza. Debutta in A a vent’anni. Con il numero otto. Il nove lo indossa il centravanti Sergio Campana, studente in legge. Poi Mario va alla Roma, è un buon mediano, fa anche qualche gol, piace alla Juve e all’Inter. Lo prende il Milan. la stagione 1960/61, prima giornata contro il Catania, prima rossonera di David e di un bambino che diventerà re: Gianni Rivera. A Milano con Nereo Rocco vince uno scudetto. Poi a Wembley la prima coppa dei Campioni italiana. Il secondo gol di Altafini nasce dai piedi di Mario, che passa a Rivera che passa Josè. Due a uno. Mario è giocatore, poi allenatore, poi dirigente manager. Infine osservatore. Ovviamente per il Milan, il suo amore più grande. Torna a Grado, dopo una lunga effervescente carriera calcistica. Partecipa con passione alla vita politica della città. Diventa vicesindaco, poi assessore nella giunta comunale. Ma il calcio è sempre nei suoi pensieri. Racconterà: ”Sono stato mediano, terzino e libero. Ho giocato dappertutto tranne che in porta. Solo quando ho detto ’basta’, mi sono accorto che non ero mica male. Non ero velocissimo, e non saltavo bene di testa, però entravo deciso. Duro no”. Gli chiederanno: neppure quella volta in Cile, nel ’62? ”Sono stato espulso per aver reagito a una provocazione. Il Cile, che avventura: dormivo con Sivori, e sotto la nostra camera c’era Paolo Mazza, uno dei selezionatori. Una sera si riuniscono lì Mazza, i dirigenti e i giornalisti Gianni Brera e Gualtiero Zanetti. Si sente tutto. Chiamo i compagni, appoggiamo le orecchie a terra, come gli indiani nei western, e ascoltiamo la formazione. Quando puntano sul blocco milanista, mettono il romanista Losi al posto mio. Quando poi puntano sul blocco del Bologna, fanno giocare me. Mah, altro calcio...”. Mario gioca una vita a testa alta, forte e deciso. Fa parlare per i pugni del Cile. Un anno dopo, la bottiglietta di Venezia: esce ferito, i rossoneri perdono 2 1, l’arbitro è Concetto Lo Bello, il giudice assegnerà la vittoria a tavolino (2-0) al Milan. Passa alla storia anche per la bottiglietta. Anche. Ma resterà il grande terzino David. Quello della prima coppa Campioni. E di quel Milan: Ghezzi, David, Trebbi, Radice, Maldini, Trapattoni, Mora, Sani, Altafini, Rivera, Barison» (Germano Bovolenta, ”La Gazzetta dello Sport” 27/7/2005).