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 2005  luglio 26 Martedì calendario

Maimane Arthur

• Pietersburg (Sudafrica) 5 ottobre 1932, Londra (Gran Bretagna) 28 giugno 2005. Scrittore • «Per chi si occupi di letteratura africana, e sudafricana in particolare, la figura di Arthur Maimane [...] rappresenta una delle molte voci prestigiose e mai disposte al compromesso, che molto hanno contribuito con impegno politico e militanza intellettuale, alla costruzione del nuovo Sudafrica. Una intera generazione di intellettuali vissuti in esilio eppure costantemente legati al paese che avevano dovuto abbandonare, per la cui futura liberazione da lontano si prodigano per decenni. Nato nel 1932 in un sobborgo di Johannesburg da padre tswana e madre xhosa, Maimane sceglie la via del giornalismo letterario, affascinato dalla esperienza di Drum, nella cui redazione entra a far parte a 19 anni. Creata nel 1950 da Henry Xhumalo - assassinato nel ’57 a 39 anni - Drum è rivista letteraria, di confronto politico e riflessione sociale, che dà voce e spazio ad autori emergenti, non solo sudafricani. Intorno alle sue pagine si riuniscono scrittori come Lewis Nkosi, Ezekiel Mphahlele, Mzisi Kunene, all’epoca entusiasti giovani protagonisti di quello che è passato alla storia sudafricana come il Rinascimento di Sophiatown [...] Tra questi, per l’appunto Maimane. Ma la tensione politica si fa più incalzante, e come altri, nel ’58 Maimane va in esilio, in Ghana, da poco indipendente, sebbene anche lì la sua voce risulti scomoda; lasciato il Ghana per l’Inghilterra, nel ’61 è assunto - primo giornalista di colore - dalla Reuters e inviato in Tanzania. Poi di nuovo a Londra, dove produce documentari per la Bbc, scrive di Sudafrica e svolge militanza politica insieme ai tanti intellettuali in esilio. Accanto ad articoli, opere teatrali, racconti brevi, nel 1976 scrive il suo unico romanzo, Victims - (Vittime, Edizioni Lavoro, ’92), presto premiato e contemporaneamente messo al bando in Sudafrica. Un romanzo dai toni e contenuti duri, nel quale lo stupro di una bianca da parte di un nero è pretesto narrativo e perno attorno al quale ruota un mondo di estremi - politici, culturali, umani - che negli incandescenti anni 70 - gli anni delle rivolte di Soweto, delle repressioni più violente e brutali da parte del governo di Pretoria - sono indotti, proprio dalla brutalità dell’evento, a confrontarsi; nel tentativo di dar voce a una rabbia che non trovando altra forma di espressione che la violenza, finisce per riprodurre un unico modello, nel quale nessuno, nemmeno il più forte, è mai vincente; nel quale tutti sono vittime. Una rabbia che ha radici lontane, perché come dice Philip Mokone, prima di compiere lo stupro, ”Popoli del mondo! Noi, selvaggi neri, barbari e puzzolenti, viviamo magnificamente sotto il tallone dell’apartheid. Perciò evitate di criticare, condannare, boicottare, il nostro beneamato governo bianco. Uguaglianza? Libertà? A che pro: dopotutto, è da poco che ci siamo decisi a scendere dagli alberi... Insomma, ve ne preghiamo, dateci un millennio per imparare la lezione. Nel frattempo il nostro boss, un bianco, continuerà a rifilarci dei paterni calci nel sedere sfruttando a suo uso e consumo le risorse della nostra terra, quella terra che noi, felici e contenti, gli abbiamo offerto in cambio della Bibbia. Che scambio onesto, che permuta felice! A loro questo mondo, a noi l’aldilà”» (Maria Antonietta Saracino, ”il manifesto” 7/7/2005).