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 2005  luglio 26 Martedì calendario

PACI Roy

PACI Roy (Rosario) Augusta (Siracusa) 16 settembre 1969. Trombettista • «[...] Globetrotter infaticabile, faccia da schiaffi e simpatia portentosa [...] fa almeno duecento concerti a stagione [...] “[...] ho cominciato a dieci anni nella banda comunale del mio paese, a dodici anni facevo i concerti in Sicilia, a quindici anni suonavo con l’orchestra Royal Big Band di Catania, in formazioni più mainstream come quella di Claudio Giglio di Siracusa, uno dei talenti di quegli anni. Un’altra persona importantissima per me è stata Stefano Maltese, sassofonista e grandde compositore, lui mi ha introdotto in un’ambientazione jazzistica diversa, rispetto al mio background di dixieland, bepop, hardbop, dall’Art Ensemble di Chicago a Don Cherry [...] Il mio mito è Dave Douglas, impazzisco ogni volta che lo vedo suonare [...]» (Flaviano De Luca, “il manifesto” 12/7/2005) • «[...] Fisionomia latina, occhiali scuri, gessati neri stile Al Capone. [...] “Mio nonno diceva ‘prima di currere hai a sapiri caminari’. Bisogna sapere la tradizione, per me Rosa Balistreri è la voce in assoluto. Musicalmente sono nato nella banda, non al conservatorio; i concerti in piazza, le processioni: pratica consueta per gli ‘ottonari’ (intesi non come metro de “Il signor Bonaventura”, ma come musicisti che suonano gli ottoni) del Sud. Con la banda ti abitui a stare in mezzo alla gente, sviluppi una certa bastardaggine che ti aiuta a stare sul palco e a suonare con altri”. Paci ha ripreso la musica da processione in due dischi usciti a nome Banda Jonica: Passione (1998), e Matri Mia(2001). Sono in molti casi marce funebri che accompagnano la processione del Venerdì Santo, il rito più misterioso e oscuro della liturgia cattolica. La sindrome da fine del mondo, il luogo del dolore cosmico è raccontato dagli ottoni. Ma se la cetra è apollinea, la tromba è la bocca di Dioniso. “Sono cresciuto anche con le stazioni radio libiche: a Siracusa si sentono meglio di quelle italiane. Poi è venuto il momento dei gruppi ska, del reggae di Bob Marley. Bisogna conoscere la tradizione, innamorarcisi, prima di buttare tutto in un enorme calderone”. [...] Roy Paci è una macchina da musica: per anni ha suonato di tutto con tutti ed è stato dappertutto. La sua tromba è come il prezzemolo in tante produzioni italiane ed europee: Manu Chao, Ivano Fossati, Piero Pelù, oltre ad indipendenti eminenti tipo 99 Posse e ad un mastro del jazz etnico come Trilok Gurtu. Nel ’99 ha trovato modo di fondare gli Zu, quartetto jazz d’avanguardia apprezzato anche da John Zorn. Una caterva di incontri, di viaggi, di note: “Fa parte della mia natura, sono sempre stato uno che ha fatto un sacco di cose, che ha parlato sempre tanto. Se non avevo un pezzo di metallo che suona nelle mani a quest’ora ero un rivoluzionario [...] sono finito in Sudamerica per puro caso: ero capitato da quelle parti suonando nelle crociere e mi ero innamorato dell’Uruguay. Quando sono arrivato a Buenos Aires non mi hanno chiesto che studi musicali avevo fatto, mi hanno detto ‘siediti e suona’”. E lui ha suonato, ha suonato e ha suonato. In due anni e mezzo ha finito per lavorare insieme a Selma Reis a Cuba, alla Big Band di stato argentina, ai gruppi di Cumbia e musica popolare brasiliani, al Trio Blanco a Montevideo. E i dischi con gli Aretuska, groove tostissimo, poliritmia sottotraccia, fiati ben architettati dal suono un po’ alticcio, risentono in pieno di un Sudamerica conosciuto e amato nel profondo. Musica scacciapensieri. Ma neanche: musica dove il bianco e il nero ballano a dovere intrecciandosi, come certi Re, Regine, Principi e Maghi che sappiamo. [...]» (Bruno Giurato, “Il Foglio” 25/3/2006).