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 2005  luglio 22 Venerdì calendario

Scatizzi Simone

• Prato 26 maggio 1931. Vescovo. Di Pistoia (dal 1981) • «[...] è monsignore dal 1977 [...] ha consacrato a Dio la propria virilità, se ne è liberato, vi ha rinunziato, immaginiamo con una fatica e con un dolore ripagati dalla fede. [...] vorrebbe tuttavia che la virilità venisse restaurata e praticata dagli altri. Lamenta infatti ”la femminilizzazione della società”, denuncia ”un’educazione purtroppo ormai in gran parte nelle mani femminili”. Persino l’uso della droga e l’abuso dell’alcol, secondo questo battagliero vescovo, derivano da un allentamento dei freni inibitori del maschio, dalla perdita dell’identità maschile, dal declino fisico e culturale dell’universo maschiocentrico. [...] Tuttavia dobbiamo essere grati al vescovo di Pistoia che ha indirizzato spropositi, luoghi comuni e banalità arcaiche al consiglio comunale della sua città. Solo in superficie la sua lettera ha per scopo la condanna dell’istituzione dei registri civili comunali per le unioni di fatto, anche tra partner gay. In realtà l’ambizione è quella di rifondare tutta l’etica quotidiana in nome di una restaurazione del catechismo. Monsignor Scatizzi cerca infatti di dar forma di sistema morale a tutto l’imprendibile del nostro tempo. Viene fuori allo scoperto la sua intolleranza verso una cristianità e un gregge che sono fatti di mille minoranze non previste dal vecchio codice tradizionalista. Manifesta con chiarezza l’incapacità di capire e di affrontare quelle macchine di desideri che sono i giovani di oggi. il suo disorientamento che lo spinge a straparlare con presunzione scientifica di un Dna eterosessuale predeterminato dalla natura oltre che da Dio. Abbiamo il sospetto che questo trattatello di filosofia pistoiese sia figlio della ”nuova” chiesa di Ruini e del Papa tedesco, e davvero ci domandiamo se questa chiesa riuscirà a riformare la cristianità o se sarà invece la cristianità a svegliare questa chiesa così ingessata, a restituire alla nostra simpatia tutta la sua ricchezza morale e culturale. Monsignore non denunzia infatti il peccato, come fece ingenuamente Rocco Buttiglione davanti al Parlamento europeo, ma la caratura civile e politica dei gay, intesi come femminilizzazione del maschio, come deriva nichilista, come perdita della virilità. Alla fine, spingendosi sino a paragonare gli omosessuali ai pedofili, ai mafiosi e ai terroristi, il vescovo dà l’impressione di essere non fuori dal mondo, ma contro il mondo, ricostruito e rappresentato a partire dai propri pregiudizi. infatti legittimo che il monda possa non piacergli, ma prima dovrebbe conoscerlo. Ebbene, caro monsignore, ci sono a questo mondo gay virili e persino donne che amano i gay virili, i duri con le movenze femminili. E ci sono anche femmine virili, dove la virilità è una risorsa psicologica e morale, come ci sono maschi virili dove la virilità è invece un disvalore. Credere che la virilità sia il sesso è tipico dello stupratore. Perché, e monsignore non lo sa, il sesso è un gioco complesso dove sicuramente non c’è spazio per la virilità, ma per la mascolinità e la femminilità. Se al monsignore hanno detto un’altra cosa, visto che conosce l’amore sessuale per sentito dire, allora l’hanno imbrogliato. E quella sua lettera ai consiglieri comunali di Pistoia non è, come lui dice, sfogo e ansia civile di un cittadino come gli altri, ma la confessione e il lamento di un imbrogliato, di un raggirato nel mercato della vita. [...]» (Francesco Merlo, ”la Repubblica” 22/7/2005).