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 2005  luglio 21 Giovedì calendario

JONAS Joan (Joan Amerman Edwards). Nata a New York (Stati Uniti) il 13 luglio 1936. Artista. «Diverse sono le pioniere che, in connessione tra arte e femminismo[

JONAS Joan (Joan Amerman Edwards). Nata a New York (Stati Uniti) il 13 luglio 1936. Artista. «Diverse sono le pioniere che, in connessione tra arte e femminismo[...] esplorano i molteplici e fertili territori dell’identità femminile. Tra esse, Joan Jonas, definita dal ”New York Times” l’artista americana più importante della seconda metà del XX secolo, occupa una posizione di rilievo. Cineasta, videasta, performer, disegnatrice, scultrice, Jonas [...] sfida le regole e le definizioni in un’incessante ”scultura del tempo” dove mitologia, fiaba, letteratura, televisione, danza, rumore e musica tradotti in performances, video, e installazioni dilatano, desincronizzano, destabilizzano la realtà per sovvertirla in alterità visionarie. [...] video [...] Wind (1968), Songdelay (1973), Volcano Saga (1989), Organic Honey (1971-80) [...] performances, da Jones Beach Piece (1970) a The Juniper Tree (1979) passando per i Mirror pieces (1969-70). [...] Trasmissione, contaminazione, ibridazione costituiscono, appunto, il motore del suo itinerario [...] Influenzata dalle coreografie di Yvonne Rainer, Lucinda Childs, Trisha Brown, Deborah Hay (di cui frequenta i laboratori negli anni Sessanta), dalle ricerche post-minimaliste, dal teatro kabuki e dalla diffusione della Portapak (la prima videocamera portatile) Jonas elabora un nuovo linguaggio visivo in una pratica interdisciplinare all’insegna della sperimentazione, e getta le basi della performance art e della videoarte. Facendo di sé materia espressiva (nuda, travestita, mascherata), campo di ricerca per indagare il femminile e l’identità tout court, incarna una persona multiforme che disegna, sussurra, recita, canta, balla, si trasforma incessantemente, in compagnia di un cane o di altri personaggi, circondata da dispositivi costanti che si ritrovano da un’opera all’altra. Come lo specchio che anticipa e affianca l’uso del video in una scenografia estraniata ove congiunge l’illusione e la sua fabbricazione. Al di là della tematica identitaria, della percezione dello spazio e del doppio, lo specchio (ispiratole dalla lettura di Jorge Luis Borgès) evoca per lei il simbolo della divinità femminile delle antiche religioni semitiche e giapponesi, e la dualità lunare-solare attribuitagli dalla cultura messicana. Ispirata dai filmati di Maya Deren sulla religione voodoo, disegna senza posa simboli ancestrali, paesaggi elementari, ritratti del suo cane (animale simbolo della dea della morte nella mitologia nordica) e, assemblando oggetti, frammenti di mito, di poesia, di immagine, di suono, di danza, di vita, dà corpo a un’opera-prisma. Quasi un rituale tecno-esoterico che, prendendo le mosse dall’archetipo collettivo, attraversa la realtà contemporanea, e ad esso ritorna per generare una rinnovata coscienza di sé e del mondo» (Giannina Mura, ”il manifesto” 20/7/2005).