Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  luglio 19 Martedì calendario

Valgoi Mario

• Milano 6 agosto 1940, 17 luglio 2005. Attore • «Guardavi Mario Valgoi e pensavi a un lottatore. Ne aveva il fisico. Ma dentro quel corpo alto e massiccio c’era un animo gentile, persino delicato. [...] la sua carriera d’attore era densa come poche altre. E ciò perché, già all’uscita dall’Accademia dove aveva studiato con Sergio Tofano[...] Era nato a Milano. In realtà era veneziano fin dentro la più nascosta delle fibre. Si era trasferito nella città lagunare da piccolo. Abitava nella grande casa dello zio, titolare della celebre Farmacia San Luca, che gli avrebbe trasmesso il primo amore per il palcoscenico. Da Venezia, finito il liceo, sarebbe migrato a Roma, poi dovunque lo portasse il mestiere. Ma Venezia sarebbe rimasta ”la patria”. Venezia era per lui una civiltà e una lingua, Venezia era Goldoni. E Valgoi sarebbe diventato uno dei più grandi interpreti goldoniani, forse l’ultimo. Basti pensare ai Rusteghi realizzati da Castri per Veneto Teatro e alla Trilogia della villeggiatura ancora con Castri. Ma soprattutto occorre pensare ai due Goldoni fabbricati in casa, se così si può dire, cioè a Bonne nuit monsieur Goldoni e alla Piccola Venezia di Goldoni: spettacoli per attore solista imperniati sugli anni più amari del commediografo, sulla disillusione parigina, la solitudine, la povertà, la malattia. Due piccole gemme teatrali, due dichiarazioni d’amore e di fedeltà. Che cosa non ha fatto, Valgoi! La tv degli sceneggiati in bianco e nero (dai Buddenbrook a Nero Wolfe), il cinema, il doppiaggio (era sua la voce italiana di Gene Hackman nel Braccio violento della legge). E il teatro, si capisce; da quando, appena diplomato, fu chiamato da Franco Zeffirelli per Romeo e Giulietta, fino al momento in cui si è accorto di non poter più stare in scena. Si è esibito nel repertorio classico e nel contemporaneo. Ovunque portava un rispetto per i testi, per i compagni, per il pubblico, ma anche per se stesso, che, col tempo, si è trasformato in una dote da rinoceronte. Ricordava e ammirava pochi maestri: Orazio Costa, Giorgio Strehler con cui aveva recitato anche nel Faust, Massimo Castri. Ma non viveva nel culto del passato. Voleva continuare a lavorare per necessità biologica e per difendere la qualità di un’arte ormai confusa e sbadata, per proteggere Goldoni dalla corrività. Rappresentava un mondo e incarnava uno stile. [...]» (Osvaldo Guerrieri, ”La Stampa” 19/7/2005).