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 2005  luglio 19 Martedì calendario

Saya Gaetano

• Messina 24 aprile 1956. Ex poliziotto arrestato il primo luglio 2005 nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta ”Gladio antiterrorismo”, un embrione di ”polizia parallela” fatta di fascisti millantatori e poliziotti veri • «[...] Le guardie nere a cui intende affidare la sicurezza delle città non sono che l’ultima iniziativa dell’operazione pulizia che è sempre stata il suo pallino. ”Un pataccaro”, lo definì l’ex ministro degli Interni Giuseppe Pisanu. E in effetti il fondatore del servizio segreto parallelo Dssa, organizzazione per la quale finì in carcere nell’estate 2005, sembra uscito da un film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Ma secondo alcuni gode di appoggi e finanziamenti grazie ai quali continua comunque a restare a galla. Saya nasce a Messina nel 1956, una vita impostata al motto mussoliniano ”Dio, patria e famiglia”. Lo cresce il nonno che ha partecipato alla marcia su Roma e nel ”70, a soli quattordici anni, Saya fa il suo debutto nei moti di Reggio Calabria. Cresce ed entra nei servizi segreti della Nato, ”esperto di Ispeg (informazioni, sabotaggio, propaganda e guerriglia), controspionaggio e antiterrorismo”, da cui si congederà nel 1997. Nel novembre 1977 viene citato come teste d’accusa nel processo contro Giulio Andreotti, che indica come mandante dell’omicidio del generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa. Dopo i servizi, una nuova iniziativa: dà vita all’Msi-Destra nazionale, movimento ”voluto da Almirante ed iniquamente soppresso”. Creare partiti è la sua passione, tanto che ne fonda due tra il ”98 e il 2001. Peccato inciampi spesso in guai giudiziari: processato a Firenze per una truffa con carte di credito legate a un commercio di pelli, rinviato a giudizio a Milano per propaganda di idee fondate sulla superiorità e l’odio razziale» (’Il Messaggero” 15/6/2009) • «Gaetano Saya non vive nell’ombra. Anzi diffonde in rete le sue foto con lo sguardo torvo da poliziotto cileno o con i paramenti di chissà quale ordine massonico. Sul sito del suo partitino nostalgico chiamato ”Destra nazionale-nuovo Msi”, il cui simbolo somiglia a quello della Cia come notava [...] un’inchiesta apparsa su Indymedia Italia, Saya si presenta come un fascista legato a Giorgio Almirante, massone ed ex poliziotto passato ai servizi segreti, i peggiori servizi, quelli della P2 e del generale Giuseppe Santovito. Si accredita come ex gladiatore che la sa lunga sui misteri della storia della repubblica, con tanto di bigliettino in cui Licio Gelli, in data 5 giugno ”91, scriveva di pugno: ”A Gaetano Saya, la verità ha un solo volto, quello dell’onestà verso gli altri e verso se stesso. Con stima e molta simpatia, Licio Gelli”. [...] Più che un pericolo per la democrazia Saya sembra un millantatore, un sedicente 007 e un fascista da operetta. Hanno cercato di processarlo [...] per le frasi sulla superiorità razziale apparse sul www.destranazionale.it. Al Viminale lo conoscono bene e si sono messi a ridere [...] quando ha chiesto la scorta ”in qualità di presidente del Dipartimento per gli studi strategici antiterrorismo”. ”Gaetano Saya nasce a Messina nel 1956 - si legge nel curriculum a cura dall’interessato - [...] fin da giovanissimo simpatizza per il Movimento sociale italiano - Destra nazionale e nel 1970 appena quattordicenne partecipa alle giornate di Reggio Calabria (rivolta per il capoluogo), a diciotto anni si arruola nel disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, dopo l’addestramento viene ingaggiato dai servizi segreti della Nato esperto in Ispeg, controspionaggio e antiterrorismo. Raggiunti i massimilivelli si congeda nel 1997. Cooptato nel 1975 dal Generale Giuseppe Santovito, allora capo del Sismi, viene iniziato in una loggia massonica riservata; da apprendista di primo grado in breve diviene Maestro venerabile della loggia ”Divulgazione 1’”. C’è una vecchia fotografia senza data che lo ritrae con Giovanni Spadolini, ”ministro della difesa dell’epoca” secondo destranazionale.it, ma non c’è conferma che fosse in servizio. In polizia sarebbe rimasto ”un paio d’anni”. Dal Sismi la procura ha acquisito una netta presa di distanza da Saya. [...] si definisce ”principale teste d’accusa della procura della repubblica di Palermo, nel processo contro Giulio Andreotti”. Il 13 novembre del ”97 lo ascoltarono davvero in aula e fu una scena curiosa. Saya raccontò che Santovito, nel ”78 direttore piduista del Sismi, gli aveva detto che Andreotti aveva fatto ammazzare Dalla Chiesa in Sicilia per via delle carte di Moro trovate in via Montenevoso. Si definì ”ex agente di una struttura segreta della Nato”, si trincerò dietro il ”segreto Nato” e disse di avere un tatuaggio che dimostrava la sua appartenenza a una loggia legata ai servizi. La corte a porte chiuse accertò, sotto l’ascella sinistra di Saya, ”un tatuaggio che raffigura una squadra e un compasso sovrastati da una stella fiammeggiante e dalla lettera G, iniziale della parola greca che vuol dire conoscenza”, Gnosis. Testimonianza inutile, ovviamente. Saya [...] parla delle ”camice nere, reparti protezione” della sua Dn-nuovo Msi, annuncia che si presenterà alle elezioni e si definisce ”presidente onorario dell’Unfp, Unione nazionale forze di polizia” in realtà sconosciuta. [...]» (A. Man., ”il manifesto” 2/7/2005). «La telefonata di Giulio Andreotti ha svegliato Giulia Bongiorno [...] di buon’ora, come ai tempi del gran processo di Palermo, senza perdere l’abituale filo di ironia: ”Hanno arrestato quello dello strip tease”. E l’avvocato che ha difeso il superpresidente fino in Cassazione ha subito afferrato il riferimento a Gaetano Saya: ”Certo, per noi quel tipo strambo è sempre stato al primo posto nelle hit parade delle assurdità del processo”. Una risata liberatoria ha condito il ricordo di imputato ed avvocato sul teste che, per provare l’appartenenza a servizi segreti e logge massoniche, si denudò in aula, come evoca la Bongiorno: ”Prima la giacca, poi la cravatta, quindi la camicia ed infine braccio teso per mostrare ascella e tatuaggio...”. Non c’era Andreotti quel giorno a Palermo. E durante la prima pausa Giulia Bongiorno lo chiamò dal telefonino per capire se avesse mai incrociato Saya sulla sua strada: ”Non solo non ne sapeva niente, ma, sbigottito dalle frecciate su mafia e massoneria, su Lega Nord e Lega Sud, su trame ed affari enunciati senza prove e indizi, per Andreotti quel signore diventò un pallino fisso. Perché non capiva come un personaggio così discreditato fosse stato paracadutato dai pubblici ministeri nel processo. Non si capiva chi lo mandava. E ancorame lo chiedo”. Spigolosa come a volte le piace presentarsi, vuoi che la Bongiorno non colga l’occasione per attaccare gli accusatori di Andreotti? « Un vero e proprio boomerang. Saya non era certo un nostro teste. Noi avevamo altri nomi, da Cossiga a Vassalli, a Rognoni...”. Un ”fatto” comunque lo tirò fuori Saya, l’omicidio di Dalla Chiesa. Ma senza riuscire a diradare la soglia di ipotesi non provate. Cosa che scatena ancora la rabbia della Bongiorno: ”Il teste serviva per dire che Andreotti era massone. E, ragionando sui collegamenti fra mafia e massoneria, speravano di marchiarlo anche indirettamente come mafioso. Un gioco saltato al controesame, quando feci io a Saya venti domande a raffica senza mai ottenere una risposta. Opponeva il segreto di Stato. Forse allora anche i pm capirono di non potere usare fino in fondo le sue chiacchiere, non citandolo in requisitoria”. Era una pagina dimenticata. Ma non da Andreotti [...]: ”Nonostante tante pazze accuse fra Palermo e Perugia, il personaggio più bizzarro resta per me quell’agente speciale, nudo e tatuato”» (Felice Cavallaro, ”Corriere della Sera” 2/7/2005).