Corriere della Sera 18/07/2005, pag.11 Sergio Bocconi, 18 luglio 2005
Consorte, da via Stalingrado all’ex banca del Tesoro. Corriere della Sera 18/07/2005. Per uno come lui, definito da sempre il banchiere rosso o addirittura l’Enrico Cuccia della finanza di sinistra senza essere stato finora a capo di una banca, devono essere giornate storiche
Consorte, da via Stalingrado all’ex banca del Tesoro. Corriere della Sera 18/07/2005. Per uno come lui, definito da sempre il banchiere rosso o addirittura l’Enrico Cuccia della finanza di sinistra senza essere stato finora a capo di una banca, devono essere giornate storiche. Per uno come Giovanni Consorte, che ogni mattina va nel suo ufficio della Unipol a Bologna in una via che continua a chiamarsi Stalingrado, mettere un’ipoteca sulla conquista della romana Bnl, con un passato socialista ma un’anima istituzionale, per la verità anche un po’ ministeriale (è la ex banca del Tesoro), può essere il traguardo che lo "sdogana". Nel senso che, ad affrancarsi da etichette e benedizioni politiche lui ci ha provato, o almeno così è sembrato più volte. Ma resta pur vero che, se da un lato l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco dice sempre che Consorte è un manager che non ascolta nessuno ("Se provassi a dirgli ciò che deve fare mi manderebbe al diavolo"), tutti pensano che il vero via libera all’intervento della compagnia sulla Bnl sia arrivato dal segretario dei Ds Piero Fassino ("Se Unipol lancia l’Opa dico sì"). E quindi da Massimo D’Alema. Nessuno dimentica che il Governatore Antonio Fazio, dopo aver detto più volte no a Consorte, lo ha praticamente eletto a cavaliere bianco dell’italianità. Ma "gratta-gratta" nella ricerca di una regia si guarda sempre agli equilibri della Quercia, e in particolare alla forza degli sponsor del "banchiere rosso", D’Alema appunto e Pierluigi Bersani. Anche perché Consorte in questi anni ha sì sovvertito tutte le regole, ma ha esteso il perimetro dell’autonomia senza sovvertire i rapporti con il presidente dei Ds e l’ex ministro dell’Industria. La sua ascesa non ha praticamente incontrato ostacoli. Nato a Chieti ma adottato da Bologna, laurea in ingegneria chimica e master alla Bocconi, il 57enne manager si è fatto la palestra nelle coop e, quando è arrivato in Unipol, ha capito che c’era spazio per far carriera in fretta. E l’ha fatta: nel ’90 è amministratore delegato; nel ’96 presidente. Sa bene quel che deve fare. Gli anni Sessanta, quando l’Unipol è nata come compagnia di assicurazione della classe operaia, sono ormai il passato. Va bene sponsorizzare il concerto a Roma del primo maggio, ma è ora di cambiare pelle. All’insegna degli affari, che non fanno distinzioni di schieramento. Dopo qualche primo passo in tal senso, arriva la svolta: nel ’99 Unipol partecipa alla scalata a Telecom, a fianco di Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti. Cioè con gli imprenditori padani che non hanno certo un dna "rosso" e che potrebbero dunque far dire che Consorte si è scelto per compagno chi compagno non è. Solo che subito arriva la famosa frase di D’Alema, che definisce i componenti la cordata bresciana e mantovana "capitani coraggiosi". Fatto sta che fra Unipol e la galassia dell’Hopa, la cassaforte di Gnutti, comincia un sodalizio che solleva qualche imbarazzo nel centrosinistra. La compagnia di via Stalingrado partecipa al network di affari e intrecci proprietari che comprende, oltre alla "razza padana" con alfieri come Gianpiero Fiorani della Popolare di Lodi (che guida l’assalto all’Antonveneta), gli immobiliaristi romani e la Fininvest di Silvio Berlusconi. Un network di iniziative non sempre tranquille e che condivide anche qualche grana di tipo giudiziario (come il processo per insider trading a Gnutti e Consorte iniziato a Milano). Nel frattempo lui, oltre ad allargare il perimetro dei soci, estende quello consolidato. Nel 2003 Unipol si aggiudica la Winterthur dal Crédit Suisse e diventa il quarto polo delle polizze. Ma è noto da anni che l’aspirazione di Consorte è essere un big della bancassurance. Anzi, di più, talvolta pensa a una Unipol "globale": credito e polizze sì, ma anche iniziative collaterali come la sanità. Nel 2000 dice: "Unipol è pronta ad acquistare una banca". Tre anni più tardi, dopo il colpo su Winterthur, lo ripete per ben due volta: "Cresceremo ancora. In campo bancario". Dossier veri, come l’alleanza con il Monte Paschi di Siena, o oggetto di rumors (come la Lodi), tranontano però con il tempo. Perciò, quando nel marzo di quest’anno il Cuccia "rosso" viene allo scoperto dicendo che gli interessa la Bnl, si capisce che il capo dell’Unipol questa volta potrebbe giocarsi la partita decisiva. Per diventare un banchiere-e-basta. O quasi. Sergio Bocconi