18 luglio 2005
Tags : Floriano. Bodini
Bodini Floriano
• Nato a Gemonio (Varese) l’8 gennaio 1933, morto a Milano il 2 luglio 2005. Scultore. «[...] Liceo artistico e Accademia di Brera (allievo di Francesco Messina, anche se dello scultore siciliano resterà ben poco) come studente. Brera, Accademia di Carrara (direttore) e Darmstadt sino al 1998, come docente. I suoi primi passi? Li aveva mossi assieme agli artisti del cosiddetto Realismo esistenziale (Banchieri, Ceretti, Ferroni, Guerreschi, Romagnoni, Vaglieri, ecc.) [...]. La sua prima mostra risale nel ’58. Bodini ha 25 anni e viene presentato da Giuseppe Guerreschi. Esattamente dieci anni dopo, il suo Ritratto di un Papa, in legno (Bodini aveva incontrato papa Montini, allora arcivescovo a Milano, nel ’62), viene collocato nei musei vaticani. Anche se sino ad allora non gli sono mancati riconoscimenti dal mercato e dai critici, la scultura di Paolo VI gli dà una grande popolarità. Una versione in marmo di Candoglia verrà collocata all’interno del Duomo di Milano; un’altra, in bronzo, alta sei metri, sorgerà presso il Sacro Monte di Varese, in cima ad una scalinata. Floriano ne puntualizza due aspetti: uno, severo, che mostra il Papa mentre benedice; l’altro, dolce (anche se si fa fatica a immaginare un Paolo VI dolce), con ai piedi un mazzo di fiori, un teschio e tre pecore, simbolo del gregge. In Vaticano era stato introdotto da don PasqualeMacchi, un monsignore che, nel giro di pochi anni, arricchì il Vaticano di opere d’arte di artisti contemporanei. Al monumento al Papa segue una notevole produzione di crocefissi e ritratti di alti prelati che, all’inizio, lo faranno considerare, e a torto, come un autore prevalentemente religioso. Lo scultore marcia in una direzione che esclude il pietismo: il suo Cristo è un uomo contemporaneo, con un linguaggio corrosivo ed icastico. Bodini aggredisce gli oggetti e le sue sculture sono il risultato della sua irruenza. Da qui, la restituzione dell’oggetto alla realtà, al di fuori di un qualunque cliché. I suoi modelli? Giacomo Manzù e Marino Marini per ”sensibilità”, diceva Leonardo Borghese, Pericle Fazzini ed Emilio Greco per ”maniera di stile” e Francis Bacon per ”il mondo macabro” o allucinato. Negli ultimi anni, Bodini si muove in un contesto più naturalistico; inoltre, i suoi personaggi (tartarughe e pecore, donne con grappoli d’uva e Madonne, pannocchie e draghi, colombe e fiori, ritratti di uomini e cani, civette di sapore egizio e cavalli) sono meno angosciosi. Per il resto, egli rimane fedele alla propria natura indagatrice. I suoi ritratti sono lo specchio di un’epoca che viene trasfigurata. La scultura diventa non solo un’interrogazione sull’esistenza, ma anche un’avventura visiva. I soggetti vengono descritti con una configurazione tagliente, fluente, fratta, incisa da segni che sembrano determinare una sorta di puzzle sulla carne, sulle vesti e sugli stessi oggetti ”di contorno”. La costruzione parte sì dalla cronaca, ma viene sviluppata dalla fantasia. L’accento di Bodini è privo di infingimenti. C’è sempre un certo barocchismo presente nel suo stile, ma esso appare, in definitiva, non come un gioco facile, ma come un giudizio morale sulla commedia umana» (Sebastiano Grasso, ”Corriere della Sera” 3/7/2005).