Il Sole 24 Ore 14/07/2005, pag.11 Mario Margiocco, 14 luglio 2005
Un fronte contro le rimesse occulte. Il Sole 24 Ore 14 luglio 2005. Ci sono cinquanta, probabilmente cento miliardi di dollari clandestini e in libera uscita ogni anno nel mondo
Un fronte contro le rimesse occulte. Il Sole 24 Ore 14 luglio 2005. Ci sono cinquanta, probabilmente cento miliardi di dollari clandestini e in libera uscita ogni anno nel mondo. Partono misteriosamente dai Paesi ricchi e vanno nei Paesi poveri. Sono la parte ignota del grande business mondiale delle rimesse degli emigranti, da affiancare ai 125 miliardi di dollari di trasferimenti legali e noti fatti l’anno scorso. Alimenta queste due voci un esercito di espatriati che si avvicina ormai ai 200 milioni, quasi il triplo rispetto a 40 anni fa. E su questo fiume di denaro, fatto da infiniti rivoli e più o meno per metà clandestino, e da una miriade di sistemi informali chiamati hawala in arabo e tipici anche di altre culture, occorre fare più luce. Gli attentati di Londra e l’importanza della finanza nella lotta al terrorismo spingono le polizie e gli stessi ministri dell’Ecofin a esaminare con cura questo dossier. A livello internazionale la Fatf (Financial action task force) creata nel 1989 e braccio dell’Ocse contro il riciclaggio e ora anche i finanziamenti al terrorismo, insiste per un maggior controllo sulle varie hawala (vedere la scheda); e così fa l’Asia pacific group, che della Fatf è l’emanazione asiatica. Dal 2001-2002 è stato chiesto alle varie autorità nazionali nei Paesi di immigrazione ed emigrazione di imporre controlli, a partire dall’identificazione di chi opera nel trasferimento di valuta, o hawaladar. Ancora ad aprile 2005 però la Terza conferenza internazionale sull’hawala, tenuta a Dubai e cosponsorizzata dall’Fmi, ha ribadito la necessità "di abolire l’uso improprio del sistema hawala", favorendo la registrazione degli operatori, ma ne ha difeso il valore etnico, la semplicità e, nonostante i rischi, l’efficienza. E non sarà facile per le autorità europee imporre qualche regola a questo sistema, non necessariamente criminale ma potenzialmente pericoloso, primitivo ma solido, dove chi sgarra paga con la vita, e che si basa in genere su antiche reti tribali, di villaggio, di provenienze comuni, e mantiene quindi in modo economicamente efficiente anche legami di identità e cultura. Le rimesse sono rimaste a lungo sottovalutate anche nella parte nota e registrata, che ha meravigliato e meraviglia ancora per i forti ritmi di crescita. Il flusso delle rimesse "ufficiali" ha raggiunto nel 2004 i 125,8 miliardi di dollari (Banca mondiale, "Global Development Finance 2005"), più del doppio dei 61 miliardi registrati nel ’96. Dall’Italia sono usciti l’anno scorso poco meno di 5 miliardi di dollari e di questi solo circa la metà per canali controllati, e cioè 2,09 miliardi di euro, ancora poco rispetto alla ricchezza dell’Italia (lo 0,15% del Pil), ma il doppio sul 2003 e il triplo sul 2002. La parte contabilizzata, i 125 miliardi del 2004 che erano 93 nel 2003 e appena 61 nel 1996, passa in tutto il mondo attraverso banche, uffici postali, e money transfer come Western Union e WorldGram, dove comunque il denaro lascia traccia ma non sempre in modo ottimale; più molti e crescenti canali internet. la seconda voce dei trasferimenti internazionali, partite commerciali escluse, seconda solo agli investimenti esteri diretti, pari nel 2004 a circa 700 miliardi di dollari. Per la sola parte "emersa" le rimesse sono il doppio circa degli aiuti allo sviluppo multilaterali e bilaterali. Già sulla scorta dei soli dati ufficiali, è possibile vedere come per molti Paesi si tratti ormai di un flusso vitale. L’Egitto ha ricevuto 3,7 miliardi di dollari nel 2004, più 10% sull’anno precedente; il Marocco 4 miliardi, più 12%; la Colombia 3,17 miliardi, a fronte di 745 milioni di dollari ancora nel 1996; l’India, che è il maggior beneficiato al mondo, è passata dai 2,8 miliardi del ’90-’91 ai 23,18 del 2003-04; il Pakistan è a 3,8 miliardi, con un più 8,3%; per il 2005 le Filippine prevedono 9,4 miliardi di dollari contro gli 8,5 del 2004. La concorrenza fra banche e money transfer per il controllo dei flussi è vivace, e ha portato a un netto abbassamento dei costi, dal 6% circa rilevato nel 2002 da Migration information source per 300 dollari da Usa a Messico al 3-4% attuali, costi meno lontani da quanto applicato da varie reti informali etniche o religiose. L’abbinata tra carte prepagate e atm ha permesso un mese fa alla Rechargeplus Ltd, una società di servizi finanziari della Florida, di lanciare un servizio limitato per ora al percorso Usa-Filippine che assicura trasferimenti al costo di un dollaro per operazione. La stessa Western Union prepara l’uso massiccio di carte prepagate, anche in Europa. Mentre in Italia l’Abi, che ha organizzato un anno fa un convegno sulle rimesse, presenterà a ottobre una ricerca sulla bancarizzazione degli immigrati in Italia, dopo che da un paio d’anni varie banche associate hanno messo a punto programmi mirati alla clientela extracomunitaria e alle rimesse, che il sistema bancario italiano gestisce in misura ancora insufficiente. Al G-7 di Sea Island (Georgia, Usa) del giugno 2004 è stato chiesto alla Banca mondiale di mettersi alla guida di un gruppo internazionale per migliorare la raccolta di statistiche sulle rimesse internazionali. Un Rapporto è atteso per settembre-ottobre. E la parte sommersa? Questa era un mondo sconosciuto fino a un paio di anni fa, e resta poco conosciuta oggi. Erano noti i meccanismi, le reti informali come la hawala del mondo islamico, e simili organizzazioni pakistane, indiane, cinesi. In pratica, reti informali di emigranti, in genere commercianti ben collegati su base etnica e regionale, che raccolgono i fondi nei Paesi di emigrazione, Usa Europa Golfo Persico soprattutto, e via telefono o e-mail mandano ordini di pagamento alla famiglia nel Paese di origine, con costi attorno al l’1,5%, e con grande rapidità. Seguite all’origine, più che dagli economisti, dall’Interpol (Jost e Sandhu, The hawala alternative remittance system and ist role in money laundering, Interpol, 2000), le reti informali sono valutate in modo diverso. Chi esamina il fenomeno nel complesso tende a vederle in costante calo rispetto a 10-12 anni fa. Ma chi esegue indagini sul campo nei Paesi riceventi trova misteri statistici che si spiegano solo con il massiccio ricorso alle reti informali basate sulla fiducia e sulla conoscenza fra clan. Solo l’esistenza di una reta informale, che in questo caso si chiama Padala, spiega ad esempio come le rimesse ufficiali dal Giappone alle Filippine siano inferiori rispetto a quelle dal Giappone alla Malaysia, secondo un studio del dicembre 2004 dell’Asian Development Bank, anche se i filippini che lavorano in Giappone sono dieci volte di più dei malaysiani. "Due terzi per via ufficiale e un terzo per via occulta" sostiene, nel caso dei trasferimenti dai Paesi Ue, Mushtaq Hussain, esperto della Commissione di Bruxelles. John F. Wilson del Fondo monetario, uno dei primi a studiare il fenomeno, sostiene che i canali informali che arrivavano anni fa a rappresentare il 60% del totale sono ora attorno al 20 per cento. Una stima troppo bassa ribattono altri, e tra questi un’ampia ricognizione ("Remittances: international payments by migrants") preparata nel maggio 2005 dagli analisti del Congressional Budget Office americano; osservano come "uno studio stima che dal 15 all’80% delle rimesse verso i Paesi asiatici utilizzino i canali informali; un altro sostiene che canali informali smaltiscono dal 28 al 46% delle rimesse degli emigranti messicani, mentre un altro studio valuta che almeno il 45% delle rimesse globali segua canali anonimi. Se realistiche, tutte queste valutazioni implicano che il monte rimesse è ben oltre i 100 miliardi di dollari all’anno... Tuttavia, si sa così poco circa il volume delle rimesse inviate per canali informali che fare una cifra affidabile circa le tendenze dell’intero settore delle rimesse sembra azzardato". Dalla hawala al chop le vie senza traccia I trasferimenti transfrontalieri informali e occulti di denaro dai Paesi d’immigrazione verso i Paesi d’origine potrebbero addirittura rappresentare una cifra superiore ai 125 miliardi di dollari (dati Banca mondiale) spediti nel 2005 per via ufficiale attraverso banche, poste e money transfer. Le rimesse clandestine pongono ormai un serio problema di sicurezza, come fonte eventualmente troppo facile di finanziamento per il terrorismo. Secondo uno studio Onu del 2002 (autori Buencamino e Gorunov), c’erano a inizio secolo nel mondo da 100 a 300 miliardi di dollari di pagamenti informali effettuati ogni anno cash e di questi una fetta considerevole varcava le frontiere. Il Global development report 2003 della Banca mondiale quantificava le rimesse clandestine più o meno alla pari con quelle ufficiali. Il termine più usato per il trasferimento informale di denaro è hawala: così si chiama nel mondo arabo la rete finanziaria occulta con una parola che vuol dire "trasferimento", o "cablo" in significato più moderno; ma è hundi in Pakistan e India, fei-ch’ien in Cina, hui kuan a Hong Kong, phei kwan o poey kwan a Hong Kong, chop oppure chit in vari altri Paesi asiatici, e padala nelle Filippine. I costi sono in genere più bassi di quelli bancari, che pure si sono spesso notevolmente ridotti per intercettare più business. L’hawaladar, o banchiere da marciapiede, quasi sempre ha legami etnici e regionali con chi utilizza i suoi servizi. Sono basati sulla fiducia e potrebbero, teme l’antiterrorismo, fare anche appello al fanatismo o usare la coercizione. Le camere di compensazione per riequilibrare le uscite sono varie, da depositi in banche occidentali a nome di chi fa i versamenti nei Paesi di destinazione a investimenti in occidente a finanziamento dell’import. Mario Margiocco