Andrea Malan - Fabio Tamburini, Il Sole 24 ore, 03/07/2005, 3 luglio 2005
Fiat-Case, Il Sole 24 ore, 3 luglio 2005 Quando Paolo Cantarella prese l’aereo per recarsi a Parigi era convinto di chiudere in bellezza la trattativa per un grande accordo tra New Holland e l’americana Case
Fiat-Case, Il Sole 24 ore, 3 luglio 2005 Quando Paolo Cantarella prese l’aereo per recarsi a Parigi era convinto di chiudere in bellezza la trattativa per un grande accordo tra New Holland e l’americana Case. Era la fine di aprile del 1999 e Cantarella, all’epoca amministratore delegato della Fiat, puntava sulla nascita di una società leader sui mercati internazionali. Lo schema dell’operazione, preparato in un paio di mesi, dall’inizio di febbraio a fine marzo 1999, aveva come cardine lo scambio di partecipazioni, con un ricco premio a favore degli azionisti dell’azienda Usa, guidata dal chairman e chief executive officer Jean-Pierre Rosso. Proprio i buoni rapporti con Rosso avevano convinto Cantarella che l’operazione - tenuta strettamente riservata, senza alcun coinvolgimento dei manager della controllata Fiat - fosse pronta per essere approvata. Errore. Il board della Case, annunciò Rosso a Cantarella, non aveva dato via libera. E non c’erano molti spazi di manovra. L’unica possibilità, aggiunse Rosso, era modificare radicalmente l’impostazione dell’accordo secondo tre condizioni: acquisto del 100% della società, pagamento dell’intera somma per contanti, aumento significativo del premio (già elevato) a favore degli azionisti americani. Condizioni pesanti, che lo stesso Rosso riteneva troppo sfavorevoli alla controparte italiana per ottenere semaforo verde. Ma anche lui fu sorpreso: l’ultimatum fu accettato e il negoziato entrò nella fase finale. Un documento, depositato da Case presso la Sec, sintetizza le fasi decisive del negoziato: il 4 maggio il board della Case autorizza il management, affiancato dalla banca d’affari Credit Suisse First Boston, a trattare concedendo l’esclusiva a Fiat. Pochi giorni dopo, senza neppure il tempo di effettuare una vera due diligence, il vertice del gruppo torinese chiuse la partita pagando 55 dollari per azione, pari a 4,3 miliardi di dollari (che al tempo valevano più degli euro). Così è nata Cnh, leader nelle macchine agricole e da cantiere. Prezzo sotto accusa. Compresi i compensi agli azionisti Case e quelli per gli advisor, Fiat spese 4,579 miliardi di euro. Una somma che ha pesato come un macigno sui conti del gruppo, messi a dura prova dalla crisi del settore auto. Quasi due miliardi (1,75, per la precisione) erano ancora in bilancio a fine 2004, sotto la voce goodwill. C’è perfino chi sostiene che l’operazione ha dato la spinta decisiva al precipitare della crisi finanziaria. «L’errore è stato grave» commenta un grande vecchio che conosce bene il mondo torinese, sottolineando che sono stati messi in cantiere programmi ambiziosi di rafforzamento quando si avvertivano già chiaramente i segnali delle difficoltà in arrivo. Lo stesso Fresco, sia pure dopo avere ribadito che l’acquisto della Case era &la mossa giusta da fare», lo ammette: «Il prezzo era troppo elevato», dice l’ex presidente della Fiat, anche se lo ritiene un giudizio dato «con il senno di poi». Si può tentare una valutazione partendo da due elementi: l’andamento del titolo, quotato a Wall Street, e un documento interno al gruppo Fiat, e finora inedito, prodotto dai top manager della New Holland nel dicembre 1998 (al tempo l’amministratore delegato era Umberto Quadrino, l’attuale numero uno della Edison). Il documento venne preparato su richiesta di Fresco e Cantarella, che avevano chiesto ai vertici dei settori in cui il gruppo era presente di suggerire l’operazione migliore per crescere rapidamente. Il management New Holland sosteneva che la combinazione con Case era l’unica praticabile e ne sottolineava i benefici potenziali: crescita dimensionale, integrazione geografica e di prodotto. Non solo. Nel documento venne messo nero su bianco il prezzo a cui l’operazione era giudicata ragionevole: a metà dicembre la Case - reduce da una drastica ristrutturazione - valeva in Borsa circa 20 dollari per azione, ovvero poco più di 1,5 miliardi di dollari in totale. Il premio per il pacchetto di controllo, fu scritto, poteva arrivare fino al 40%, cioè a 2,2 miliardi di dollari per il 100%. Non era opportuno andare più in là, anche perché - avvertiva infine il rapporto - il costo della ristrutturazione era potenzialmente elevato: la stima si aggirava intorno a 900 milioni di dollari, non molto lontana da quanto poi è stato effettivamente speso. Il titolo Case rimase a venti dollari fino a metà marzo, a colloqui già iniziati da un mese. A quel punto mise il turbo e in due mesi raddoppiò superando quota 40, per poi arrivare ai 55 che Fiat pagò, più del doppio di quanto i manager della New Holland avevano ritenuto opportuno cinque mesi prima. Come ha raccontato al Sole 24 Ore uno dei protagonisti di allora, «l’andamento anomalo del titolo Case fu notato e oggetto di una inchiesta interna per capirne le cause». Inchiesta che - aggiunge la stessa fonte - «èrimasta senza risposta». Nè hanno dato risultati gli accertamenti svolti dalla Sec, l’autorità di controllo americana. Resta il fatto che - come conferma seccamente uno dei manager del gruppo torinese di quegli anni, che preferisce mantenere l’anonimato - «il prezzo pagato è stato il doppio del valore di Case». Su posizioni analoghe è Alberto Pianta, executive vice president della New Holland, cioè il collaboratore principale di Quadrino, secondo cui «il prezzo fu decisamente troppo alto». A sei anni di distanza la Cnh ha migliorato i conti e, dopo due anni di rosso, il 2004 si è chiuso con un utile netto intorno a 133 milioni di euro (l’utile operativo ha raggiunto i 407 milioni di euro, quasi il doppio rispetto all’anno precedente). Ma la strada da percorrere è ancora lunga e l’analisi contenuta in una slide proiettata in un recente steering committee dell’azienda è impietosa: «Con il nostro attuale modello di business siamo appena in grado di chiudere in pareggio a livello di risultato netto quando il ciclo economico è positivo, mentre i nostri principali concorrenti fanno utili record. Non ci serve un business plan, ma un piano di ristrutturazione». E l’amministratore delegato Sergio Marchionne è appena volato negli Stati Uniti per tre giorni con l’obiettivo di verificare lo stato delle cose. La parola alla difesa. Come si spiegano le scelte compiute allora da Fresco e Cantarella? L’arrivo del primo alla presidenza del gruppo, scelta personale dell’avvocato Gianni Agnelli, coincise con una decisione strategica: concentrare le risorse aziendali su alcuni business in cui puntare alla leadership globale. Tanto da giustificare una nuova definizione coniata nei corridoi dei piani alti del Lingotto, dove la holding di gruppo era stata battezzata con un nuovo nome: Fiat Electric, che richiamava l’esperienza professionale precedente di Fresco, a lungo numero due della General Electric. Appena prima di Case, Fresco aveva tentato il colpo grosso: l’acquisto della Volvo, che avrebbe risolto i problemi di massa critica sia nell’auto sia nei camion (più sinergie importanti in altri settori). La delusione fu cocente. Proprio quando Fresco era convinto di avercela fatta, il management svedese bocciò l’accordo. C’era la possibilità di procedere con una operazione ostile, ma l’Avvocato fu contrario e lo stesso Fresco ritenne che le probabilità di spuntarla erano troppo basse. Subito dopo, in un clima che era anche di una certa rivalità tra il presidente della Fiat e Cantarella (mai peraltro espressa pubblicamente), l’amministratore delegato avviò le trattative con Jean-Pierre Rosso. Trattative che il management del gruppo torinese voleva chiudere. Ad ogni costo, perché la grande Fiat poteva permetterselo. Debiti a go-go. L’operazione fu strutturata come Opa amichevole e le risorse finanziarie vennero raccolte da New Holland che dette fondo alla cassa disponibile (pari a 200 milioni di dollari) sommandovi un prestito a breve termine da 3 miliardi di dollari e un prestito subordinato da 1,4 miliardi di dollari. Era davvero l’unica strada possibile? Due anni dopo Cantarella, in occasione del lancio della Stilo a Barcellona, il nuovo modello su cui il gruppo aveva investito 1.800 miliardi di lire, definì «l’indebitamento elevato del gruppo colpa dell’operazione Case», che rese impossibile «centrare l’obiettivo della riduzione dell’indebitamento netto di gruppo a 3,5 miliardi di euro» (a fine 2001 era salito a 6 miliardi di euro, ndr). E ammise che «forse sarebbe stato meglio acquistarla attraverso un aumento di capitale piuttosto che ricorrere all’indebitamento». Cantarella non aggiunse altro ma, per la verità, l’ipotesi di un aumento di capitale era stata presa in considerazione ma subito scartata perché non gradita all’azionista. L’aumento arrivò poi subito dopo le parole di Cantarella, ai primi del 2002 - a crisi Fiat ormai conclamata. Insider e stock option. Veicolo dell’acquisto di Case fu una società costituita nello Stato americano del Delaware: la Fiat acquisition corporation. E Sergio Cusani, l’ex finanziere legato a Raul Gardini e ai Ferruzzi, che intervenne per conto della Fiom-Cgil all’assemblea degli azionisti Fiat nel maggio 2003, sottolineò che lo Stato americano offre garanzie particolari di riservatezza, rimarcando anche l’andamento anomalo del titolo e chiedendo informazioni su un eventuale ruolo svolto dalla Buc di Lugano, controllata dal gruppo torinese. In risposta Umberto Agnelli lo invitò a non fare allusioni generiche ma, semmai, denunce circostanziate. Chi sicuramente guadagnò parecchio dall’operazione, furono i manager di Case e gli advisor. Per i primi la soddisfazione fu doppia, grazie alle stock option e a indennità specifiche previste in caso di «cambio del controllo» dell’azienda. In tutto portarono a casa circa 250 milioni di dollari, mentre 20 milioni di dollari andarono come commissioni al Credit Suisse First Boston. Ugualmente significativi furono i compensi di Lazard (advisor di Fiat) e Goldman Sachs (advisor di New Holland). Fiat lo ritenne un prezzo giusto da pagare, ma il dubbio è giustificato. Andrea Malan Fabio Tamburini