Michele Farina, Corriere della Sera, 06/07/2005, 6 luglio 2005
Iraq, torna la Coca-Cola e scoppia la lite con la Pepsi, Corriere della Sera, 06/07/2005 Evviva questa nuova guerra
Iraq, torna la Coca-Cola e scoppia la lite con la Pepsi, Corriere della Sera, 06/07/2005 Evviva questa nuova guerra. In un Paese dove il vetraio Ghassan Aboudi di Bagdad non ha mai lavorato tanto come adesso nell’era delle autobomba (10 dollari al metro la finestra da 8 millimetri di spessore che resiste a uno scoppio a 50 metri, mentre quello normale da 6 millimetri va in pezzi a 100), un Paese dove il venditore ambulante di ghiaccio Ali Hussein – grazie ai continui blackout elettrici che rendono inutili i frigoriferi pur presenti nel 70% delle case irachene – ogni mattina all’alba è tornato a vendere a livelli anteguerra (due chili e mezzo di cubetti, 70 centesimi di euro), in un Paese così, anche senza pensare alle stragi (600 vittime civili in 60 giorni) e ai posti di blocco Usa e allo sgozzatore Zarkawi, ben venga questa « guerra » fatta soltanto di bollicine. « La Cola war di Bagdad » l’hanno chiamata i giornali anglosassoni. Pepsi contro Coca, come in altri 200 Paesi del mond o, u n sors o d i multinazional i e normalità. Il primo marchio che vede svanire il monopolio mantenuto dai tempi di Saddam. Il secondo che annuncia il ritorno a Bagdad dopo 37 anni di esilio, da quando la Lega Araba boicottò l’azienda di Atlanta perché vendeva in Israele. Pepsi contro Coca. Sembra felice Hamid Jassim Khamis, direttore della Bagdad Soft Drinks che ha l’esclusiva delle bevande Pepsi in Iraq. «Amiamo la competizione – ha detto l’altro giorno al Financial Times – Ben venga un avversario legittimo». Khamis, tornato alla guida dell’azienda che ha già diretto negli anni ’90 fino a quando Uday Hussein, il figlio del dittatore, ne rilevò il 10% e lo licenziò, è più preoccupato dalla decina di ditte che vendono contraffazioni delle sue bibite, prodotte nelle due fabbriche di Bagdad da 1400 dipendenti ( « lo so, dovremmo tagliare il personale, ma mi sono opposto finché la situazione economica nel Paese non migliorerà » ) . Ma non è ancora tempo per combattere le patacche in Iraq. Pepsi ha chiesto una legge a tutela dei marchi, eppure il governo non ha fatto molto per proteggere la proprietà intellettuale ( non riuscendo a proteggere fisicamente i cittadini). E poi da che pulpito: proprio la Bagdad Soft Drinks, nel regime di sanzioni internazionali sotto Saddam, fu costretta a rinunciare alla ricetta originale Pepsi ( a cui è legata da un accordo datato anni ’50) sostituendola con bibite taroccate e contrabbandate dall’Europa dell’Est. Adesso, a contenderle 26 milioni di bocche, arriva la Coke, che ha firmato una joint venture con una compagnia turca, la Efes Invest, e la sua associata irachena Hmbs, che dovrebbe imbottigliare la bibita in Dubai e distribuirla poi a Bagdad. Come l’esercito Usa che nel Paese con le seconde riserve petrolifere al mondo è costretto a farsi mandare il carburante ogni giorno dal Kuwait, così la Coca arriverà dal Dubai. Un segno della difficoltà del mercato iracheno. Problema numero uno per tutti, imbottigliatori e normali cittadini: la sicurezza. La stessa Pepsi non manda i suoi camion a ovest di Bagdad, verso Falluja e le aree dove la guerriglia e il banditismo sono più forti. In più, la rivale Coke deve affrontare i rimasugli della cattiva pubblicità del periodo in cui - lo ricordava ieri The Guardian – era dipinta come la bibita dei « sionisti americani » . Ma adesso la Coca si fa anche a Ramallah, dice un portavoce, e tutti i 250 lavoratori sono palestinesi. E sono sempre meno coloro che vedono un complotto antimusulmano pure sulle bottigliette dei soft drinks, anche se Abu Ream, venditore di Bagdad, non può far a meno di ricordarlo: « Se guardi allo specchio una lattina di Coca, leggi la scritta " No Allah". O forse " No Maometto?". Mah, non mi ricordo più». Mah. Coca o Pepsi, di questi tempi il marchio non fa problemi agli iracheni assetati ( 48 gradi all’ombra) sia pure anti-americani. L’alternativa, il «bevimusulmano» inventato altrove con la Mecca Cola o la Muslim Up, a Bagdad non vanno. Anche la guerriglia, dicono i soldati Usa, forse lo stesso Zarkawi, beve Pepsi. Da oggi c’è una scelta in più. E d’altra parte, un amico iracheno ieri tirava in ballo la storia, la regina Antonietta, la leggenda del « se non hanno pane dategli brioches": «A Bagdad manca l’acqua potabile? Dateci lattine ».E soprattutto non toglieteci i vetrai. Michele Farina