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 2005  giugno 05 Domenica calendario

Kleiber, lettere dal silenzio, Il Sole 24 ore, 05/06/2005 Si firmava "il tuo vecchio" oppure "il tuo delinquente"; altrove "your old, insufficientemente tormentato", oppure "love, Carlos, un poco usato, ma serio e a buon mercato"

Kleiber, lettere dal silenzio, Il Sole 24 ore, 05/06/2005 Si firmava "il tuo vecchio" oppure "il tuo delinquente"; altrove "your old, insufficientemente tormentato", oppure "love, Carlos, un poco usato, ma serio e a buon mercato". Nel l’emozionante carteggio tra il mitico Kleiber e Cristina Mazzavillani, moglie del maestro Muti, esce un ritratto inedito e inaspettato del grande direttore d’orchestra, scomparso circondato da un alone di mistero un anno fa. Dell’esistenza del carteggio si favoleggiava, qualcuno sapeva. La signora Cristina, tutelando un affetto personalissimo e il lascito prezioso, aveva preferito per anni tenere il segreto. La corrispondenza - fatta di lettere, cartoline, fax, da ultimo persino sms, chi lo avrebbe immaginato, Kleiber e il linguaggio giovanile dei telefonini - era iniziata verso la fine degli anni Settanta: Muti si trovava a Monaco, per le prove di una Aida e Kleiber, che lì aveva casa, si recava spesso in teatro per seguirle. Ne nacque un’amicizia, "with all Mutis", come poi scriverà Carlos. Fatta anche di visite private a Ravenna, di gite in barca (col maestro che soffriva il mal di mare), degli spaghetti preferiti, col pomodoro, di confidenze, di scherzi, di battute perfide sul mondo della musica e di malinconie. Ma anche di una cocciutamente, quasi irosamente difesa necessità di non dirigere più: stare lontano dalla musica, da quel mondo dove si sentiva sempre più, alla fine, un vecchio straccio inutile. Lui dolcissimo, diventava una belva, racconta Cristina, quando gli si chiedeva di riprendere la bacchetta. Ne sapeva però anche ironizzare: sul frontespizio di una lettera, del 1º luglio 1997, c’è stampato un alce (chissà come era finita quella carta da lettera da bambini sulla sua scrivania). Kleiber chiosa, con una freccina: "this is me!". E con un asterisco rimanda ad altra nota a margine: "can you find the bacchetta d’oro in this ritrato di CK?". Carlos, adorato Kleiber, salgono le lacrime scorrendo le sue lettere, la grafia minuta e ordinata, così piena di fantasie vitali. Le leggiamo con pudore, confusi tra la sensazione di stare violando un recinto esclusivo e il desiderio di conoscere di più della persona di un musicista tanto ammirato sul podio, sul quale aveva steso sempre di più la lancia del silenzio. Cavaliere solitario, sensibile alle minime vibrazioni della vita. Forse troppo sensibile, l’anima temperata su un registro che stentava nel trovare corrispondenze con la vita intorno. Balza evidente, da queste lettere - che formano un pacchetto ancora non esattamente quantificato, Cristina ora le sta raccogliendo, potrebbero essere una cinquantina, ma le cartoline postali dei primi anni chissà dove sono finite e gli ultimi fax si stanno sbiadendo - la cura minuta del direttore per le sfumature, i dettagli, l’accento. Le lettere sono scritte con calma: rilette e punteggiate di mille piccole correzioni, perfezionamenti, sapide malizie. Kleiber scrive in inglese o in italiano, ma anche quello del linguaggio è un capitolo che meriterebbe una trattazione a sé. Perché Kleiber inventa uno stile tutto suo, tra il maccheronico e il faceto, sapientissimo, eccitato, sferzante, e sempre mischiato di citazioni dai libretti del melodramma. Ma soprattutto sono imbevute sempre di note e di teatro le lettere di Kleiber: dal suo tormentato e beffardo silenzio, inconsapevolmente, corrispondendo alla semplicità diretta e affettuosa, calda e spontanea della sua interlocutrice il direttore lascia affiorare un libello del cuore, che è anche un immenso trattato sul fare e sul l’amare la musica. Onnipresenti sono i direttori del passato: Richard Strauss, Knappertsbusch, Clemens Krauss, il padre. Straordinario è il racconto della visita alla tomba di Karajan, amatissimo e più volte citato. 16 gennaio 1992: "Sempre vado a visitare il sepolcro di Karajan (amavo quell’uomo, la magia - nera e bianca - incarnata fu da lui!). Approximandomi ai muri del graveyard ho detto (a parte, piano) "Hello, Herbert!" Subito, come in risposta, la campana della chiesetta ha fatto "Baamm", ff, solo una volta, (era un quarto dopo l’ora piena) ed io mi sono messo a ridere come se avesse vinto in una lotteria di oltretomba. Sensazione stranissima era questa". A proposito del padre, il monumentale e inquietante Erich (Carlos iniziò a dirigere solo dopo la sua morte), c’è un episodio spiritoso. 3 dicembre 1991 (in inglese): "Per il Parsifal e per il sicuro successo di Riccardo incrocio le dita e do tutti congiuri. Molto tempo fa mi fu offerta la possibilità di dirigerlo; ma ascoltai una registrazione (molto bella) di Knappertsbusch e decisi che non avrei mai avuto la capacità di muovere tanto lentamente le mie braccia. Ricordo che quasi tutta l’orchestra al Colón (Buenos Aires) quando mio padre lo stava dirigendo cantava: O che barba - Kleiber scrive il motto di quattro note su pentagramma, ndr - e sullo sforzato, si tiravano con la mano una barba immaginaria". Sempre nella stessa lettera, un paragrafo sopra, altra pennellata di storia divertentissima: "Sai che anche io ho vissuto in via del Gesù durante parte dei miei giorni di Scala-conducting? Ero nell’appartamento di una certa graziosa e ricca signora (Marchi? Mi sembra...), che mi permetteva di stare lì. Uno scorbutico vecchio scrittore (Moravia) ogni tanto si materializzava del tutto inaspettato in sala, telefonava e se ne andava senza dire altro che un grunt. Credo che anche Zeffirelli stesse là, ma non quando c’ero io". Nell’estate 1992, Riccardo Muti abbandona clamorosamente il Festival di Salisburgo per una radicale divergenza teatrale con gli Hermann, che firmavano con lui la mozartiana Clemenza di Tito. Kleiber commenta: "I Hermann: non conozco! (io sono il giardiniere delle Nozze di Figaro, sembra!) Ma, anche in tv, vidi parte (2 minuti) di un’intervista con loro. Parlavano di Titus, seduti ambi sotto un arbero in campagna, recitando la comedia: "Noi Siamo Intellettuali Rilassati ed Ispirati". 2 minuti bastarono per me. Sono di un tipo che mi fa schiffo subito!". Anche il nome Scala torna spesso: a più riprese si parla di un Otello, per una tournée in Giappone, e della famosa Bohéme, da Muti tanto inutilmente supplicata. 16 febbraio 1993: "Mr. Sasaki mi ha telefonato da Tokio per suggerirmi un Otello là con la Scala nel 199? Non gli ho detto di no, ma nemmeno di sì. Tra te e me: l’idea di ascoltare il 10.000simo Moro di routine,con qualche titubante Desdemona o altro tra sushi e sashimi e "Buona sera, Maestro!" e "Hai, doso!" non è travolgente. Ma si vedrà". 1º settembre 1997: "A proposito del cast di Bohéme, sì, avrò bisogno di informazioni acustiche ed esperte, per favore. Marcello lo vorrei molto macho (dovrebbe fare fatica con le note acute), in modo da non suonare come Rodolfo. Mimì non così pallidamente dolce (come la Cotrubas), ma più amabile, come la Freni è/era, e con forza quando necessario. Se la Bartoli ha un buon si acuto la sua Musetta - se vuole farla - potrebbe essere un bel colpo, che ne dici?". Stupenda è una cartolina (spesso Kleiber ne allegava: ce n’è una coi dinosauri-direttori del presente inenarrabile; ma anche un’altra, tenerissima, da Tokio, con una stampa cinese legata insieme a una foglia secca di felce e a un uccellino di carta) infilata nella busta del 21 ottobre 1998: "Dear Cristina! Qui ritrovi la parte (vocale?) adeguata, composta per te da Mr Cage, anzi per tutte le mogli di Maestri quali si stanno torturando collo studio di Götterdämmerung come, adesso, fa il povero Riccardo!". La cartolina riproduce Music for piano 4-19 (1953) di Cage: sono due doppi pentagrammi assolutamente vuoti; Kleiber di suo pugno verga un piccolo si (se in chiave di basso) alla fine, annotandovi sopra "Mute". "Non si sa in che chiave si suona la nota; nemmeno se Mute significa c.sordino oppure inaudibile! Ma è confortante sapere che la casa editrice C.F. Peters, Frankfurt, New York, London, ha dato permesso di offrire questa diafana composizione al pubblico per mezzo di cartolina postale!". Carla Moreni