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 2005  giugno 26 Domenica calendario

Le finanze di Wimbledon, Il Sole 24 ore, 26/06/2005 LONDRA - Wimbledon è diventato da qualche settimana inconsueto oggetto di discussione fra economisti e policy-maker, da quando Tommaso Padoa-Schioppa ha riproposto la metafora, ben nota nella City, del più famoso torneo di tennis come l’ambiente ideale in cui buona organizzazione e regole certe attraggono i migliori competitori del mondo e consentono all’attività che vi si svolge di prosperare

Le finanze di Wimbledon, Il Sole 24 ore, 26/06/2005 LONDRA - Wimbledon è diventato da qualche settimana inconsueto oggetto di discussione fra economisti e policy-maker, da quando Tommaso Padoa-Schioppa ha riproposto la metafora, ben nota nella City, del più famoso torneo di tennis come l’ambiente ideale in cui buona organizzazione e regole certe attraggono i migliori competitori del mondo e consentono all’attività che vi si svolge di prosperare. A quel punto poco importa - e non sminuisce, anzi innalza, il prestigio dell’evento - il fatto che a vincere siano immancabilmente gli stranieri. Lo stesso vale per la piazza finanziaria londinese. Il legame della City con Wimbledon va al di là delle osservazioni del banchiere centrale italiano. Il torneo infatti è una delle opportunità della "season" inglese, dalle corse dei cavalli di Ascot all’opera con picnic di Glyndebourne, in cui le banche d’investimento e le altre istituzioni finanziarie eccellono nella "corporate hospitality", i pacchetti di intrattenimento per clienti e contatti d’affari. Nelle due settimane a cavallo fra la fine di giugno e l’inizio di luglio (il torneo finisce domenica 3, favoriti i campioni uscenti Roger Federer e Maria Sharapova, una sola italiana, Flavia Pennetta, ancora in gara), è più facile trovare un banchiere importante sulle tribune del campo centrale di Wimbledon che nel suo ufficio nella City. E si dice che in quest’epoca vengano discussi più "deals" fra un’occhiata al tennis e una coppa di fragole con panna (l’anno scorso ne sono state consumate 28 tonnellate, solo ed esclusivamente di provenienza dalle campagne inglesi) che nel miglio quadrato o nella nuova cittadella della finanza a Canary Wharf. Ma Wimbledon è diventato soprattutto un fenomenale generatore di cassa per il circolo che lo organizza, l’All England Lawn Tennis and Croquet Club, e per la federazione del tennis inglese, che ne riceve buona parte dei proventi. Le finanze di Wimbledon sono oscure, dato che se ne conosce un solo dettaglio, e talvolta arcane, con l’uso di strumenti come le debentures, obbligazioni che invece di pagare una cedola offrono ai possessori, per la loro durata, biglietti di accesso a tutti i giorni del torneo sul mitico Centre Court o sul campo numero uno. Il club è un’entità privata (in cui si entra per cooptazione, dopo una paziente attesa che può durare decenni) e non pubblica i propri conti. L’unico dato finanziario che viene divulgato, ma che dà l’idea della crescita esponenziale del giro d’affari negli ultimi due decenni, è il cosiddetto "surplus dei campionati", cioè la somma che l’All England Club gira ogni anno alla federazione del tennis nella vana speranza che questo serva a finanziare un campione inglese (il che non avviene da 70 anni nel caso del torneo maschile e da quasi 30 nel singolare femminile). Ancora nel 1980, quindi ben dopo l’introduzione dell’era professionistica nel tennis nel 1968, il surplus era di sole 420mila sterline. L’anno scorso è stato di oltre 26 milioni di sterline, dopo aver toccato un picco di 33 milioni, quasi 50 milioni di euro, nel 1998. Proprio il calo degli ultimi anni è stato l’occasione nelle scorse settimana di una curiosa polemica in cui la federtennis inglese, di certo a sua volta non un campione di efficienza, visti i risultati ottenuti negli ultimi decenni nonostante una delle casse più ricche del mondo, ha accusato Wimbledon di non fare abbastanza per sfruttare un marchio che gode di grande cachet in tutto il mondo e che alcuni esperti equiparano come potenziale alle più importanti griffe del lusso globale. Il balzo delle entrate di Wimbledon dagli anni 80 in poi si deve in larga misura all’esplosione dei diritti televisivi, fenomeno che ha beneficiato altri sport, ma che nel caso del torneo londinese sfrutta l’unicità e la tradizione dell’evento. Ma sono proprio i diritti televisivi che negli ultimi anni hanno segnato una flessione, tanto che il surplus attuale è inferiore ai livelli del 1994. I critici del club vorrebbero allora che Wimbledon sviluppasse altre fonti di entrata, come hanno fatto manifestazioni analoghe. Per esempio l’Open degli Stati Uniti l’anno scorso ha incassato 50 milioni di dollari solo di sponsorizzazioni. Una cifra che si ritiene sia superiore di quasi cinque volte rispetto a quella che Wimbledon riceve da quelli che chiama i suoi 14 "fornitori ufficiali". Fra questi, c’è la Slazenger, che fornisce le palle dal 1902. Nessuno di loro ha il diritto di mettere in mostra il proprio nome sul campo centrale, fatta eccezione, noblesse oblige, per la Rolex. Né il torneo ha uno sponsor principale. A queste obiezioni da Wimbledon rispondono che in questo modo salvaguardano la "sacralità"del tempio del tennis ed evitano di offrire un’immagine troppo commerciale. Su quest’ultimo punto concordano alcuni esperti del settore del lusso che osservano come per le griffe di alta gamma, alle quali senza dubbio Wimbledon appartiene, sia un difficile esercizio allargare gli introiti senza inflazionare il marchio. Altra area secondo i critici sottoutilizzata (basta pensare a quello che le squadre di calcio hanno fatto con le magliette con il nome di un David Beckham) è quella del merchandising che sfrutti di più la produzione su licenza di abbigliamento sportivo, ma anche di ogni genere di altri prodotti, dalle cioccolate agli occhiali, con il famoso logo delle due racchette incrociate in campo verde e viola, i colori dell’All England Club. Si sa che il mercato principale di questi articoli è il Giappone, ma anche in questo caso il club non diffonde cifre. L’aspetto più curioso delle finanze di Wimbledon sono tuttavia le debentures, obbligazioni che non a caso sono state architettate in una capitale dell’innovazione finanziaria come Londra, usate per finanziare investimenti in conto capitale, di solito grandi lavori, e introdotte per la prima volta nel 1920. Le debentures, che vengono occasionalmente scambiate (quotazioni sul Financial Times ogni primo sabato del mese) non pagano interessi, ma danno diritto a un bene assai più prezioso, biglietti per i due campi più importanti per ogni giorno di gare. Così preziosi che se ne era sviluppato un fenomenale mercato nero. Al quale il club ha risposto qualche anno fa con un suo "mercato bianco", riacquistando dagli obbligazionisti i biglietti non voluti e cedendoli a sua volta, spesso a operatori di pacchetti di corporate hospitality. L’emissione più recente di debentures, annunciata nell’aprile dello scorso anno, fornirà 46 milioni di sterline a lavori programmati nel prossimo quinquennio, fra cui la costruzione di un tetto mobile per il campo centrale per consentire il gioco anche durante le frequenti piogge di questa stagione. I cultori della tradizione hanno arricciato il naso, sostenendo che parte dello charme di Wimbledon sono anche le interruzioni per pioggia. Di certo, non c’è niente di più inglese. Salvo le fragole con panna. ALESSANDRO MERLI IL MITICO FRED PERRY Sono passati quasi 70 anni dall’ultima vittoria di un tennista inglese a Wimbledon. Fred Perry (nella foto), classe 1909, fu campione dal 1934 al 1936. Una sua statua, racchetta in pugno, accoglie i visitatori all’ingresso del club. Ma Fred Perry è oggi per molti soprattutto un marchio di abbigliamento sportivo, cui il campione diede vita nei primi anni 50, sull’esempio di uno dei "quattro moschettieri" francesi degli anni 20, René Lacoste, che aveva avviato la produzione delle famose magliette nel 1933, usando come simbolo un coccodrillo. In Italia, un tennista non di pari grandezza, ma di altrettanto successo nell’abbigliamento è stato Sergio Tacchini, che insieme ad altri marchi italiani ha dominato la sponsorizzazione dei più grandi campioni negli anni 70 e inizio 80, prima che il ruolo dominante venisse assunto dai colossi del settore come Nike e Adidas con i loro enormi budget pubblicitari. NEL REGNO DELLA BBC ENTRA SKY Le fortune finanziarie del tennis, come quelle di molti altri sport, a partire dal calcio, sono balzate alle stelle con il boom dei diritti televisivi. In Gran Bretagna, Wimbledon è considerata uno di quegli eventi sportivi di interesse nazionale, come la finale della Coppa d’Inghilterra di football o il Sei nazioni di rugby, che, per legge, possono essere trasmessi solo "in chiaro". il regno incontrastato della Bbc. La tecnologia sta rivoluzionando la presentazione del tennis al pubblico televisivo. Per trasmettere Wimbledon quest’anno, Sky Sport, del gruppo Murdoch (nella foto Rupert Murdoch), che ha diritti per l’Italia, ha mobilitato un’armata di una cinquantina di persone e, grazie all’interattività, trasmette sette incontri in contemporanea, che lo spettatore può vedersi suddividendo lo schermo o saltando da un match all’altro. Parte essenziale dello show gli imperdibili commenti di Gianni Clerici, giornalista-scrittore e storico del tennis, e Rino Tommasi, re delle statistiche. LA RIVINCITA "ROSA" Da sempre considerato il fratello minore di quello maschile (tanto che Wimbledon tuttora paga alle tenniste un montepremi inferiore a quello dei loro colleghi), il tennis femminile si sta prendendo ultimamente molte rivincite. Grazie anche alla fioritura negli anni 90 di giocatrici telegeniche, come Anna Kournikova e le sorelle Williams e soprattutto la campionessa 2004 di Wimbledon, la pin up russa Maria Sharapova (nella foto), che quest’anno ha già vinto premi per oltre 800mila dollari, ma ha contratti di sponsorizzazione per un valore complessivo che si calcola superi i 23 milioni di dollari. Il tennis femminile, insomma, è sexy, nel senso letterale della parola e per gli esperti di marketing. Al rilancio dei tornei femminili, sotto l’egida della Women’s Tennis Association, ha contribuito il suo chief executive Larry Scott. La gestione del tennis "rosa" è ora oggetto di un caso di studio alla Harvard Business School. LE DATE 1868 Nasce l’All England Croquet Club. L’anno dopo viene preso in affitto triennale un terreno di quattro acri a Wimbledon. 1875 Nel club si gioca per la prima volta a "lawn tennis". L’anno successivo il circolo viene ribattezzato All England Lawn Tennis and Croquet Club. Si gioca il primo torneo. Vincitore Spencer Gore. In premio riceve 12 ghinee e una coppa d’argento. 1887 Il primo torneo femminile. Lo vince la quindicenne Lottie Dod. 1922 Il club si sposta nell’attuale area di Church Road a Wimbledon. Viene costruito il campo centrale. 1929 Diventa presidente il Duca di Kent. Il club è tuttora presieduto dall’attuale Duca di Kent. 1933 Per la prima volta un tennista, Bunny Austin, si presenta in pantaloni corti sul campo centrale. 1940 Una bomba della Luftwaffe centra in pieno il tetto del campo centrale. Dopo la guerra, il torneo riprenderà subito nonostante in Gran Bretagna continui il razionamento di tutto. 1968 "The Championships" vengono aperti anche ai giocatori professionisti. Vince il leggendario campione australiano Rod Laver. Per la prima volta le partite vengono trasmesse in tv a colori. 1975 Viene eretta dentro il circolo, durante il torneo, una tenda dei bookmaker William Hill. 1977  il torneo del centenario e ultima apparizione della regina Elisabetta nel Royal Box. anche l’anno dell’ultima vittoria inglese, con Virginia Wade, nel singolo femminile. Per la prima volta al ruolo di raccattapalle vengono ammesse anche le ragazzine. 1997 Si inaugura il monumentale campo numero 1. Negli anni successivi l’attività di costruzione a Wimbledon continua senza soste, soprattutto per fornire nuove aree commerciali. Alessandro Merli