Corriere della Sera, 1/7/2005; Macchina del Tempo ottobre 2004, 1 luglio 2005
Vanity Fair, giovedì 12 maggio Cara Mina, sono uno tuo fan e ti dico, senza tanti giri di parole, che mi piacerebbe assistere a un tuo concerto
Vanity Fair, giovedì 12 maggio Cara Mina, sono uno tuo fan e ti dico, senza tanti giri di parole, che mi piacerebbe assistere a un tuo concerto. Coltivo da sempre questo desiderio e ritengo veramente fortunato chi ha potuto vederti cantare dal vivo. Ormai troppi anni fa. Chissà se qualche volta ci pensi, anche solo come ipotesi teorica, a tornare davanti al tuo pubblico. Se rifletti, così, per gioco, al luogo che sceglieresti, al repertorio, all’abito, al trucco, all’orchestra, a come entrare in scena, alla prima canzone da cantare. Solo questa domanda: non vuoi illudermi soltanto per un po’ Calogero (Lillo) Infantolino Farò uno sforzo per illuderti un po’. Grande orchestra schierata a semicerchio. A sinistra: 24 violini, 12 viole, 12 celli, 4 bassi con arco. A destra: piano, basso elettrico, 4 chitarre, batteria e percussioni. Ah, dimenticavo il coro. Due uomini e due donne, direi. Entro in smoking, travestita da Frank Sinatra, con le sue corde vocali, la sua precisione musicale e linguistica e canto, canto a perdifiato e a perdicuore. Nella platea di un teatro non troppo grande di Las Vegas o di Milano soltanto tu sei seduto ad ascoltarmi e, per tanto che tu ti esalti, la standing ovation che mi dedichi è abbastanza discreta, poco fragorosa. Così non mi spavento e posso eseguire tutto un concerto fatto di note persino dentro le consonanti, di swing naturalissimo, di perfezione quasi involontaria. Introduco ospiti d’onore come Elvis, Ella, Gardel. Non male. Che ne pensi? Mi diverto anche a concedere bis. Piccolo sogno per te, piccolo incubo per me. Per adesso non posso fare di più. Ciao, Lillo. Mina