Anna Guaita, Il Messaggero, 04/06/2005, 4 giugno 2005
Fenomeno Wrestling, Il Messaggero, 04/06/2005 Erano gli anni m cui Schwarzenegger ci regalava Conan, e Stallone rispondeva con Rambo
Fenomeno Wrestling, Il Messaggero, 04/06/2005 Erano gli anni m cui Schwarzenegger ci regalava Conan, e Stallone rispondeva con Rambo. Gli anni del metal rock degli Iron Maiden e dei Guns N’Roses. Anni in cui le donne giravano con spalline tanto imbottite da sembrare giocatrici di rugby. In cui Madonna si vantava di essere una material girl, e un presidente dal passato di attore cinematografico ammaliava il pubblico con le sue solari promesse di ricchezza. Anni teatrali ed enfatici. Anni in cui nasceva la televisione via cavo. E con essa prendeva forma un nuovo fenomeno a metà fra il circo e la sceneggiata, il professional wrestling. Se il fenomeno pretende di conquistare oggi anche il pubblico italiano, qua negli Usa è già vecchio di più di due decenni. Furono quei lontani anni Ottanta a vederlo trasformarsi da fenomeno da baraccone a successo popolare dirompente, con perplessa curiosità e non poca ansia da parte di educatori, sociologi e genitori. Da quando la tv via cavo stilò i primi contratti milionari con quella che era allora la World Wrestling Federation, lo sport ha attraversato varie fasi, la prima e più importante delle quali è stata di perdere appunto il titolo di ”sport”. Gli americani definiscono oramai apertamente il pro-wrestling ”perfomance entertainment”, cioè spettacolo di intrattenimento. Tutti sanno che è un balletto simulato, un miscuglio di acrobazie o recitazione iperbolica. Fra gli "interpreti" sul ring e il pubblico esiste una complicità riconosciuta. Il pubblico sa che non è un vero combattimento e che le faide che dividono ferocemente i lottatori sono inventate. E i combattenti sanno che il pubblico sa , ma strillano fino a farsi gonfiare le vene del collo per offrire uno spettacolo convincente. Il fatto che tutto sia simulato non significa, necessariamente che, sia indolore: gli interpreti della lotta si mettono spesso d’accordo prima su quali colpi e quali gesti compiere, e spesso si decide prima chi vincerà l’incontro, ma poi sul ring uomini di quella stazza possono anche farsi male. Nei tanti anni dacché i loro volti maleficamente truccati e i loro muscoli gonfiati dagli steroidi hanno invaso i canali tv, ci sono stati anche tanti feriti, e anche alcuni morti. L’ultimo incidente fatale risale a due ad appena due giorni fa, in Massachusetts, dove un ”combattente”di ventidue anni ha tentato un tuffo fuori dal ring, ed è atterrato sulla testa, morendo sul colpo. Ben otto milioni di case seguivano in tv negli anni Ottanta e Novanta l’appuntamento della Wrestlemania, il programma gestito dall’onnipotente Vince McMahon, e migliaia affollavano i palazzetti dello sport per vedere quelle masse di muscoli cozzare l’uno contro l’altro e gridarsi minacce e parolacce. Per lunghi anni, il pubblico degli aficionados fu diviso fra tre federazioni: quella più violenta, aggressiva, oscena, la Extreme Championship Wrestling, quella più moderata e ”a misura di famiglia”, la World Championship Wrestling; e quella più ”centrista”, la World Wrestling Federation. Quest’ultima ha fagocitato le due concorrenti, ma ha dovuto cambiare nome in World Wrestling Entertaiment, perché l’organizzazione ambientalista World Wildlife Fund avocava a sé il diritto esclusivo delle tre iniziali WWF. Dal 1999, il pro wrestling ha subito una frenata: le case che lo seguono sono scese a mala pena a 4 milioni. E tuttavia lo zoccolo duro degli appassionati non ha mai gettato la spugna. Anzi, il pro-wrestling si è stabilizzato in una nicchia che nessuno gli può strappare. Ma proprio perché è diventato uno spettacolo di nicchia, è diventato anche più violento e osceno. La tradizione della Extreme Championship è quella che domina, e che vedrà un rilancio questo mese con due spettacoli che riuniranno i ”grandi” di quello stile. Oscenità, razzismo, sessismo, atti estremi, tutto fa brodo. Ma per fortuna i bambini non chiedono più nei negozi di giocattoli i pupazzi con le fattezze dei finti gladiatori: i genitori hanno finalmente capito l’antifona e hanno messo il lucchetto ai canali che lo trasmettono. Anna Guaita