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 2005  giugno 19 Domenica calendario

Se l’uomo venga dall’Africa o da molti posti insieme (specie la Cina) Nazionalismo cinese, Sole 24 ore, 19/06/2005 Si tratta di avvenimenti vecchi di milioni di anni ma la questione, per alcuni almeno, è di scottante attualità, e riguarda nientemeno che le origini della razza umana

Se l’uomo venga dall’Africa o da molti posti insieme (specie la Cina) Nazionalismo cinese, Sole 24 ore, 19/06/2005 Si tratta di avvenimenti vecchi di milioni di anni ma la questione, per alcuni almeno, è di scottante attualità, e riguarda nientemeno che le origini della razza umana. Quasi tutti gli studiosi sono concordi nel dire che la razza umana è nata in Africa, e che da lì si è poi spostata verso i "quattro angoli" del pianeta. Secondo alcuni, aderenti alla teoria chiamata comunemente out of Africa, lo spostamento sarebbe avvenuto in modo alquanto lineare, un moto senza ripensamenti che avrebbe portato i nostri antenati a popolare il globo, dapprima concentrandosi nelle regioni limitrofe al l’Africa e spingendosi poi sempre oltre. A questa visione dei fatti si contrappone la teoria detta del "multiregionalismo", secondo la quale le ondate migratorie sarebbero state svariate, un processo continuo con un continuo flusso genico, che avrebbe portato i vari nuclei umani a svilupparsi in modo parallelo in regioni diverse. Questa seconda teoria sta conquistandosi maggiori favori con il passare del tempo, pur in un’atmosfera di cautela, dato anche il timore di alcuni che il multiregionalismo presti il fianco all’ipotesi di una diversità umana forse più profonda e pronunciata di quanto non consegua da un lineare out of Africa. Da alcuni anni però alla teoria del "multiregionalismo" se ne affianca anche una versione estrema, proveniente questa volta dalla Cina, dove alcuni paleontologi cercano di dimostrare che l’umanità discenderebbe non solo da vari tipi di homo erectus usciti dall’Africa e sviluppatisi in modi leggermente diversi a seconda dei luoghi e dei flussi genici, ma perfino da protoscimmie differenti, il che servirebbe a dimostrare in maniera definitiva che i vari gruppi umani sono simili sì, ma non troppo. Si tratta di una teoria considerata balzana dai più, ma che trova molto riscontro laddove il nuovo nazionalismo cinese ha consentito un impiantarsi di teorie marcatamente razziste, che vedono "i cinesi" descritti via via come l’apice dello sviluppo umano, o il prodotto di un’evoluzione parallela, e non uguale, a quella degli "altri". A poco o nulla sono valse le clamorose smentite su riviste accademiche di prestigio, dentro e fuori dal Paese: a ogni fossile, pezzo di mascella, o scheggia di osso di caviglia che venga scavato nelle vastità cinesi, ecco che qualcuno cerca di dimostrare che si tratta sì di un pezzo di molare o un frammento di femore, ma del tutto diverso da quelli rinvenuti in Etiopia o in Algeria; e, dato significativo, i finanziamenti istituzionali per indagare in questo campo fin’ora non sono venuti a mancare. Provare l’esistenza di reali differenze su frammenti o crani di antenati anatomicamente moderni e riconoscibili come "umani" comporta difficoltà notevoli, motivo per cui la ricerca si è spostata ora nel campo ancor più misterioso degli antichi primati. Infatti, se i primi resti umani rinvenuti fissano la nostra comparsa sulla terra a non meno di 195mila anni fa (stando alla nuova datazione degli ultimi fossili scavati in Etiopia), i primati da cui discenderemmo tutti noi risalgono a più di 35 milioni di anni. L’anno scorso, delle scoperte cinesi avrebbero spostato la comparsa di questi primati a 45 milioni di anni fa, con il ritrovamento di fossili di una specie che è stata chiamata "scimmia cinese dell’alba" (Eosimias sinensis) che non solo precedeva la specie di primati trovata in Egitto (l’Aegiptopithecus, di 33 milioni di anni fa, rinvenuto nei pressi di Fayum nel 1965) ma sarebbe coeva, e forse più anziana di quella algerina (Algeripithecu, di 45 milioni di anni fa). Da lì a dire che l’umanità si sia sviluppata per linee parallele, chi dall’eosimia, chi da un aegiptopithecus, il passo, per alcuni studiosi, è breve. Il presunto ritrovamento dell’eosimia nei pressi di Shanghai, poi, è stato fatto dal paleontologo Chris Beard, del Carnegie Museum of Natural Sciences di Pittsburgh, il quale però non è ancora riuscito a persuadere l’intera comunità scientifica che i resti di eosimia siano di primati a tutti gli effetti, e tanto meno a provare che questi ultimi abbiano avuto una origine non africana. Beard e le altre squadre cinesi che procedono su simili linee di investigazione sono pronti a postulare che siano stati questi nostri protoantenati cinesi a recarsi in Africa, da dove ne sarebbero poi ri-usciti, per popolare il mondo: se proprio dovessimo essere tutti simili, sembrano dire questi studiosi, che almeno non si sia tutti africani, dunque, ma almeno un pochino tutti cinesi, o se non altro, tutti asiatici. Ma che l’eosimia sia un vero antropoide è per il momento solo fonte di accesa disputa fra eminenti paleontologi: secondo un articolo comparso lo scorso anno su "The New Scientist", dopo diversi mesi di studio un gruppo di specialisti americani è tornato dalla Birmania stabilendo che gli antropoidi asiatici sarebbero arrivati nel continente circa 25 milioni di anni fa, che si tratta di "prosimians" e non di primati pienamente sviluppati, ribadendo che l’albero evolutivo dell’intera razza umana ha le radici ben piantate in Africa. Non solo: la morfologia terrestre, al l’epoca, prevedeva masse d’acqua tali che da permettere a queste scimmie, o protoscimmie che fossero, di avventurarsi dall’Asia all’Africa. Ma riportando tutto questo ai giorni nostri, è facile vedere l’inquietante nesso nazionalista delle ricerche portate avanti nella notte dei millenni. Le recenti manifestazioni anti-giapponesi e xenofobe che si sono avute in Cina in varie occasioni sono un esempio concreto di quell’intolleranza razziale diffusa nel Paese, motivo per il quale molti paleontologi cinesi guardano con inquietudine ai loro colleghi pronti a tutto per dimostrare che la Cina sia popolata da gente "diversa dagli altri". Ma nulla è risolto. Mentre Zheng Shaohua, di un gruppo di ricerca del l’Accademia delle Scienze Cinese, sta studiando i resti dell’Uomo di Changyang, che daterebbe a 200mila anni fa, l’agenzia di stampa Nuova Cina ha riportato che il Paese si è unito a un progetto paleontologico internazionale, che prevede di stendere una mappa del Dna di 100mila persone provenienti dall’intero pianeta, per poter determinare l’esistenza di un’origine comune. Secondo quanto dichiarato dal professor Li Hui, dell’Università Fudan di Shanghai, i risultati ottenuti fin adesso da campioni di Dna prelevati da diversi gruppi etnici cinesi "stabiliscono che gli antenati cinesi sono partiti circa 50mila anni fa dalla regione nord-est del continente africano, hanno attraversato il Medio Oriente, l’Asia del Sud e il Sud-Est asiatico, e si sono insediati in Cina circa 30mila anni fa". Una dichiarazione che proviene da un’istituzione molto prestigiosa, e una notizia diffusa dal principale organo di informazione del Paese, che potrebbe far pensare, a prima vista, che il dipartimento di Propaganda abbia deciso di mettere da parte la teoria multiregionale estrema, e accettare quella dei comuni antenati africani, accantonando la politica. Eppure, il lancio di Nuova Cina prosegue così: "Gli antenati dei cinesi si sono poi evoluti, nel corso di migliaia di anni, in 56 gruppi etnici (il numero "ufficiale" delle diverse etnie abitanti in Cina, contestato da antropologi e organizzazioni di difesa dei diritti umani), e gli ultimi a separarsi dal ceppo comune sono stati gli Han (gruppo cinese maggioritario) e i Tibetani, che sono dunque i più vicini per legami di sangue". Dando così alla paleontologia e alla genetica il compito di giustificare l’invasione cinese del plateau tibetano. Ilaria Maria Sala