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 2005  giugno 20 Lunedì calendario

Torneo Wimbledon, La Repubblica, 20/06/2005 LONDRA - Sono qui in canottiera, di fronte a Church Road, la strada che dalla chiesa di Saint Mary conduce alle Doherty Gates, i cancelli d´ingresso allo All England Lawn Tennis and Croquet Club

Torneo Wimbledon, La Repubblica, 20/06/2005 LONDRA - Sono qui in canottiera, di fronte a Church Road, la strada che dalla chiesa di Saint Mary conduce alle Doherty Gates, i cancelli d´ingresso allo All England Lawn Tennis and Croquet Club. Sto a scrivere sulla veranda del cottage che da anni mi affitta una vecchia signora, Dolly, che si sposta in casa di sua figlia, e con i proventi dell´alloggio fa un viaggio a Lourdes: non tutti i gusti sono alla vaniglia, diciamo a Milano. Di fronte a me transitano sciami di inglesi a torso nudo, sommersi dall´improvvisa calura estiva, trenta gradi, che qui corrisponde a circa duecento nella nostra Sicilia. Aggiungo che anche le ragazze transitano discinte, ed è un bel vedere, se me lo consente il club di ex-sessantottine non pentite che ha da poco inviato una lettera furibonda al mio direttore, per le mie volgari connotazioni maschiliste: speriamo non mi licenzino. Il pavimento della mia stanzetta è sommerso di giornali. La prima pagina del Times non fa differenza con quelle dei tabloid: è il tennis la star di questo week-end, anche se il bacio di Camilla al giocatore di polo Charles, sapientemente accoppiato a consimile immagine della fu Diana, tenta una vana, ancorché scoraggiante, concorrenza. Ma parliamo di tennis, e , per non esser da meno con i colleghi (?) locali, parliamo di Federer e della Sharapova. Mi sembra di poter dire che, mi fosse accaduto di divenir celebre quanto loro, avrei, quantomeno, dormito male. Se devo credere ai giornali di qui, i due poveracci son stati intervistati da tutti, per un totale di ventiquattrore. Federer l´ho anche visto di persona, ieri sera, alla festa della ATP (Associazione Tennisti Professionisti), nella rumorosa sede dello Hard Rock Cafè, dove ero stato misteriosamente invitato. «L´hai toccato ?» mi ha detto una splendida ragazza, una collega della Bbc. «Darei un anno di vita, per farmelo». Lo ammetto. Avrei potuto sfiorarlo, ma non mi sono spinto a tanto. Mi sono limitato ad ascoltarlo chiacchierare, Roger, dell´esperienza che aveva avuto ad Hampton Court, sede, oltreché reale, di un campo di real tennis sul quale si esibiva, spesso con successo, Enrico XIII, il tipo che prese la decisione, presso di noi ancora prematura, di emanciparsi dal Papa. Per chi non abbia avuto accesso ai tre chili e mezzo di 500 Anni di Tennis, libro fondamentale, ricorderò che il tennis esisteva dal quattordicesimo secolo, sotto varie denominazioni quali Gioco di Rachetta, Jeu de Paume e appunto, Real Tennis. Gioco praticato soprattutto dagli aristocratici, o dai monaci, che, a modo loro, non erano da meno. Questo Real Tennis è sopravvissuto, soprattutto nei paesi anglosassoni e in Francia, e un orologiaio, sponsor di Federer, ha avuto l´alzata di condurre il campione sul campo del fu Enrico XIII. Ordunque, Federer ha impugnato la vecchia racchetta in legno, ha colpito la palla di carta compressa, priva di pressione, e immediatamente, senza che nessuno gli desse il minimo suggerimento, ha fatto scorrere la battuta - dal basso - lungo il tettuccio laterale che fa parte della struttura del court. Il professionista che gli faceva da spalla, e il pubblico presente, hanno trattenuto il respiro, prima di lasciarsi andare ad un applauso. Quanto a me, non sono sorpreso più di tanto. Convinto adepto della metempsicosi, penso che il nome del nuovo campione sia del tutto accessorio alla presenza di un´animula venuta a visitarlo, al momento della nascita . E non mi stupirei se quel che chiamiamo Federer non fosse anche Antony Wilding o Big Bill Tilden. Ciò detto, mi par giusto aggiungere una sua dichiarazione. «Lo scorso anno non ero del tutto a mio agio per l´impegno di difendere il mio secondo titolo. Mi pare di aver dimostrato che lo meritavo. E dunque, quest´anno, mi accingo all´impresa molto più fiducioso e sereno di quanto non sia mai stato». Quanto alla Sharapova, l´ho ammirata non meno bella del solito, non meno elegante del solito con due fili di spalline che sottolineavano la sublime rotondità delle spalle e facevano da immaginaria freccia verso i suoi boccioli in fiore. Anche a lei i cronisti han rivolto le tradizionali domande del catechismo locale. Volevano tutti sapere come si sentisse di fronte alla nuova ordalia, se si ritenesse di nuovo pronta a vincere, se fosse emozionata. Con la tradizionale discrezione nessuno le ha chiesto che cosa pensasse del bacio del principe Carlo dopo il match di polo. Molto più paziente che sul campo, trattenendo certo nel profondo uno di quei suoi gemiti irresistibili, Maria ha fatto sapere che difendere un simile titolo è molto più difficile che conquistarlo. Annotato ciò, i cronisti locali si sono allontanati soddisfatti, per riempire le loro pagine. Gianni Clerici