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 2005  giugno 20 Lunedì calendario

La lira superstar nell´asta record delle banconote, La Repubblica, 20 giugno 2005 Nella città dove ogni giorno vengono in rumoroso pellegrinaggio quelli che ancora – dopo 28 anni – non vogliono credere che Elvis Presley sia morto sul serio, il silenzioso raduno di un migliaio di austeri businessman in grigio, pensionati con la camicia hawaiana deformata dal portafoglio gonfio ed ex yuppies della East Coast che devono ancora pagare il loro debito con il dio denaro ha celebrato ieri notte la rinascita di una moneta che noi abbiamo già seppellito: la lira italiana

La lira superstar nell´asta record delle banconote, La Repubblica, 20 giugno 2005 Nella città dove ogni giorno vengono in rumoroso pellegrinaggio quelli che ancora – dopo 28 anni – non vogliono credere che Elvis Presley sia morto sul serio, il silenzioso raduno di un migliaio di austeri businessman in grigio, pensionati con la camicia hawaiana deformata dal portafoglio gonfio ed ex yuppies della East Coast che devono ancora pagare il loro debito con il dio denaro ha celebrato ieri notte la rinascita di una moneta che noi abbiamo già seppellito: la lira italiana. Una rinascita virtuale, certo, che non ha nulla a che fare con le nostalgie populiste dei nostri leghisti, eppure – come dire? – assai concreta: al particolarissimo cambio numismatico di Memphis, Tennessee, dove da trent´anni l´International Bank Note Society riunisce a giugno i numismatici di tutto il mondo, una banconota da mille lire valeva ieri molto, molto di più dell´ultima quotazione ufficiale. Per l´esattezza, 58 mila dollari. Non una banconota qualunque, però, ma una delle più rare che si siano mai viste: un biglietto emesso nel 1872 - due anni dopo la breccia di Porta Pia - dalla Banca Nazionale nel Regno d´Italia. Naturalmente sono stati i biglietti americani a segnare ancora una volta la cifra-record dell´asta della cartamoneta (le prove di stampa delle banconote della Miners Bank di San Francisco, 1849, sono state battute a 69 mila dollari), ma nella sconfinata East Hall del "Cook Convention Center" la lira italiana - la traballante liretta tante volte umiliata dal superdollaro - s´è presa la sua rivincita postuma: è stata la più ricercata e la più strapagata di tutte le valute mondiali. Ha stracciato il marco, ha surclassato lo yen, ha sorpassato la sterlina. Lire, lire, lire, tutti chiedevano lire. "Ormai trovare le banconote italiane è diventata un´impresa" confessava sconsolato Joel Shafer, direttore di una delle più importanti case d´asta specializzate in cartamoneta, la "Lyn Knight". Dopo appena un´ora e mezza di caccia alla lira, nei sei corridoi traboccanti di banconote di ogni paese, di ogni epoca e di ogni valore non si trovava più neanche un Michelangelo, un Leonardo o un Manzoni (le 10 mila, le 50 mila e le 100 mila lire degli anni Sessanta, le monete del boom). Numismatici della California, del Texas o del Missouri, speculatori arrivati dall´Olanda, dall´Egitto o dalla Spagna, collezionisti di ogni latitudine sembravano contagiati tutti da una misteriosa febbre italiana, tardivo sintomo di un virus che - purtroppo per noi - fino al 2002 non contagiò mai nessuno nella zona cambi del New York Stock Exchange. Oggi, invece, il misterioso collezionista che si è aggiudicato un biglietto da 1000 lire delle Regie Finanze di Torino - uno dei due o tre esemplari conosciuti - ha sborsato senza battere ciglio 18 mila 500 dollari. Certo, si porterà a casa un pezzo di storia: quella banconota, emessa da Carlo Emanuele III di Savoia per far fronte ai costi della guerra contro francesi e spagnoli, all´epoca valeva assai di più: con tremila lire si poteva comprare un chilo d´oro, un palazzo di due piani o un podere di quaranta ettari. Ma soprattutto, era la prima cartamoneta in lire. Pochi lo videro, dato il suo elevatissimo valore nominale, eppure quel biglietto segnò una tappa importante nella pittoresca storia della moneta italiana. Una storia che comincia da Carlo Magno. Fu lui a battezzare "libra" la misura d´argento per coniare 240 denari: 410 grammi d´argento, abbastanza per comprarci una schiava, o un bosco. Ci vollero più di mille anni, però, prima che la lira diventasse la moneta nazionale - con l´unità d´Italia - mandando definitivamente in pensione soldi, denari, doppie, scudi, ducati, reali, grossi, zecchini, carlini, talleri, cagliaresi, tornesi, grana, piastre, tarì e baiocchi. E dopo il 1860 bisognò aspettare altri 66 anni, perché l´emissione di banconote fosse concentrata nella sola Banca d´Italia. Fino ad allora anche il Banco di Sicilia e il Banco di Napoli mantennero il privilegio di battere moneta, come testimonia il rarissimo biglietto del Banco di Napoli - 100 lire del 1868 - aggiudicato a Memphis per 18 mila dollari (occhio alla data, però: le banconote del ’900 dello stesso Banco si potevano comprare anche con 50 dollari, a patto di chiudere un occhio su strappi, pieghe e scritte). Con un biglietto come quello, all´epoca, si pagava lo stipendio di un impiegato comunale. Una volta abituatici alla lira, abbiamo voluto anche esportarla. Le banconote del 1938 stampate con colori diversi e con la dicitura "emissione speciale per l´Africa Orientale Italiana" ci ricordano la presunzione imperiale del fascismo di imporre la nostra moneta in Etiopia, in Eritrea e in Somalia. In compenso, i biglietti in lire emessi dagli inglesi in Libia nel 1943 come "Military Authority in Tripolitania" dopo la ritirata italiana sono la prova evidente che l´operazione era riuscita, visto che i libici si erano così abituati alle lire da ribellarsi massicciamente al tentativo britannico di imporre i loro pence, i loro scellini e i loro pound, così difficili da calcolare per chi si era abituato al sistema decimale. Quei biglietti rifiutati a Tripoli ce li siamo poi ritrovati in casa nostra, e abbiamo dovuto imparare a riconoscerli e a farci di conto, dopo lo sbarco in Sicilia: per poco più di un mese, nell´isola occupata dalle truppe alleate, le banconote della "British Military Authority" affiancarono, insieme ai dollari americani col sigillo giallo, le lire italiane (sulle quali ancora figurava il fascio littorio). Il passo successivo furono le "AM-Lire", stampate dagli americani apposta per l´Italia (avrebbero usato la stessa carta per le monete d´occupazione in Francia, in Germania e in Giappone). Proprio uno di questi biglietti - un 1000 Lire del 1943 di una rara serie sostitutiva - è stato battuto all´asta di Memphis per 3500 dollari, alla fine di un interminabile duello tra un banchiere di Boston e un collezionista di New York. Ma alla fine della Seconda Guerra Mondiale il progetto degli americani era più ambizioso, come ha rivelato qualche anno fa il principale studioso italiano di cartamoneta, Guido Crapanzano, ex presidente dell´International Bank Note Society: il loro obiettivo era quello di dar vita a una lira assolutamente simile al dollaro. Al posto di George Washington ci misero Giuseppe Garibaldi, poi fecero approvare in fretta i bozzetti agli italiani e li mandarono all´American Bank Note Company (la più grande fabbrica di cartamoneta di tutti i tempi). Solo la tenace e abilissima resistenza passiva della Banca d´Italia riuscì a evitare che l´operazione andasse in porto, e alla fine gli americani si arresero, restituendo all´Italia ogni competenza nell´emissione della sua cartamoneta. Le tracce di quell´episodio però sono rimaste. Crapanzano ha conservato gli unici esemplari delle prove di stampa delle 500 e delle 1000 lire "modello dollaro", accanto a una coppia di quelle banconote che avrebbero dovuto essere emesse al loro posto ma fecero anch´esse una pessima fine. Quando già ne era stato stampato un buon numero, si scoprì che l´incisore Zanotti s´era portato a casa un cliché clandestino, col quale si sarebbero potuti stampare biglietti falsi assolutamente identici agli originali. Lui fu arrestato, ma il timore che ci fossero altri cliché abusivi in circolazione convinse la Banca d´Italia a mandare al macero tutte le banconote già stampate. Tutte, tranne una ventina che un tipografo salvò dalla distruzione nascondendosele nei calzini: proprio quelle che ora i collezionisti cercano. A Memphis c´era chi avrebbe pagato diecimila dollari per uno solo di quei biglietti: ma a volte, paradossalmente, i soldi sono proprio una di quelle cose che non si possono comprare (neanche con una carta di credito). Sebastiano Messina