Igor Kurukin, La Repubblica, 24/06/2005, 24 giugno 2005
1905 anno incubo della Russia zarista, La Repubblica, 24/05/2005 Il 14 giugno 1905, a bordo della corazzata di squadra della Flotta Militare del Mar Nero, scoppiò una rivolta
1905 anno incubo della Russia zarista, La Repubblica, 24/05/2005 Il 14 giugno 1905, a bordo della corazzata di squadra della Flotta Militare del Mar Nero, scoppiò una rivolta. Una delle tante vampate, questa volta di fulgore particolare, in quell´anno durissimo per la Russia. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, un peso enorme sui problemi di carattere interno, l´impreparazione e l´incapacità della società e del potere, provocarono la prima rivoluzione russa degli anni 1905-1907. Questo stereotipo, accreditato dai vecchi manuali di storia, è noto a ogni persona adulta che viva nello spazio post-sovietico. La rivolta sulla nave da guerra divenne però il simbolo dell´epoca rivoluzionaria, anche a prescindere dalla grandezza del film di Sergej Ejzenstejn. Lo spazio chiuso di una nave militare seppe sintetizzare i tanti contrasti della vecchia Russia: il peso che gravava sull´impero, il Paese povero e sottosviluppato, l´oneroso periodo di guerra e l´arbitrio del potere non contenibile da nessuna legge, o istituzione pubblica. Si evidenziò in maniera strabiliante la spaccatura socio-culturale nella società russa: in nessun Paese europeo il barin (latifondista) e il muzhik (contadino e servo della gleba) avevano convissuto per secoli, ognuno nel proprio spazio culturale separato: parlando lingue diverse (spesso differenti in senso diretto), mangiando, vestendo, comportandosi, celebrando feste e sopravvivendo a sciagure in modo del tutto diverso. La crisi pannazionale in Russia, nel 1905 così straripò. In realtà ciò non può essere inquadrato negli schemi dei manuali, in cui ogni periodo viene chiaramente delineato, ogni schieramento delle forze sociali risulta messo in perfetto ordine e, immancabilmente, guidato da una qualche dirigenza di partito. Le forze sociali agivano in modo indipendente e a stento si comprendevano reciprocamente. Le singole esplosioni sociali non avevano alcuna direzione, né obbiettivi netti e chiari. Quando si ottennero i primi successi, tutti rimasero delusi. Le autorità non capivano realmente cosa volesse dire "Costituzione", anche se furono esse stesse a donarla al popolo in versione sintetica. Ma pure la società fu insoddisfatta: considerò la vittoria raggiunta (la fine dell´autocrazia plurisecolare e la formazione di un sistema politico, anche se imperfetto, con un parlamento e con i partiti) come una sconfitta. La popolazione iniziò così a sperare di poter togliere di mezzo il potere attraverso un attacco impetuoso. In scala minore, la stessa cosa accadde sulla leggendaria corazzata. Come raccontato nel film, ai marinai sarebbe stata portata una scorta di carne marcia. Gli ufficiali della flotta, la cosiddetta élite delle Forze Armate, non si diede da fare per risolvere il problema. Il comandante della nave minacciò invece i marinai: "Se non sarete ubbidienti e se non mangerete questo borsch vi farò assaggiare un´altra pietanza: quella delle cartucce". Ciò provocò la sommossa finita con l´annientamento reciproco, crudelissimo e insensato, di entrambi le parti. La verità però è un´altra: i marinai ribelli fecero saltare i piani elaborati dai bolscevichi, decisi a organizzare un´insurrezione totale della Flotta del Mar Nero solo nell´autunno del 1905. L´inebriante leggerezza della "vittoria sui tiranni", produsse però un´inedita euforia. I marinari sperarono di far insorgere subito Odessa e tutta la Flotta. Riuscirono a oltrepassare gli schieramenti delle navi della squadra mandata per reprimerli, senza incontrare uno sparo e tra le grida entusiaste degli altri equipaggi: "Hurrà"!. Ma poi, come avveniva spesso nella maggior parte delle ribellioni contadine, la rivolta cominciò ad estinguersi. L´equipaggio di un´altra corazzata, la "San Giorgio Vincitore" che in un primo tempo si era unita alla Potemkin nella rivolta, ben presto si arrese alle autorità. La Potemkin, invece, per alcuni giorni continuò a vagare per il Mar Nero - ora verso Costanza in Romania, ora verso Feodossia - infine di nuovo verso Costanza. In fin dei conti, "l´invincibile territorio della rivoluzione", come definì Lenin la corazzata, dopo dieci giorni si era già arreso alle autorità romene. Una parte dei marinai tornarono in Russia e sempre nel 1905 furono arrestati e processati. Sia la sconfitta, che l´errore fatale, si trasformarono però in una vittoria. "Ci vuole un film sul 1905" - ordinò ai cineasti del tempo Mikhail Kalinin, "starosta dell´Unione" (capo villaggio). Il comando, suggerito da Lenin, fu eseguito in tempo, esattamente per l´anniversario. Divenne presto il modello dello spirito artistico sovietico. Dalla voluminosa sceneggiatura, intitolata Il 1905, Ejzenstejn scelse però, per entusiasmare le masse, proprio e solo l´episodio di Odessa: rese così la Potemkin immortale. Ora quell´epoca è finita e con essa sono spariti anche i suoi simboli: sia in Russia che immediatamente "oltre le frontiere". Adesso, nello spazio post sovietico, vanno di moda eroi intensamente colorati di tinte nazionali. Nel 2005 pochi ricordano così Potemkin: ma non la corrazzata, colui piuttosto a cui era dedicata e cioè il nobile principe Grigorij Potemkin-Tavriceskij, "marito" e intraprendente co-amministratore di Caterina II. Poco tempo fa, hanno visto la luce la sua corrispondenza con la zarina e una serie di biografie. In Russia le figure dei monarchi e dei loro favoriti, sembrano dunque essere richieste oggi molto più delle ribellioni popolari e degli eroi rivoluzionari: soprattutto alla luce del consolidamento della "verticale del potere" di Putin, e grazie alla recuperata tradizione con cui in Russia si concepiscono il passato e il presente. Il grande storico Vassilij Kljucevskij, lo spiegò in maniera brillante: "La Russia è una nazione kazjonnaja (dove tutto appartiene all´autorità e allo Stato ndr)". Non si può dunque cogliere, per ora, alcun segnale di gradimento verso i miti rivoluzionari: la stampa e la tivù hanno preferito ricordare la battaglia di Tsushima, altra sconfitta dello stesso 1905, anziché la grande sollevazione delle masse che già un secolo fa lottavano per un futuro migliore. Gli anni passano: ma il potere della propaganda, no. IGOR KURUKIN