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 2005  giugno 19 Domenica calendario

La Stampa, domenica 19 giugno E’ cominciata così. Il sedici settembre 1988 Giugué Krizou, nato in Costa d’Avorio quando ancora era accudita dalla mano ruvida dell’impero coloniale, ormai francese da quindici anni, impiegato, entra nel municipio di Camps-de-Marne e si presenta all’ufficio anagrafe

La Stampa, domenica 19 giugno E’ cominciata così. Il sedici settembre 1988 Giugué Krizou, nato in Costa d’Avorio quando ancora era accudita dalla mano ruvida dell’impero coloniale, ormai francese da quindici anni, impiegato, entra nel municipio di Camps-de-Marne e si presenta all’ufficio anagrafe. La pratica che intende sbrigare non è proprio di routine. Vuole infatti procedere al riconoscimento di dieci figli nati in Costa d’Avorio. Tutti in una volta. L’impiegato comincia a sguazzare tra fogli e protocolli, tra documenti con foto di madri graziose, pittoresche, con sorrisi birichini. Sì, perché le madri sono cinque. Maledicendo la esotica incombenza che turba una sbadigliosa giornata, l’impiegato sbircia un padre così dedito a tutte le connotazioni dei piaceri erotici. Krizoua all’epoca ha 39 anni, ma non sembra certo un casanova africano: tozzo, fronte alta due dita sotto un colbacco di capelli duri e brizzolati, solo gli occhi sono vivi guizzanti di ironia quando con memoria ferrea srotola senza nemmeno cercare ispirazione nelle pratiche età, concepimenti, luoghi di nascita, aggrovigliati percorsi anagrafici delle madri e dei figli. In paesi e città che all’impiegato paiono uscite dai remoti racconti di Verne. In quel mare di esotismo persino un particolare non lo turba: nove dei dieci figli non sono di Krizoua. Un romanziere avrebbe cominciato a fare domande, a scavare, a dipanare quei fili. Non si sarebbe accontentato di quei dieci nomi estirpati dal traliccio di vicende che li sorreggono, intruppati in una arida fila indiana cronologica e alfabetica. Ma ci voleva un romanziere. A un impiegato basta la legge: secondo cui chi non è il genitore naturale deve solo andare in un municipio della Repubblica e apporre una firmetta sul documento dello stato civile. E deve disporre dei mezzi per mantenerlo e garantire di accudirlo. La dichiarazione dei redditi di Krizoua è a posto: salario di 1500 euro dopo i tempi calamitosi di una indennità di disoccupazione. E il numero? La legge non ne parla, non sono problemi della Republique. Un timbro, una firma e il padre esce soddisfatto con la sua famiglia amministrativamente moltiplicata. Lo rivedranno ancora: in due anni altri sette figli riconosciuti, tutti africani, tutti non suoi. Ma è solo una incubazione. All’anagrafe di Grigny nell’Essone Krizoua diventa altrettanto popolare. Con tre figli. Ormai procede per addizioni, corre a perdifiato nei municipi della regione parigina, è una catena di montaggio: sette figli nel ’98, nove nel ’99, sedici nel duemiladue. Nessuno dubita, non ci sono cartacee bugie. E’ quanto basta. La burocrazia francese, così boriosa e napoleonica, così pronta a porre sotto sequestro ogni fremito di vita e a verbalizzarlo, ronfa, registra, non alza il sopracciglio su questo prolifico padre cartaceo, su questo scrupoloso e onesto Don Giovanni. E stata necessaria la denuncia, del vendicativo compagno di una delle tante figlie, perché Guigué Krizoua diventasse un caso: centoundici figli, quelli finora accertati, alcuni in fasce altri già sposati, una tribù biblica, un pezzo d’Africa trasferito nella regione della capitale. Adesso la burocrazia cerca di recuperare il tempo perduto: scova postumi cavilli, vuole rivedere le carte. Minaccia: di togliere la cittadinanza a tutti quei bambini o ex bambini a cui il riconoscimento ha immediatamente concesso diritti, ad esempio alla scuola gratuita. Certe imperterrite autorità sono pronte a scommettere che siamo di fronte a un astuto trafficante di regolarizzazioni. Alla personificazione,, insomma, degli incubi sventolati dal muscoloso ministro degli interni Sarkozy che distribuisce le espulsioni come pasticche. Lui si difende dicendo che la legge non lo vieta, che il suo scopo è quello di dare una vita, amministrativa, a bambini che non ha generato ma che sente come suoi. Che non vuole che altri soffrano quello che lui ha sofferto, orfano di un Africa disperata, costretto a accattonare una cittadinanza. Difficile sbrogliare bugie e innocenza. Forse sbagliamo, ma Krizoua ci sembra un astuto rivoluzionario, un vendicatore delle lividure degli eterni umiliati e offesi, del Quarto Stato degli uffici immigrazione. Punisce questa Francia che si sbandiera umanitaria ed è invece spesso così avara e meschina verso i suoi ex sudditi. Ahimè, non ha che l’inchiostro e un modulo per lottare e colpire: li usa. Eccome. Domenico Quirico