Vanity Fair 16/06/2005, Francesco Bonami, 16 giugno 2005
Come ti sgonfio. Vanity Fair 16 giugno 2005. Non è stata ancora trovata una cura per il "Botero". L’Italia è uno dei Paesi dove il contagio è molto alto
Come ti sgonfio. Vanity Fair 16 giugno 2005. Non è stata ancora trovata una cura per il "Botero". L’Italia è uno dei Paesi dove il contagio è molto alto. Molte città, molti assessori alla Cultura, sindaci e normali cittadini sono Botero positivi". Il "Botero" colpisce principalmente il senso estetico. Come lo si prenda, bene non si sa. Alcune teorie dicono che è più comune in soggetti che hanno osservato per troppo tempo le figure sgonfiate, anoressiche, i personaggi chewing-gum di Giacometti, ma non è provato. Come ci se ne liberi, anche questo è un mistero. Ogni anno in Italia si contano un numero preoccupante di casi di boterismo: a Venezia, a piazzale Roma; a Roma, a Palazzo Venezia e via di seguito. Botero è come il sesso: piace, non si capisce bene il perché, e se ne diventa schiavi. Le sue figure, non grasse ma gonfie, danno tranquillità, fanno simpatia come un tempo l’omino Michelin o il messicano del caffè Paulista. L’arte di Botero è una camera d’aria dalle mille forme. Non so se faccia ritratti su commissione, se li fa è probabile che i suoi modelli debbano fare una cura di cortisone prima di mettersi in posa nel suo studio. Detto questo sarebbe ingiusto dire che i quadri di Botero sono dipinti male, o che i suoi bronzi sono scolpiti con i piedi. Ma il punto è proprio questo: anche la scarpa più sofisticata, fatta a mano, se pensata male può fare schifo. L’arte non è fatta d’idee al servizio di uno stile, una tecnica, una bravura, ma stile, tecnica e bravura al servizio delle idee. Quando le idee sono forti, provocanti, rivoluzionarie, innovative, tutto il resto scompare. Di Botero invece ricordiamo tutto quello che si vede, ma nulla, se c’è, di quello che rappresenta. Non esiste un Botero più bello o uno più brutto, esiste solo Botero. Quando dietro un angolo ci troviamo davanti una donnona tutta nera con l’uccellino sul capezzolo o sul sedere, è come se incontrassimo un amico, un personaggio famoso come Bud Spencer, oppure un odiato nemico, come Fat Bastard di Austin Power. Forse per questo la gente si ammala di "boterismo", per la simpatia attraverso la quale la malattia si trasmette. Il "boterismo" ha anche effetti collaterali o meglio si può subire senza esserne malati. In me, ad esempio, produce forti stati depressivi. Pensare che Ferdinando Botero è considerato uno dei più grandi artisti morenti - lo siamo tutti fin dalla nascita (morenti non artisti) - da autorità e intellettuali nella stanza dei bottoni della cultura italiana fa spavento. Speriamo che il nuovo ministro dei beni e dei mali culturali, nonostante il nome che finisce in "one" (Rocco Buttiglione, ndr), non si lasci contagiare dai figuroni evitando una figuraccia. Attenzione però, Botero non è un artista superficiale, lo dimostrano le nuove 50 tele che ha finito da poco e che immortalano le sevizie e le torture di Abit Ghraib. Giustamente l’artista colombiano dice che l’arte presta poca attenzione alla guerra e agli orrori del mondo, non come ai tempi di Guernica che poi Picasso aveva trasformato in uno dei migliori strumenti per il marketing della sua firma. Forse un tempo erano gli orrori del mondo che prestavano più attenzione all’arte e quindi l’arte aveva più impatto. Oggi, fra televisione, polemiche e dibattiti, le brutture del mondo sembrano fregarsene di tutto e continuano imperterrite sulla loro strada, mentre la guerriglia delle castronerie si combatte, sbadigliando, da porta a porta. Ma il problema dei quadri impegnati di Botero è sempre lo stesso: guardandoli, immediatamente, il contenuto scompare, come un miraggio. Prima la tragedia assume un tono fumettistico da Cipputi di Altan, che non sarebbe di per sé un male, ma poi si gonfia, irrimediabilmente, nelle forme abusate, sfatte, che hanno reso questo artista famoso. Quando Goya dipingeva gli orrori della guerra, della follia e dei suoi demoni interiori, pensava a quelli e non a se stesso, non a come avrebbe potuto farsi riconoscere dietro le pennellate: oggi, guardando uno di questi capolavori, siamo ipnotizzati dalla forza della pittura e dalla profondità con la quale fa esplodere il proprio contenuto e la propria angoscia. La tragedia del ”boterismo" è che ci fa gonfiare, gonfiare, gonfiare, ma non ci fa mai scoppiare. Che cosa suggerisco per curarsi? Tre volte al giorno un Goya, a stomaco vuoto o pieno non ha importanza. Francesco Bonami