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 2005  giugno 23 Giovedì calendario

A Napoli dovrebbero mettere una tassa sui commenti: chi arriva da fuori e tenta di spiegare quel che vede, paghi

A Napoli dovrebbero mettere una tassa sui commenti: chi arriva da fuori e tenta di spiegare quel che vede, paghi. Una tassa leggera per le critiche frettolose, che vanno trattate con indulgenza: una città con un aeroporto quasi britannico, una metropolitana un po’ tedesca e strade molto mediterranee dove i motorini corrono come in un videogioco, confonde le idee. Una tassa più pesante, invece, sui complimenti: come altre città fascinose e manomesse, Napoli è vittima dal folklore consolatorio. Ogni volta che sento una milanese o un romano cinguettare in televisione « Viva Napoli e il Vesuvio! » penso agli amici napoletani furibondi. Vogliono consigli per arrivare a una città utilizzabile, non generica adulazione: che sa di cautela ipocrita, e non porta a niente. Per evitare tasse e figuracce, dico solo: nel resto d’ Italia non ci rendiamo conto di cosa sta succedendo qui a Napoli. Tredici rivolte contro la polizia in cinque mesi: l’ ultima è accaduta in città ( piazza Ottocalli), non nella periferia di Scampia. L’ assessore alla sicurezza (!), Nicola Oddati, rapinato della Renault Scenic da quattro ragazzi armati di pistola: alle dieci di sera, a Fuorigrotta, dove la gente passeggia e lecca il gelato. L’ omicidio Giuliano, qualche mese fa, è avvenuto a via Tasso, salita borghese verso il Vomero, non in qualche discarica di Casoria. Le ragazzine di buona famiglia, belle e sorridenti, giravano intorno alla macchia di sangue quando attraversavano la strada per andare a scuola. Non ci vuole un genio - basta perfino un giornalista - per capire che il cerchio si sta chiudendo: il centro di Napoli sta conoscendo i drammi delle periferie, e fra poco non ci sarà più un posto dove scappare. Anzi, uno c’ è: il sobborgo elegante, blindato, protetto. E’ la via che hanno scelto a Buenos Aires, a Rio de Janeiro, a Mosca, a Los Angeles: davanti all’ avanzata della violenza, si scappa e ci si barrica. Spero che i napoletani non cedano a questa tentazione, che è comune a molti connazionali. Le violenze sulle ragazze ( a Milano, a Bologna) non procurano solo inevitabile angoscia e battute inutili di Calderoli: prima o poi spingeranno qualcuno a pensare: « Armiamoci! Barrichiamoci! Lasciamo che i disperati, indigeni o d’ importazione, s’ ammazzino tra loro nel ghetto che avanza! » . Così hanno fatto nelle città brasiliane, nella capitale argentina o russa, e in tantemetropoli americane. Una ritirata tattica, insomma, dopo aver ceduto il territorio. Ma è una soluzione pessima e miope: il territorio non si molla. Si difende. L’ Italia non è un paese magnifico solo perché ha i dipinti di Giotto nelle chiese: piace - a noi, agli stranieri - perché funziona secondo l’ assunto di e Bay ( fatevi spiegare dai figli cos’ è): « Tutti sono buoni, fino a prova contraria » . E buoni e fiduciosi siamo davvero: anche i furbi tra di noi, davanti a una richiesta d’ aiuto per strada, sorridono e non si tirano indietro. Credete a uno che gira molto: tanti americani, molti russi, troppi argentini e parecchi brasiliani hanno smesso di sorridere. Noi sappiamo farlo, perché - per adesso - sappiamo ancora stare insieme: nelle piazze e nelle vie, nelle scuole e negli ospedali, perfino negli stadi ( deficienti permettendo). Non è socialismo; è una conquista sociale, e possiamo andarne orgogliosi. I napoletani non mollino, e noi aiutiamoli a non mollare. Perché quello che succederà qui, accadrà nel resto d’ Italia. Si vince o si perde tutti insieme. E questo, nella tragedia, è un bene. www. corriere. it/ severgnini www. beppesevergnini. com Severgnini Beppe CHIUDI