24 giugno 2005
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 27 GIUGNO 2005
Ha visto che figura ha fatto la Michelin a Indianapolis? [1]
«Non hanno fatto correre le vetture con le loro gomme perché avevano paura succedesse una tragedia. In pista sono scese solo le sei monoposto con pneumatici giapponesi Bridgestone, tra le quali le Ferrari che hanno concluso la gara al primo e al secondo posto. Dicono che negli Stati Uniti la Fomula 1 è morta. E pure per l’industria francese è una bella botta». [1]
Ma che hanno combinato? [2]
«Il risultato delle prime analisi sulle gomme incriminate fa supporre che vi sia stata una partita difettosa di uno dei materiali che compongono la struttura delle cercasse». [2]
Possibile? [3]
« possibile, certo. Ma bisogna cominciare dalle piantagioni. Dalle Plantaçoes Edouard Michelin, in Brasile, nel bel mezzo del Mato Grosso do Sul, per dirne una: diecimila ettari di alberi che formano un’incredibile foresta artificiale, quasi 4 milioni di Hevea piantate nel 1979». [3]
Gli alberi della gomma? [3]
«Bravo. Ogni albero viene inciso un giorno su quattro e produce circa 5 chili di caucciù all’anno. Ogni Hevea fornisce annualmente il materiale necessario per una gomma d’automobile, mentre ogni pneumatico per camion ha bisogno di cinque alberi. In termini di resistenza al riscaldamento, non c’è niente che sostituisca la gomma naturale». [3]
un lavoro complicato? [3]
«Altroché. Ci sono agronomi che contano con la lente di ingrandimento gli acari sulle piante, per decidere poi quali trattamenti usare. Perchè se l’Hevea non è trattata come si deve, produce lattice di scarsa qualità. E se il caucciù che se ne ricava non è all’altezza delle aspettative, la mescola delle gomme non sarà idonea. E se la mescola non è perfetta , il battistrada può risultare alterato. E se il battistrada non è efficiente gli pneumatici possono scoppiare. [3] Che una gomma possa provocare incidenti gravi lo sa chiunque guidi: uno scoppio, una foratura improvvisa, bastano per creare panico prima, perdita di controllo nell’immediato, danni di conseguenza». [4]
Vuol dire che è tutta colpa di una gomma difettosa? [4]
«Non credo. Un mese fa al Nürburgring il pilota finlandese Raikkonen, che guida una McLaren, ebbe un incidente che somigliava a una sorta di preavviso. E sulla pista americana, prima dell’incidente di Ralf Schumacher alla curva 13, un botto terrificante a 300 all’ora, la Toyota di Zonta era andata in testa coda per la rottura della ruota posteriore sinistra». [4]
Colpa della pista? [5]
«Nick Shorrock, un responsabile corse della Michelin, dice che potrebbe dipendere dalla recente rilavorazione del manto stradale, fatta con lame diamantate che hanno rigato l’asfalto. Forse questo ha avuto qualche conseguenza sul comportamento delle gomme. Non essendo possibile provare preventivamente a Indy, i problemi sono emersi nelle prime prove. [5] Secondo gli avvocati francesi è colpa soprattutto delle anomale caratteristiche del circuito. E siccome di ovali non ce ne sono altri, assicurano che dal prossimo weekend si tornerà alla regolarità». [6]
E Schumacher tornerà a perdere... [7]
«Nelle corse, da sempre, non basta essere bravi al volante per avere un grande vantaggio. La differenza tra i piloti, in termini di velocità pura, è poco significativa rispetto a cosa può dare per esempio un’aerodinamica spinta ai limiti del regolamento, se non oltre. Dopo i fatti di Indianapolis il panorama di questa stagione è un po’ più chiaro: una Renault, quella di Alonso, vola. Le due McLaren volano. La Williams è lì con i primi insieme con la Toyota. Nel buio di una notte tra un campionato e l’altro, la Renault è diventata un missile e la Ferrari una tartaruga. Il nuovo regolamento che ha introdotto la monogomma ha favorito alcune squadre e zavorrato la Ferrari». [7]
A Maranello non l’avevano previsto? [8]
«Come no. Alla presentazione della F 2005 Montezemolo si era raccomandato con quelli della Bridgestone: ”Siamo nelle vostre mani, anzi nei vostri piedi”. [8] La F2005 è una buona macchina ma qualcosa non funziona proprio in quest’ambito: le gomme pattinano, scivolano, non aderiscono adeguatamente. Risultato: cattivi tempi in qualifica, gare in salita. C’è poi un altro elemento in gioco, derivato dal nuovo regolamento». [4]
Sarebbe? [4]
«Le gomme montate il sabato per le qualifiche devono disputare anche l’intera gara. Vietato sostituire gli pneumatici. Cosa significa tutto ciò? Significa che la ricerca del limite è per forza di cose a rischio, che le condizioni sono - se così possiamo dire - più estreme del solito. Nessuno rinuncia a incrementare la prestazione anche usando pneumatici che devono sopportare carichi diversi di benzina e un numero enorme di chilometri». [4]
Insomma, per battere la Ferrari e la Bridgestone, la Michelin si è spinta troppo in là. [7]
«La Bridgestone nella progettazione è stata cauta, molto al di sotto del limite. Quelli della Michelin invece hanno realizzato gomme al limite, con carcasse superleggere e spalle sottili come palloncini. La pista americana non ha perdonato l’azzardo: la curva 13 è sopraelevata e si percorre a quasi 300 orari, la forza centrifuga è enorme per le caratteristiche dell’asfalto e la sopraelevazione. Due specifiche incompatibili con la fragilità delle gomme francesi. Chissà che faccia avranno fatto all’Atelier...». [7]
L’Atelier? [3]
«Lo chiamano così, a Clermont Ferrand, il laboratorio C2 della fabbrica di Cataroux. Tutta un’altra cosa rispetto alle catene automatizzate capaci di produrre 6000 copertoni al giorno con appena tre persone che controllano. Le gomme delle monoposto sono fatte a mano. Prima la carcassa, poi la sommità. Su macchine circolari vengono fissati i rotoli dei componenti dello pneumatico: strati tessili, strati metallici, strisce di caucciù di ogni larghezza e qualità. Attraverso leve manuali, l’operatore applica a uno a uno i diversi strati su un tamburo rotante: una pellicola di gomma perfettamente ermetica - da qui la soppressione delle camere d’aria - i rinforzi per i fianchi, lo strato della carcassa, i cerchietti... Il tutto con la preoccupazione che una bolla d’aria possa infilarsi tra i due strati». [3]
Le gomme di Formula 1 sono le più sofisticate? [3]
«No, è un titolo che spetta a quelle da rally. Ne fanno ventimila l’anno, contro le ottocentomila al giorno destinate alle vetture di serie. La Michelin è tornata in Formula 1 nel 2001. [3] All’inizio, parliamo degli anni Cinquanta, le monoposto correvano su gomme Englebert. Poi altre aziende hanno fatto la loro comparsa: Continental, Pirelli, Firestone, Dunlop e Goodyear. Dal ’98 la Bridgestone ha lavorato in regime di monopolio, fino al ritorno della Michelin. [6] Deve sapere che all’inizio, e ancora nella prima metà degli anni Settanta, capitava che una scuderia di Formula 1 cambiasse il fornitore di pneumatici durante la stagione: nel 1952 Alberto Ascari e la Ferrari vinsero il mondiale usando Englebert, Firestone e Pirelli; nel 1965 la Brm dette a Graham Hill le Goodyear e a Jackie Stewart le Dunlop, per vedere quali andavano meglio; nel 1971 a Monza la Ferrari di Jacky Ickx fece le prove con le Goodyear e il gran Premio con le Firestone; Lodovico Scarfiotti, l’ultimo italiano vincitore a Monza, nel 1966 salì sul podio indossando una tuta con logo Dunlop, ma la sua Ferrari aveva montato pneumatici Firestone». [9]
Quanto costa fare le gomme per la Formula 1? [6]
«Tanto. Bridgestone e Michelin spendono in ricerca e sviluppo oltre cinquanta milioni di euro l’anno, cui vanno aggiunti un’altra decina di milioni per la fornitura tecnica degli pneumatici e per il supporto logistico, ed altri venti per le sponsorizzazioni delle squadre. Un treno di gomme vale cinquemila euro, e sono una settantina le gomme portate in giro per i circuiti di F1. In tutto fanno, per i francesi, trentamila gomme l’anno». [6]
E perché lo fanno? [3]
«Non per i soldi, ma per la credibilità. Così le risponderebbe Pierre Dupasquier, l’uomo delle corse dei gommisti francesi. Chissà che ne penserà adesso il vecchio François Michelin...». [3]
Perché, c’è un signor Michelin? [10]
«Certo. nato nel 1926: a sei anni rimase orfano, e fu allevato dal nonno Edouard, il patron della ditta. Si è laureato in matematica e poi, nel 1951, è entrato nell’azienda di famiglia. Per due anni ha fatto l’operaio, con turni da operaio. Poi ha fatto esperienza nel settore commerciale, compiendo tra l’altro una specie di Tour de France per visitare tutti i garagisti che utilizzavano gli pneumatici di casa. Divenne il capo nel 1959, ed è restato al comando per quarant’anni, fino al 1999». [10]
Che tipo è? [11]
«Un cattolico praticante e devoto che il settimanale ”l’Express” ha soprannominato ”il patron eremita”. Il primogenito Etienne ha preso i voti sacerdotali. Combattuto tra etica e profitto, grande ammiratore di Giovanni Paolo II, François fa parte dell’Opus Dei e non manca mai al Meeting di Comunione e Liberazione. Nonostante l’azienda di famiglia fosse già una delle più grandi di Francia, durante la seconda guerra mondiale non esitò ad aiutare la Resistenza. Mandò pure due figli in Gran Bretagna per combattere sugli aerei della Royal Air Force. I tedeschi si vendicarono mandando in un campo di concentramento suo cugino Marcel, che purtroppo non tornò più a casa». [11]
Adesso chi comanda? [11]
«Il figlio Edouard, classe 1968, cattolico convinto come il padre. Ha preso il nome dal fondatore, che alla fine dell’800 fece diventare industria l’invenzione dell’ingegner Dunlop. La leggenda racconta di un ciclista britannico che si fermò davanti all’officina di Clermont Ferrand dove la famiglia Michelin già da cinquant’anni lavorava la gomma, per esempio inventando i freni silenziosi per le carrozze. Il ciclista aveva bucato la copertura delle ruote. Edouard impiegò due ore per la riparazione. L’inglese salì in bici e bucò nuovamente. ” una bella invenzione - disse - Ma funzionerà solo se sarà possibile riparare la ruota in dieci minuti”». [11]
Ed Edouard che fece? [11]
«Si mise al lavoro e sei mesi dopo produceva pneumatici riparabili esattamente in dieci minuti. Per provarlo al mondo intero organizzò una corsa. Parigi-Brest-Parigi. Gettò sul percorso una manciata di chiodi. Tutti bucarono, ma i ciclisti gommati Michelin riuscirono a ripartire dopo dieci minuti. Gli altri dopo due ore. Era il 1891. [11] Adesso si sono messi in testa di produrre pneumatici in grado di funzionare anche se forati. Ci sono già, ma quelli attulamente in commercio costano troppo. I nuovi dovrebbero essere più economici, puntano soprattutto al mercato dei fuoristrada. L’autonomia a 50 miglia orarie dovrebbe più che raddoppiare, da 50 a 120 miglia. Ma ci sono ancora dei problemi». [12]
Cioè? [12]
«Questi pneumatici vanno bene solo per auto disegnate appositamente, non possono essere sostituiti con quelli normali, possono essere riparati solo in speciali centri autorizzati. Ma alla Michelin non si spaventano. [12] Nel 1946 introdussero lo pneumatico radiale, con carcassa di metallo anziché in fibra tessile: lo inventò un Marius Mignol che era entrato in fabbrica come tipografo ma aveva presto dato prova della sua immaginazione. Questa gomma era più efficiente, consumava meno, reggeva meglio la velocità. Insomma, un prodigio. Pure troppo: siccome durava il triplo delle altre, alle vendite qualcuno prese a dire che sarebbe stata una sciagura. Alla fine l’idea passò, anche se ci vollero trent’anni per la definitiva affermazione sul mercato». [10]
Oggi Michelin è il primo produttore di pneumatici al mondo? [11]
«Diciamo di sì, anche se quel che conta non è il fatto di essere il numero 1 o il numero 2 o il numero 3. Non ha significato: se lo si calcola in cifra d’affari, dipende dal cambio tra le monete. Il vero problema è essere presenti nel maggior numero di mercati, per servire al meglio clienti e fabbricanti di auto. [13] Grazie all’acquisto di Uniroyal-Goodrich. Michelin supera gli americani della Goodyear e fronteggia, anche sul piano commerciale, l’avanzata di Bridgestone, che avendo sottratto Firestone alla Pirelli ha ottenuto un doppio vantaggio: ha marginalizzato l’azienda italiana e comincia a minacciare il primato francese. In questo contesto è arrivata la botta di Indianapolis». [11]
E adesso che succede? [7]
«Le sette squadra gommate Michelin sono convocate mercoledì prossimo a Parigi. I team McLaren, Bar, Williams, Renault, Toyota, Sauber, Red Bull saranno ascoltati dal Consiglio mondiale dello sport motoristico. Poi, da venerdì, saranno di nuovo in pista proprio in Francia, a Magny Cours. [7] Al di là delle possibili sanzioni e dei contenziosi legali, l’epilogo di Indianapolis ha rotto certi equilibri ed alleanze. Su una cosa si può scommettere: Mosley, il boss della Fia, vuole un unico fornitore di gomme. Bridgestone e Michelin non sono d’accordo, e stanno cercando appoggi nei team. Jean Todt ha già fatto sapere che alla Ferrari continueranno comunque con i giapponesi». [6]
Il monopolio varrebbe molti soldi. [4]
«Ci pensi, una gomma e basta, uguale per tutti, costruita da un unico fornitore: minori costi per i team; minori rischi per i piloti, più potere ad altri componenti. Significherebbe scegliere e promuovere un marchio, uno soltanto, a marchio regio, abbinandolo a quello della Formula 1. Il che varrebbe moltissimo per l’azienda prescelta. Capisce adesso che cosa hanno combinato i francesi in America? La corsa solitaria delle due Ferrari gommate Bridgestone offre un’immagine simbolica fortissima: l’immagine di una presa di possesso incontrastata, di una pesante ipoteca sulla Formula 1 che verrà. [4] E da lì potrebbe iniziare il sorpasso nell’intero mercato delle gomme. Che vale, tanto per capirci, un’ottantina di miliardi di euro l’anno». [11]