La Repubblica 04/06/2005, pag.1-2 Filippo Ceccarelli, 4 giugno 2005
Da radicale a papista le 2 vite di Rutelli (Ceccarelli). La Repubblica 04/06/2005. Cosa accadrebbe oggi se un gruppetto di deputati, raggiunto di soppiatto il balcone centrale di Montecitorio, ammainasse il tricolore per issare polemicamente al suo posto, in cima al pennone, la bandiera bianca e gialla del Vaticano? Ora
Da radicale a papista le 2 vite di Rutelli (Ceccarelli). La Repubblica 04/06/2005. Cosa accadrebbe oggi se un gruppetto di deputati, raggiunto di soppiatto il balcone centrale di Montecitorio, ammainasse il tricolore per issare polemicamente al suo posto, in cima al pennone, la bandiera bianca e gialla del Vaticano? Ora. Premesso che ciascuno ha il diritto non solo di dare ascolto prima di tutto alla sua coscienza, ma anche di poter cambiare le proprie idee sulle cose della vita senza doverle poi necessariamente rinnegare, ecco: il 15 gennaio del 1986 l’ allora presidente del gruppo parlamentare radicale Francesco Rutelli, insieme con altri cinque deputati del suo partito (Aglietta, Calderisi, Crivellini, Melega e Teodori), eseguì per l’ appunto quel gesto di simbolica e forse perfino giustificata provocazione contro le leggi (beni ecclesiastici e ora di religione) che attuavano il nuovo Concordato. Il vessillo della Santa Sede fece a tempo a penzolare per una decina di minuti. Sulla piazza, nel frattempo, a un comando di Sergio Stanzani, alcuni sparuti manifestanti tirarono fuori i cartelli. Si leggeva: "La Repubblica cala le braghe", "Sì allo Stato laico", "Religione di regime allo stato laido". Sembra di ricordare che un passante non fosse tanto d’ accordo con quelle scritte e con l’ ammainabandiera. Ci fu anche - se ne trova traccia sui giornali - un velocissimo e innocuo alterco con quel cittadino, forse un cattolico. Bene. Sono passati ormai quasi vent’ anni. La vita è cambiata per tutti. C’ è un altro papa e da lungo tempo i radicali hanno smesso di movimentare la vita del Parlamento. Ma nel giorno in cui Francesco Rutelli, come credente e come leader della Margherita, annuncia di volersi allineare alle disposizioni del vertice della Cei sul referendum, è arduo non lasciarsi assalire dalla suggestione di quella sua performance. E se non altro in nome di quell’ anonimo passante che non era d’ accordo, varrà qui la pena di completare il ricordo. Per cui Rutelli spiegò l’ iniziativa del balcone con la stessa risolutezza con la quale più e più volte aveva spiegato l’ ostruzionismo in aula contro quelli che i radicali definivano sprezzantemente i patti "madamensi", cioè il Concordato. E quindi: "Siamo al cedimento totale delle prerogative e della dignità dello Stato laico, sfogliato come un carciofo". E poi: "Oggi la tolleranza esige il massimo di rigore e di chiarezza contro un clericalismo che, estraneo alla coscienza della stragrande maggioranza degli italiani e degli stessi cattolici, esce trionfante in questo Parlamento". Va da sé che non si può impiccare una persona e nemmeno un uomo politico - che è e si propone come persona pubblica - a un pezzo del suo passato. Nel caso di Rutelli, oltretutto, gli anni per così dire "radicali" (1979-1989 circa) sono comunque ormai molto meno di quelli vissuti al di fuori del mondo pannelliano. Lui stesso, una volta, ha ricordato di condividere, risolutamente, un vecchio modo di dire: "Chi non è stato anarchico a vent’ anni è un fesso". Forse anarchico no, ma a quell’ età Rutelli era certamente un ribelle. E l’ avverbio "certamente" è giustificato, anzi è certificato da un’ intervista che preveggenti operatori dell’ informazione gli fecero appunto a vent’ anni (Raitre l’ ha rimessa in onda nel giugno 1995). Ma questo non toglie che molte delle cose che diceva allora a Montecitorio contro un certo furbo "revanscismo" delle gerarchie ecclesiastiche non si adattino perfettamente bene all’ odierna situazione. Anche se lui, adesso, sta dall’ altra parte. Il problema in effetti sta in quello che si diventa dopo essere stati anarchici, o ribelli, comunque anti-autoritari, e perciò in qualche misura, necessariamente anticlericali. A 25 anni Rutelli era il segretario dei radicali del Lazio, fondatore della Lsd (niente paura: si trattava della Lega Socialista per il Disarmo) e poi della Ldu, organizzazione sempre disarmista, insieme con lo scrittore Carlo Cassola. A 26 anni - era il 1980 - era già precoce e fantasioso segretario nazionale del Partito Radicale. Non c’ è nulla, tutto sommato, di cui oggi debba vergognarsi. Di quel tirocinio "massacrante" ha dato conto lui stesso nell’ autobiografia "Piazza della libertà" (Mondadori, 1996): i digiuni (un centinaio di giorni), i tavolini, le marce, i comizi, l’ obiezione di coscienza, "le nottate insopportabili di riunioni logorroiche con un barbone estroverso, "Tom povero diavolo", che dormiva nella stanza accanto, avendo fatto l’ ultima doccia un paio di mesi prima", le missioni all’ estero, i cani lupo della polizia di frontiera cecoslovacca e anche la galera a Latina, brevemente, per l’ occupazione della centrale nucleare di Borgo Sabotino, minacciata da un poligono militare. C’ era indubbia e salutare autenticità in certe azioni. Con un fantastico blitz, Rutelli riuscì a smontare un cantiere che da anni intasava di automobili la strada sotto casa del potentissimo Andreotti; e un’ altra volta si presentò con certi suoi allegri compagni alla parata militare del 2 giugno con una scopa-fucile in mano e in testa un elmetto-scolapasta. Parecchi, oggi, anche ai vertici delle istituzioni, non sarebbero contenti di quel carnevale - e dato l’ andazzo, magari ci scapperebbe pure qualche improvvida manganellata. Tra i primi, è vero, riconobbe che Wojtyla era diverso: "Un papa d’ opinione - disse - e non di potere". Pensava alla campagna sulla fame del mondo. Ma al tempo del referendum sull’ aborto fu lui a convocare il 20 settembre un comizio in piazza San Pietro, addirittura, perché "il papa svolge su tutte le piazze dello Stato italiano la sua campagna ufficiale contro l’ aborto, e quindi chiediamo di poter parlare anche noi in Vaticano". E nel 1988 si schierò per la fecondazione assistita. Poi sì, certo, si sa: è cambiato. Ma il massimo del rispetto e della comprensione per il percorso di Rutelli non impediscono di cancellare i dubbi e il senso di estraneità, soprattutto, di fronte una scelta al tempo stesso così tranquilla e lontana dagli ideali della sua gioventù. Perché ribelli a vent’ anni va bene, ma a cinquanta, forse, si è più soli dentro il potere che nell’ astensione a titolo personale. Filippo Ceccarelli