La Repubblica 15/06/2005, pag.35 Roberto Petrini, 15 giugno 2005
"Italia rovinata dal protezionismo e dalla politica di questo governo". Repubblica 15 giugno 2005. Roma
"Italia rovinata dal protezionismo e dalla politica di questo governo". Repubblica 15 giugno 2005. Roma. Berlusconi e Cuccia, l´Avvocato, il protezionismo e Tangentopoli, l´Olivetti di Adriano e Mattei, Berlinguer, i due anni di povertà in Svizzera e il capitalismo italiano. Carlo De Benedetti si confessa di fronte alle telecamere di «Rai Sat Extra» in una lunga intervista (andrà in onda in due parti, stasera alle 22,30 e domani alla stessa ora) realizzata da Massimo Gaggi e intitolata «Fuori dal coro/Sul capitalismo italiano». Un´intervista - ha precisato De Benedetti - di cui il «Corriere della Sera», nei giorni scorsi, ha estrapolato lunghi brani ma che in realtà è stata concessa alla Rai. Nell´anteprima proiettata ieri a Roma, presente l´Ingegnere, è l´attualità della politica e della crisi italiana a catturare l´attenzione. «La mia vera preoccupazione riguarda l´economia del paese che è molto più in difficoltà di quanto venga percepito dalla classe dirigente», ha osservato De Benedetti. La preoccupazione si aggrava se si guarda alle ricette: «Mettere a posto i conti pubblici è molto complesso, ma si sa come si fa. Quello che non si sa come fare è rimettere in moto l´economia reale», ha aggiunto. Di chi è la colpa della crisi? «E´ davanti agli occhi di tutti che la situazione è peggiore di 4-5 anni fa. Che ci sia una responsabilità dell´attuale governo è evidente. Non è l´unica causa ma è una causa importante». E l´Unione? «Visto il centrosinistra così dilaniato, l´unica nostra grande sicurezza è Silvio Berlusconi: è l´unico che ci può far vincere le elezioni». De Benedetti non si sottrae ad un giudizio sull´euro: «Un grande merito storico di Prodi, senza il quale i tassi d´interesse sarebbero più alti di 2-3 punti. L´Italia deve essergli grata». Dall´articolato grappolo di domande e risposte contenute nella lunga intervista emerge la lettura che De Benedetti fa della crisi del paese. «Il protezionismo è stato la vera Tangentopoli, c´è stato il connubio tra l´interesse di pochi grandi imprenditori di essere protetti e la politica». Si arriva così alla vicenda della Fiat: «Perché va male? Perché è stata protetta, tutto quello che è protetto quando gli togli la protezione prende la prima infezione che passa», spiega l´Ingegnere che racconta la sua breve esperienza a Corso Marconi (mentre lo storico Valerio Castronovo, nel suo intervento, ricorda l´episodio dell´ingaggio di Giugiaro da parte di De Benedetti e l´idea di una «vettura jeans» che poi diventerà la «Panda»). Oggi, invece, le cose vanno molto male: «La Fiat auto non ha più speranze nel suo futuro», aggiunge. De Benedetti affronta anche l´altra spina nel fianco del sistema italiano, i monopoli: «Bravissimi, cari amici, i Benetton! Si sono comprati le autostrade e sono diventati l´Iri di Ponzano Veneto». Il commento: «I monopoli pubblici sono odiosi ma quelli privati sono ancora più odiosi». De Benedetti nella lunga intervista si sofferma sui suoi rapporti con l´Avvocato («aveva un animo profondamente conservatore», «era, come ha sempre riconosciuto lui stesso, un pessimo gestore, ma anche un grande leader»), e replica - nel corso della conferenza stampa seguita alla proiezione - a Yaki Elkann che si era lamentato per la rievocazione di conversazioni private avvenute tra l´Ingegnere e Agnelli. «Sono state scritte parecchie stupidaggini e ridicolaggini - ha detto De Benedetti - un uomo è un uomo nel limite in cui non è un´icona, sarebbe come dire che non si può parlare di Mazzini. Del resto con Agnelli ho sempre avuto rapporto di stima ed amicizia, avevo già scritto queste cose sette anni fa in un libro con Federico Rampini e allora ne avevo parlato con l´avvocato Agnelli». L´intervista si incunea nella storia ed emergono giudizi e curiosità. Cuccia? «Gestione personalistica». Berlinguer? «Timidezza e signorilità». La Malfa ? «Ho subito il suo fascino». Infine un giudizio sulla capacità del capitalismo italiano di creare classe dirigente e leadership: «limitata», tranne due eccezioni Enrico Mattei e Adriano Olivetti. Roberto Petrini