Corriere della Sera 12/06/2005, pag.39 Sergio Romano, 12 giugno 2005
Corriere della Sera 12/06/2005. Perché è difficile fare l’Europa con la Gran Bretagna. Leggo che l’Inghilterra ha congelato il referendum sulla costituzione europea e vorrei sapere: ma da quando gli inglesi si sono sentiti europei? La loro presenza nella Comunità è dettata dall’opportunismo di cui sono maestri e dal desiderio di rallentare il nostro processo d’unificazione per compiacere gli Usa
Corriere della Sera 12/06/2005. Perché è difficile fare l’Europa con la Gran Bretagna. Leggo che l’Inghilterra ha congelato il referendum sulla costituzione europea e vorrei sapere: ma da quando gli inglesi si sono sentiti europei? La loro presenza nella Comunità è dettata dall’opportunismo di cui sono maestri e dal desiderio di rallentare il nostro processo d’unificazione per compiacere gli Usa. Rosa Putignano lamdesa@ hotmail. com Dopo due decenni dalla fondazione della Cee è stata ammessa l’Inghilterra. Nel 1986 Portogallo e Spagna. Nel 2004 sono stati ammessi dieci Paesi, molti dei quali con storie democratiche relativamente brevi, e si lavora per l’ammissione della Turchia. Al di là delle opinioni che ognuno può avere al riguardo ho l’impressione che si cerchi di indebolire la Ue rendendola non più un gruppo di nazioni con interessi e valori affini, ma un vasto collage di varie culture in cui ognuno rivendica la propria diversità. Non è questa forse una sottile strategia antieuropeista diretta a snaturare la Ue rendendola piu simile alla Nato o all’Onu piuttosto che a una federazione di Stati uniti da obiettivi comuni al di là del variare degli eventi politici? Matteo Pietrella veadar78@ hotmail. com Cara Signora, caro Pietrella, pubblico le vostre lettere insieme perché vi è fra di esse un punto di contatto che è, per l’appunto, la politica europea della Gran Bretagna. Quando negoziarono il trattato per il Mercato comune, i sei Paesi fondatori della Ceca ( Comunità europea per il carbone e l’acciaio) invitarono Londra ad associarsi. Ma gli inglesi credevano al Commonwealth più di quanto credessero all’integrazione economica del continente e diffidavano dei progetti di unificazione politica in cui i leader della conferenza di Messina conti nuavano a riporre molte speranze. Respinsero l’invito e crearono nel 1959, due anni dopo la firma dei trattati di Roma, una sorta di anti Mercato comune che chiamarono Efta ( European Free Trade Association) in cui imbarcarono l’Austria, la Danimarca, la Norvegia, il Portogallo, la Svezia e la Svizzera, vale a dire i Paesi che erano, per una ragione o per l’altra, contrari alla politica unitaria dei Sei. Nelle previsioni della Gran Bretagna la nave del Mec sarebbe andata a picco, prima o dopo, e quella dell’Efta, pilotata da Londra, avrebbe raccolto i naufraghi. Le cose andarono diversamente. Il Mec ebbe uno straordinario successo, il sistema delle « preferenze imperiali » fra i Paesi del Commonwealth comin ciò ad allentarsi e l’economia britannica, afflitta allora da molti problemi, non riuscì a creare un grande spazio economico alternativo. La nave dell’Efta si arenò quando la Gran Bretagna e la Danimarca, nel dicembre del 1972, la abbandonarono per aderire alla Comunità europea. Da allora toccò a noi raccogliere i naufraghi. Con due eccezioni ( la Norvegia e la Svizzera), tutti i membri originali dell’Efta sono ora soci dell’Unione Europea. Potremmo considerarlo uno straordinario successo se la Gran Bretagna non avesse continuato a fare dall’interno dell’Ue ciò che non era riuscita a fare dall’esterno. Non vuole rinunciare al suo ruolo mondiale, sia pure a fianco degli Stati Uniti, e continua ad adoperarsi perché il processo d’integrazione non abbia sbocchi federali. questa la ragione per cui ha sempre calorosamente promosso la causa dell’allargamento e vedrebbe di buon occhio, ora, persino l’ingresso del l’Ucraina. Quanto più l’Unione sarà larga e informe, tanto più le sue prospettive politiche saranno evanescenti. L’obiettivo inglese è una grande comunità atlantica, dalla Turchia alla California, di cui Londra, beninteso, sarebbe il perno e la cerniera. La crisi irachena, nel corso della quale la Gran Bretagna ha deciso di stare con l’America e due grandi Paesi dell’Ue ( Francia e Germania) hanno adottato una linea diversa, ha reso questo disegno molto più difficile. Ma il no francese e olandese nei referendum sulla costituzione ha dato a Tony Blair una nuova occasione. Intendiamoci: Blair non è la signora Thatcher e sarebbe stato lieto, se le circostanze glielo avessero permesso, di portare il suo Paese nella zona dell’euro. Ma le grandi linee della politica inglese rimangono fondamentalmente le stesse: no all’unità politica dell’Europa, sì a una comunità atlantica con due capitali, Washington e Londra. Sergio Romano