La Repubblica 07/06/2005, pag.1-29 Francesco Merlo, 7 giugno 2005
L´impegno in un braccialetto. La Repubblica 07/06/2005. Non c’è adolescente inglese che non indossi almeno un braccialetto "contro"
L´impegno in un braccialetto. La Repubblica 07/06/2005. Non c’è adolescente inglese che non indossi almeno un braccialetto "contro". Non c´è studente che, orgoglioso e infatuato, non scambi il suo wristband giallo anti cancro con quello rosso anti aids del compagno di banco, o con quello bianconero di libertà che esibiscono Beckham e, a Parigi, i tennisti di Roland Garros: "Stand up, speak up; alzati in piedi e parla", che è il contrario del famoso e drammatico invito di Wittgenstein: "Chi ha qualcosa da dire, si alzi in piedi e taccia". E non è solo per furbizia che Tony Blair mostra al polso quello bianco contro la miseria, lo stesso che piace ai no global: "Make poverty history, manda la povertà nella storia". Succede infatti che il braccialetto in silicone, feticcio no profit, commercializzato dalle associazioni internazionali di carità, seduce tanto gli alternativi senza patria, che girano il mondo armati di birra e di cani, quanto i soldati che combattano in Iraq, ed è amato tanto dai camerieri quanto dai direttori dei ristoranti di Londra: "Hope faith love, speranza fede amore". L´Inghilterra, dove i charity bands sono visibili anche sui polsi dei poliziotti, è il motore di questa moda irresistibile, che è nata negli Stati Uniti, come simbolo dell´ottimismo e della tenacia di Lance Armstrong, il ciclista che ha sconfitto il cancro e poi ha vinto sei volte il Tour de France, è transitata per i polsi di Sharon Stone e di Kerry, che ne esibiva uno in campagna elettorale, ed è arrivata ai tassisti di New York. Ma è l´Inghilterra che ha trasformato quel segnale ancora povero contro il cancro in un distintivo dell´occidente che lotta contro tutti i cancri. Il braccialetto sta ora invadendo l´Europa senza spot pubblicitari , per passaparola, attraverso Internet, gli stadi e i concerti pop. Ma è a Londra che è diventato il braccialetto liberale e radicale contro la miseria, contro la desertificazione, contro l´indifferenza, contro la violenza, contro il fumo, contro la guerra, contro la morte. Ed è un silicone dai colori elettrici e caldi, come l´ambitissimo arancione "Live free" che fa riferimento, per accenno leggero e vago, all´esotico orientale e forse anche ai gruppi religiosi: "Believe, credi", e non importa in cosa, perché quel che conta è credere nel credere. Anche i colori sono democratici, perché quelli elettrici sono i soli che vengono colti pure dai daltonici, metafora forse dei daltonici mentali. Dunque ormai non c´è collezionista che non ambisca come oggetto di culto al rarissimo nastro di gomma verde acqua, quasi trasparente e tuttavia vivacissimo, variante sofisticata in spagnolo, "Fuerza y Esperanza", del braccialetto viola. La boutique parigina del Paris Saint-Germain in una settimana ha esaurito le scorte del doppio intrecciato, il bianco con il nero: "Make yourself heard, fai che ti sentano". La radio della Bbc ha lanciato l´azzurro contro l´intimidazione nelle scuole, contro la violenza sui compagni più deboli, contro il nonnismo: "Kick bullying, prendi a calci il bullismo". Più swing è l´omaggio al cuore: "Feel the pulse, senti il polso, o il ritmo, o il battito" che è un´allusione ai malati cardiaci, ma è anche un invito a non fare calcoli, ad abbandonarsi alla generosità, all´emozione che fa battere il cuore. Sono tutti slogan contro le malattie e contro le disuguaglianze, ma sempre per ammiccamenti, per battiti di ciglia, per sospiri. Più direttamente sono inviti veloci alla parola e all´azione che si adattano benissimo ai sani in cerca di un´appartenenza, di un nuovo modo di dire "no", che sia visibile ma discreto. Il braccialetto piace ai nostri figli, e c´è chi ne indossa dodici alla volta, perché li fa sentire in compagnia di un ideale, come un´emozione che si muove attorno al polso, quasi avesse una vita. Certo, si può sorridere dell´ingenuità, ma bisogna riconoscere che è un´illusione non gridata, che non ha la spavalderia spudorata delle nostre camice a fiori e delle nostre minigonne. una moda che non ha avuto bisogno di stilisti, e dunque non è sistema, perché è senza specialisti, senza gerarchie, senza sfilate e senza ideologie. Ricorda, nella pittura, il "pointillisme", le figure create dai punti di colore, piccoli tocchi di tono giustapposti. Il linguaggio è fantasioso, senza punti, virgole e congiunzioni, un po´ sgrammaticato come Internet, visionario come le manifestazioni, allegro come i concerti, combattivo come i raduni, veloce come la pubblicità, ma sempre senza il calcolo. una moda gratuita che affascina gli adolescenti innanzitutto perché si esprime per colori e non per categorie concettuali: il rosso è il coraggio, il giallo è la forza, l´azzurro è l´acqua. Si può dire "no" anche senza essere anarchici o marxisti: il loro braccialetto vale quanto i nostri distintivi di Lenin e di Mao, o magari di Predappio e del Duce, che erano tutti steccati di separatezza. Al contrario, il braccialetto travalica le chiusure dei nostri linguaggi, fa intravedere un´umanità che si orienta verso le emozioni: più arte che scienza; un mondo dai confini labili, intellettualmente più ambiguo, ma sicuramente molto più allegro e ottimista, il piacere contro il dovere, la gioia contro l´esattezza: "Fear nothing, non temere niente" dice il blu; "Making strides every day, facciamo grandi passi ogni giorno" risponde il rosa; "Celebrate hope, celebrate la speranza" significa il viola. A differenza delle figurine, dei soldatini di piombo e delle carte Pokemon, il braccialetto in silicone è amatissimo anche dagli adulti, perché è cheap and chic, e aderisce all´etica del buon umore, del "live strong", che è lo slogan di quello giallo americano, il primo e il più venduto, venti milioni di "vivi forte", logo della tenacia e della resistenza al male, simbolo della Fondazione del ciclista Lance Armstrong, appunto. Dunque questa gomma colorata attorno al polso, e qualche volta attorno alla caviglia, si è trasformata in uno stile, possiede una propria grazia anche con l´abito da sera e con la grisaglia, la portano anche il principe William e gli immigrati neri, tutti i calciatori del Manchester Uunited e dell´Arsenal, i campioni di rugby, le Spice Girls. Commercializzato dalle fondazioni scientifiche, dai missionari, dalle associazioni dei volontari, il wristband costa un dollaro negli Stati Uniti, una sterlina in Inghilterra, due euro a Parigi, e sempre il settanta per cento dovrebbe essere destinato alla ricerca e alla carità. In Italia il braccialetto è ancora marginale, ma si sta velocemente diffondendo. Lo si compra su Internet, è ancora un oggetto di importazione, ma, non più relegato al mondo dei campioni dello sport , è già arrivato nelle scuole. Presto, anche da noi segnerà la nuova generazione, quella che pensa al futuro come "non profit making project", un braccialetto per dirlo, un colore come rifugio. Fenomeno di massa con l´illusione del commercio etico, il braccialetto ha spiazzato l´industria che scivola sul no profit e ovviamente cerca la speculazione. La Nike si è limitata a sponsorizzarlo e dunque a farsi sponsorizzare da esso, inscrivendo il prodotto dentro la sua filosofia della libertà: il volo, la leggerezza, la vittoria. L´universo dei giovani è una fetta di mercato troppo importante che va trattata con avvedutezza e intelligenza. Qualche industria, più spregiudicata, cerca di inserirsi nelle vendite Internet, arrivando ad aumentare i prezzi. Le associazioni no profit mettono in guardia, "state attenti da chi comprate", ma non c´è da scandalizzarsi troppo, si sa che l´universo dei valori è anche un universo di consumatori. Una volta il mondo si muoveva attraverso i libri tascabili, opuscoli stampati e venduti come si poteva, senza interessi costituiti, senza diritti tutelati. E si potrebbe ingiuriare persino la rivoluzione francese per lo sfruttamento dei tipografi che stampavano, con lavoro sotto costo, i libri sovversivi. Così il quotidiano Daily Telegraph ha scoperto che i braccialetti contro la povertà, che fanno capo a ben 400 associazioni cristiane, sono fabbricati in Cina dalla "Tat Shing Rubber Manufacturing Company" nella regione dello Shenzhen. Un rapporto accusa la fabbrica di violare le leggi cinesi, di sfruttare il lavoro forzato, senza nessuna misura di igiene e di sicurezza, con orari insopportabili, sette giorni la settimana, paghe irrisorie, assicurazione inadeguata, niente ferie e divieto assoluto di associazionismo. Ne è nata una discussione etica. Bob Geldof, portavoce dei no global, ha accusato di ipocrisia le associazioni cristiane Oxfam e Cafod. stato istituito un imprecisabile "controllo morale sul prodotto", e la fabbrica cinese ha promesso miglioramenti costanti. Nel mondo della produzione tutto è già accaduto e tutto torna ad accadere. Ma nulla potrà fermare il braccialetto che i nostri figli si stringono ai polsi come manette di libertà. Io, mentre scrivo, indosso quello bianco e nero. Francesco Merlo