12 giugno 2005
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Dimitrova Ghena
• Nata a Beglej (Bulgaria) il 6 maggio 1941, morta a Milano il 9 giugno 2005. Soprano. «’Ricordatevi che ci sono molte dive, ma solo quella che ha davvero la voce può diventare una prima donna”. Lei lo è stata, a lungo e da subito, già all’inizio di una splendida carriera. [...] Il nome della Dimitrova, per immediata associazione, è legato al ruolo di Turandot: ”Un carattere unico, un iceberg”, così la cantante descriveva quel personaggio pucciniano. ”Però questo ghiaccio canta con un’emissione italiana, non tedesca”. Il granito della voce della Principessa di ghiaccio veniva reso dalla Dimitrova con eccezionale vigore drammatico; la sua voce sembrava scolpire quelle note acute e spesse, afferrarle e tenerle, come si accorse nel 1983 il pubblico scaligero, quando laù ascoltò diretta da Lorin Maazel nel ruolo che lei aveva già debuttato al Colon di Buenos Aires, per riprenderlo poi al Bolshoi di Mosca. Soprano lirico-drammatico, riusciva ad essere a suo agio in un ampio repertorio, che affrontava aiutata da una tecnica solidissima appresa, come amava ricordare, da Margherita Carosio e Gina Cigna, ”la mia vera maestra”, e storica interprete di Turandot. ”Ho sempre usato il centro, l’acuto e il grave della mia voce: ho lavorato sodo e lei non mi ha mai abbandonato”: la Dimitrova, nelle cui interpretazioni la qualità vocale prevaleva sulla resa scenica, aveva esordito nel 1966 a Sofia come Abigaille nel Nabucco di Verdi. Ha venticinque anni e da allora brucia le tappe. Dopo gli ampi consensi ricevuti in Francia, nel 1972 vince il concorso di Treviso e interpreta Un ballo in maschera al Regio di Parma, con il giovane José Carreras e il baritono Piero Cappuccilli. Si fa un punto d’orgoglio professionale di non creare mai problemi rispetto ai partner via via incontrati, ma bisogna ricordare che il talento le ha consentito di andare in scena con [...] Placido Domingo, ancora alla Scala nel 1973, con Luciano Pavarotti, con il quale nel 1980 consegna una memorabile Gioconda di Ponchielli all’Arena di Verona nel 1980. Qualcuno, allora, ricorderà che anche Maria Callas si era esibita in quel ruolo, in quel teatro. La Dimitrova ringrazierà del raffronto, materrà a rimarcare le differenze, sempre nel nome del particolare spessore della propria voce, che le permette di consegnare altre interpretazioni memorabili: Tosca a Vienna, Fanciulla del West a Berlino, Norma al San Carlo di Napoli, Macbeth a Salisburgo: nel ruolo della Lady sapeva alternare il ’fil di voce” nella scena del sonnambulsimo al dispiegarsi di ”tutto il suo tremendo potere vocale quando anela al trono”. Teneva numerosi corsi di interpretazione e mai si stancava di ricordare agli allievi che una grande interprete lirica nasce anzitutto e sempre da una grande voce. La sua è stata di rara bellezza» (Sandro Cappelletto, ”La Stampa” 12/6/2005). «Non aveva niente della diva: una donna genuina, simpatica, alla mano. Ma la ”sua” Turandot resterà, dopo quella di Birgit Nilsson, la più grande del dopoguerra. [...] Una voce sfarzosa, possente: specialmente all’aperto, lanciava verso il cielo vere e proprie saette. E i tenori che tentavano di competere con lei nella terribile ”scena degli enigmi” avevano quasi sempre la peggio. [...] aveva debuttato nel 1967 nel Nabucco e poi si era trasferita in Italia per studiare: il nostro Paese sarebbe diventato la sua seconda patria. La vittoria nel concorso di Treviso le aprì la porte del Regio di Parma e poi della Scala, di cui sarebbe diventata una star. Nel teatro milanese prese parte a diverse inaugurazioni, come quella del 1983 proprio in Turandot con la direzione di Lorin Maazel e quella del 1986, il Nabucco che vide il debutto come direttore musicale di Riccardo Muti. Ma non c’è stato grande palcoscenico su cui non abbia dominato, dal Metropolitan di New York all’Opera di Vienna, con Gioconda e Fanciulla del West, con Andrea Chénier, Ballo in maschera e Norma anche se quest’ultima opera non era il suo ideale data la componente belcantistica. rimasta sulla breccia per un trentennio cantando da soprano con qualche incursione nel mezzosoprano. Da qualche anno aveva diradato la sua attività dedicandosi all’insegnamento. Un’artista valorosa, una donna di grande coraggio: nel 1992 cantò Gioconda all’Opera di Roma nonostante lo strazio per la morte del marito avvenuta pochi giorni prima. Così la ricorda il grande esperto di voci Giorgio Gualerzi: ”Fece una cosa che ho sentito solo da lei: all’Arena di Verona [...] cantò il Macbeth di Verdi con voce poderosa, ma arrivata alla celebre scena del sonnambulismo emise in ”piano” il ”re bemolle” scritto da Verdi. Nessuno c’era mai riuscito, neanche la Callas. [...]”» (Alfredo Gasponi, ”Il Messaggero” 12/6/2005).