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 2005  giugno 06 Lunedì calendario

Il Quirinale pensò a una denuncia per vilipendio. La Stampa 06/06/2005. Roma. Al Quirinale Roberto Calderoli lo chiamano "il recidivo"

Il Quirinale pensò a una denuncia per vilipendio. La Stampa 06/06/2005. Roma. Al Quirinale Roberto Calderoli lo chiamano "il recidivo". Appare pertanto credibile il sussurro di palazzo secondo il quale, ieri mattina, Gaetano Gifuni avrebbe fatto una perentoria telefonata a Gianni Letta. "Questi attacchi a Ciampi devono finire", avrebbe intimato il segretario generale del Quirinale al braccio destro di Silvio Berlusconi, facendogli anche notare che, secondo una legge del 1986 sulla presidenza del Consiglio, il premier deve ritenersi responsabile per tutte le parole e gli atti dei ministri del suo governo. Insomma: una vera e propria intimazione di dissociazione, alla quale Berlusconi si è adeguato con la nota delle 11 e 47, seguita a pochi minuti di distanza da una mezza marcia indietro del ministro. Questo appare uno svolgimento dei fatti piuttosto lineare, anche se in serata il Quirinale ha definito questa ricostruzione "frutto di fantasia". E’ tuttavia degno di qualche nota il fatto che questo bisbiglio di palazzo sia uscito da Palazzo Chigi e non dal Quirinale, dove le bocche sono rimaste chiuse tutto il giorno, come del resto gli uffici, dato che il presidente era a godersi la sua seconda giornata di mare tra le dune di Castel Porziano. Forse qualcuno dell’entourage berlusconiano voleva far sapere alla Lega che il presidente del Consiglio quel comunicato di scuse (con acclusa telefonata a Ciampi) era stato proprio costretto a farlo. D’altra parte, sarebbe certamente sbagliato interpretare il silenzio del Quirinale come distaccata indifferenza. Da quando Ciampi è stato eletto, il "recidivo" lo ha attaccato ripetutamente e "à tout azimut". Basta scrollare un archivio per avere velocemente la conferma che Calderoli ha sparato pressoché su ogni punto della sagoma di Ciampi, lavorandola come fanno i poliziotti dei film americani quando si esercitano. E il ministro, qualche volta, ha sparato anche pallottole "dum-dum", tanto è vero che qualche mese fa i consiglieri giuridici del presidente arrivarono a prendere in considerazione, non si sa quanto seriamente, l’ipotesi di accusare Calderoli di "vilipendio" del capo dello Stato. Cavolo: il ministro aveva affermato nientemeno che Ciampi era andato in Cina a far "marchette". C’è da dire che l’odontotecnico padano non si è mai nascosto dietro un dito. Già cinque anni fa, il 31 maggio del 2000, Calderoli dichiarò solennemente al colto e all’inclita: "Io Ciampi non l’ho votato e ho fatto bene". Allora non era ancora ministro, ma il dossier delle sue contumelie al presidente era già abbastanza nutrito, riguardando temi come la magistratura e la questione della concessione della grazia. In questi casi - e al Quirinale lo hanno certamente notato - Calderoli, come vicepresidente del Senato, si spinse a livelli ai quali il ministro per la giustizia Castelli, che ha pure avuto duri scontri con Ciampi, non si è mai neppure azzardato ad avvicinarsi. Pertanto, quando si presentò senza calzini per la cerimonia del giuramento a ministro, Ciampi aveva già un’idea abbastanza precisa di che soggetto fosse. In quell’occasione fece emettere un algido comunicato nel quale si invitava chi venisse al Quirinale per cerimonie ufficiali a vestire "in modo appropriato". Nel primo incontro con Ciampi dopo quello, Calderoli si presentò con una fiammeggiante cravatta verde-ramarro, sapendo benissimo che la cosa avrebbe infastidito il presidente amante dei "simboli condivisi" della nazione. Eh, ma è proprio quello che a Calderoli non va giù di Ciampi: il suo amore per la patria. All’inizio di quest’anno il ministro commentò con queste parole il messaggio di fine anno del presidente: "Mi ha dato veramente fastidio quel suo continuo riferimento alla bandiera, all’inno, e quel suo patriottismo". Ma, quando vuole, Calderoli sa anche farsi paladino della costituzione. Infatti, nel gennaio 2004, ammonì Ciampi a non farsi "complice di un attentato alla Costituzione", dando la sua approvazione alla legge Boato sulla grazia, legge che Ciampi in realtà gradiva. Ma, scorrendo le agenzie, si scopre che, oltre alle numerose bordate sull’euro, Calderoli ha attaccato Ciampi sulla legge Gasparri ("E’ sceso in piazza con i girotondini"), sul dialogo con l’Islam ("Non ha visto le torri di New York e la metropolitana di Madrid?"), per non parlare poi delle riforme istituzionali. Infine, un mese fa, gli ha anche dato implicitamente del rimbambito, quando ha invocato un presidente di "una fascia d’età in cui si può dare il massimo". Ciampi è una persona moderata e molto rispettosa della Costituzione. Ma forse in questo momento sta rimpiangendo che la carta fondamentale non gli dia assolutamente alcuno strumento per revocare un ministro la cui nomina peraltro ha firmato. Paolo Passarini