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 2005  giugno 04 Sabato calendario

Il gesuita che seminava beatitudini. La Stampa TuttoLibri 04/06/2005. ”L’uomo venuto dall’Occidente”, ossia il gesuita Matteo Ricco, nativo di Macerata (1552), che appena venticinquenne si congeda dal Collegio Romano, luogo privilegiato della sua formazione, intraprende un viaggio estenuante che lo porterà in Cina con l’obiettivo di avvicinarla alla fede cristiana, trova adeguato spazio in un’esemplare biografia di Michela Fontana, edita da Mondadori (pp

Il gesuita che seminava beatitudini. La Stampa TuttoLibri 04/06/2005. ”L’uomo venuto dall’Occidente”, ossia il gesuita Matteo Ricco, nativo di Macerata (1552), che appena venticinquenne si congeda dal Collegio Romano, luogo privilegiato della sua formazione, intraprende un viaggio estenuante che lo porterà in Cina con l’obiettivo di avvicinarla alla fede cristiana, trova adeguato spazio in un’esemplare biografia di Michela Fontana, edita da Mondadori (pp. 347, e18,50). Rigore storico, fonti e supporti bibliografici essenziali, conoscenze scientifiche non improvvisate (giacché l’aspetto scientifico è tutt’altro che secondario nell’attività del protagonista), un prezioso glossario, una non meno preziosa trascrizione fonetica dei nomi e dei termini ricorrenti nel testo, nonché il pregio di seguire con bel ritmo narrativo la vita quotidiana del maceratese, aiutano il lettore a inoltrarsi nel Paese di Mezzo (denominazione ancora oggi in uso). Vero è che spetta a Marco Polo la priorità di essersi spinto là dove nessun altro europeo aveva osato, ma le differenze permangono e sono profonde. Il veneziano resta pur sempre un viaggiatore avventuroso che poi rimpatria e "favoleggia" l’esperienza vissuta; Ricci è invece un traghettatore di nuove beatitudini, un "pontiere" che raggiunge il capo opposto del mondo per compiere un’ardita missione e radicarvisi. Il raccolto, strada facendo, è oggettivamente scarso (da 22 a 200 i convertiti nel lungo percorso), ma Ricci non si scompone e non rallenta il passo. Importante è seminare, aprirsi un varco nel blocco roccioso dominato da buddisti, daodisti e praticanti del neo-confucianesimo. Il dialogo si svolge per lo più con filosofi, calligrafi, poeti, mandarini e chiunque si fregi del titolo Shidafu (letterato). Intellettuali curiosissimi di affacciarsi sul versante occidentale, affascinati dal pensiero di Li Madou (così Matteo Ricci era, ed è, conosciuto in Cina Giappone) che si sofferma su trascendanza e immanenza, su un dio creatore, sugli insegnamenti di Gesù prossimi agli insegnamenti di Confucio. Ma dopo le dispute, dopo gli inchini, i misurati sorrisi e lo scambio di doni, gli interlocutori tornano a celebrare fedelmente i loro Shenfu (Padri dello spirito). I patti sono del resto espliciti: lieti di accogliervi e di ammirare la vostra cultura; lieti di festeggiare i superbi mappamondi di Li Madou; lo stesso imperatore, Figlio del Cielo, ne è entusiasta, e altrettanto entusiasti, lui e noi, dei meravigliosi orologi meccanici che ci regalate; ascoltiamo con interesse una religione che ci divide anima e corpo, contempla verità assolute e contempla la bizzarra effigie della Madonna che presuppone un Dio femminile. Ascoltiamo, osserviamo e tolleriamo. Ma attenti a non urtare le ferree leggi dello Stato. In Cina nessun tipo di culto si colloca al disopra del potere imperiale; attenti a non confondere il vostro astratto Signore del Cielo col nostro concreto Figlio del Cielo. Non c’è dottrina che possa essere scambiata con l’antica dottrina confuciana. Ostacolo insormontabile si rivela la poligamia. Letterati, mandarini e finanche i poveri contadini gravati da spese insostenibili ritengono bislacco il principio di una moglie unica a disposizione del maschio, e inaccettabile l’idea di ridurre il numero delle concubine. Tanto che, nel pari e dispari, qualcuno già pronto a convertirsi ci ripensa e si scusa di abbandonare il campo. Via via che si allarga la notorietà - da Zhaoging a Nanchang, da Nanchino a Pechino - aumentano i rischi e si accentuano sospetti, avversioni, diffidenze. Qua e là Matteo Ricci è offeso, minacciato, imprigionato e scacciato, ma stringe i denti e raddoppia il suo zelo. Nel contempo si sparge la voce che l’esotico forestiero è un personaggio altamente condiderato e protetto dall’imperatore, al punto che Ricci si permette di coltivare un sogno avveniristico: convertire il Figlio del Cielo e in seguito a tal miracoloso evento introdurre Cristo trionfante nel Paese di Mezzo. In realtà, il carisma che lo accompagna è soprattutto legato alla figura dell’astronomo, del matematico, dell’alchimista, del costruttore di ineguagliabili meridiane, planisferi e pietre magiche che producono i colori dell’arcobaleno; e in specie legato alla figura del geografo che stravolge le vecchie mappe e pone la Cina - fin lì soggetto esclusivo - là dove era giusto porla nelle coordinate del globo. Geografo, astronomo e matematico: innovatore per i cinesi (i quali sembrano ignorare o dimenticare le loro anticipazioni in ogni branca del sapere), Ricci è un tardo tolemaico per gli europei che ormai abbracciano la rivoluzione copernicana. Dote aggiuntiva ai meriti di Li Madou è la memoria. Una memoria eccezionale che incanta mandarini e calligrafi, letterati, eunuchi e burocrati. Il gesuita era in grado di ricordare 500 caratteri cinesi dopo averli letti una sola volta. Non stupisce perciò la velocità con cui si era impossessato dei mezzi comunicativi; né meraviglia che insieme al confratello Michele Ruggieri abbia preparato un dizionario portoghese-cinese e tradotto le sue operette morali, il suo Catechismo e gli Elementi di Euclide in una lingua perfettamente assimilata. Giunto con solenne cerimoniale a Pechino il 24 gennaio 1601, e ospitato nella Città Proibita, il missionario stenta a frenare l’emozione di poter discorrere con l’imperatore e ottenere il permesso di diffondere senza remore il Vangelo. Speranza purtroppo breve e fallace. L’imperatore da tempo si sottrae alla diretta venerazione dei sudditi; da tempo il trono è vuoto. Ma coloro che hanno diritto all’udienza, controllati dagli eunuchi in veste nera, ugualmente s’inginocchiano a turno. Anche Ricci, che immaginiamo stupefatto e deluso, si uniforma al protocollo, s’inginocchia e rivolge l’augurio di lunga vita, "diecimila anni!", al seggio-sovrano. In compenso, quando si spegnerà - neppure sessantenne - l’11 maggio 1610, godrà di un onore mai accordato ad altro straniero: la sepoltura nel Paese di Mezzo, col benestare del ministro dei Riti e la volontà espressa dall’invisibile Figlio del Cielo. Giuseppe Cassieri