La Stampa 03/06/2005, pag.10 Paolo Mastrolilli, 3 giugno 2005
Gola Profonda Nixon sapeva dall’inizio chi era. La Stampa 03/06/2005. New York. Richard Nixon sapeva che il vice capo dell’Fbi Mark Felt era "Gola profonda", e voleva la sua testa
Gola Profonda Nixon sapeva dall’inizio chi era. La Stampa 03/06/2005. New York. Richard Nixon sapeva che il vice capo dell’Fbi Mark Felt era "Gola profonda", e voleva la sua testa. Da quando Vanity Fair ha rivelato l’identità della misteriosa fonte che passava al Washington Post le notizie sullo scandalo Watergate, gli archivi e le memorie personali continuano a scaricare sul tavolo notizie sorprendenti. Ieri Bob Woodward, il giornalista del Post che teneva i contatti con Felt, ha raccontato come era cominciato il loro rapporto. Ma dai National Archives sono uscite conversazioni registrate inedite, da cui si capisce che il capo della Casa Bianca sapeva già tutto. La prima registrazione risale al 19 ottobre del 1972, cioè quattro mesi dopo il furto alla sede del Partito democratico nell’edificio Watergate, che ha scatenato lo scandalo. Manca meno di un mese alle elezioni, che il presidente vincerà a valanga. Intorno al tavolo ci sono Nixon e Haldeman, capo del suo staff. Haldeman dice che Felt sta passando le informazioni al Washington Post, e poi aggiunge: "Sa tutto quello che c’è da sapere nell’Fbi. Ha accesso assolutamente a tutto". Il capo della Casa Bianca chiede perplesso: "Perché diavolo dovrebbe farlo?". Sette mesi dopo, l’11 maggio 1973, il nome di Felt torna in una conversazione tra Nixon e il suo nuovo capo dello staff, Haig, che ha preso il posto di Haldeman costretto alle dimissioni dallo scandalo. I due accusano il vice capo dell’Fbi di tradirli, ma l’ex generale suggerisce di andarci piano: "Dobbiamo essere prudenti sul momento in cui tagliare questa noce". Ormai, però, il presidente non ha più dubbi: "Felt - risponde - è cattivo". Lo scambio più diretto è quello che avviene il giorno dopo, 12 maggio, sempre fra Nixon e Haig. Il soggetto è ancora Felt e le informazioni che avebbe dato anche al New York Times e al settimanale Time, riguardo l’irruzione autorizzata dalla Casa Bianca nell’ufficio di Daniel Ellsberg, rivelatore dei dannosi Pentagon Papers sulla guerra in Vietnam. "Lui - dice il presidente - ha vuotato il sacco sulla storia di Ellsberg. Tutti sanno che è un dannato traditore, tenetelo d’occhio con attenzione". Nixon dice di aver saputo tre mesi prima dall’avvocato di Time che Felt passava notizie al settimanale, e quindi ne aveva parlato con Patrick Gray, il direttore ad interim dell’Fbi. Gray aveva risposto che non era possibile, e il presidente descrive così ad Haig il resto del colloquio: "Gli ho ripetuto che sapevamo da una fonte molto autorevole che si trattava proprio di Felt. Dannazione, dovete sottoporlo ad un test della verità". Il capo dell’Fbi aveva detto che non poteva interrogare il suo vice, ma il presidente aveva aggiunto: "Felt deve cadere, ovviamente. Questo tipo adesso non andrà in giro a fare l’eroe". Da queste nuove rivelazioni si capisce perché "Gola profonda" era così prudente nei suoi rapporti con Bob Woodward. Il giornalista del Washington Post ieri ha scritto che lo aveva conosciuto per caso nel 1970, quando era sottotenente della Marina. Bob lavorava per l’ammiraglio Moorer, che lo incaricava di portare i suoi documenti alla Casa Bianca. Una volta, mentre era in sala d’attesa, incontrò Mark Felt e ci fece amicizia, sperando che potesse aiutarlo sul lavoro. Diventato giornalista, Woodward aveva continuato a chiamare il pezzo grosso dell’Fbi, che gli aveva passato qualche dritta. Per esempio, gli aveva rivelato che il vice presidente Spiro Agnew aveva intascato una tangente da 2.500 dollari. Felt, secondo Bob, disprezzava la Casa Bianca di Nixon, che paragonava ai nazisti nel modo di operare. Poi era rimasto deluso quando il presidente, dopo la morte dello storico capo dell’Fbi Hoover, aveva nominato direttore ad interim Gray invece del futuro "Gola profonda". Il furto del 17 giugno al Watergate era una storiella di cronaca, e quindi i capi del Washington Post l’avevano assegnato ai giovani reporter Bob Woodward e Carl Bernstein. I due, però, avevano scoperto che uno dei colpevoli, Howard Hunt, era un ex agente della Cia legato al comitato per la rielezione di Nixon. A quel punto Bob aveva deciso di verificare la notizia con Felt. Il vice capo dell’Fbi gli aveva risposto, ma alla seconda telefonata aveva attaccato. Woodward era andato a cercarlo a casa, e "Gola profonda" gli aveva spiegato che da quel momento in poi avrebbero giocato secondo le sue regole. Felt, cacciatore di spie naziste durante la Seconda guerra mondiale, aveva elaborato un piano per i loro contatti. Quando Bob voleva parlargli, dove esporre sul balcone di casa un vaso con una bandierina rossa; quando "Gola profonda" voleva parlare con lui, avrebbe fatto disegnare un orologio a pagina 20 della copia del New York Times che ogni mattina veniva consegnata alla porta del giornalista. In tutti i casi dovevano incontrarsi verso le due della notte in un garage vicino al Key Bridge di Rosslyn, cambiando sempre taxi e camminando a piedi per non farsi scoprire. Se uno dei due capiva di essere seguito, non doveva presentarsi. "La regola - aveva spiegato Felt - è massima segretezza. Non dire neppure che hai una fonte". Woodward voleva raccontare tutti questi segreti dopo la morte di "Gola profonda", in un libro che ha già scritto e adesso uscirà a luglio. I famigliari di Felt chiedevano che lo scrivesse con Mark, ma non si erano accordati, e allora avevano cominciato ad offrire la loro storia a scrittori, case editrici e cinematografiche. Lo shopping andava avanti da qualche anno, quando hanno fatto l’accordo con Vanity Fair per 10.000 dollari, a cui dovrebbe seguire un affare editorale da almeno un milione. "Scriverò un libro - ha annunciato Felt - e raccoglierò tutti i soldi che posso". Paolo Mastrolilli