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 2005  giugno 04 Sabato calendario

Così diamo la caccia ai nuovi serial killer. La Stampa 04/06/2005. Non è il predatore che cerca la preda

Così diamo la caccia ai nuovi serial killer. La Stampa 04/06/2005. Non è il predatore che cerca la preda. Sono le prede che guardano al cielo e aspettano. Sono predisposte, come lui è predisposto ad ascoltarne il richiamo". L’ha detto un serial killer dopo la cattura. E in una mente contorta - vendicativa, punitiva, disperatamente travolta da una sua visione dei rapporti umani - può suonare vero. Anche Andrea Arrigoni, assassino di una prostituta e due poliziotti a Verona, post mortem riconosciuto omicida di una albanese della strada, ascoltava un richiamo da nessuna lanciato. Era buono e gentile, era uno come noi, forse migliore rileggendo i commenti di chi lo conosceva a fondo. E in giro per le vie di città e per i paesi ci possono essere altri come lui, come Maurizio Minghella, come Michele Profeta, come Donato Bilancia, come Ferdinand Gamper, come Angelo Izzo? Sì, possono esserci. Quante vittime - o quante rivoltellate di agenti sacrificati durante un controllo di polizia - potrebbero essere necessarie per fermarli? E quanti sono stati bloccati prima che un delitto diventasse il primo di una serie? L’analisi dei crimini violenti, efferati, senza movente, dice che ci sono due situazioni certe sotto analisi. Una, già datata e senza recrudescenze, nel nord-est, l’altra, simile, nel sud. Di un terzo si parla nel centro: si è sospettato un autore di delitti seriali nel mondo gay e la ricerca è stata ed è meticolosa al massimo. Decine di casi non ancora risolti sono oggetto di una comparazione minuziosa, specialistica, per rincorrere una certezza: dobbiamo cercare un’unica persona? In molte situazione si è già esclusa l’ipotesi, in una manciata di casi il dubbio è al vaglio e il cuneo degli investigatori scivola nelle pieghe più incredibili della scena del delitto, della sua analisi, dello studio delle informazioni, fino a entrare nel comportamento di chi ha commesso il fatto. Tutto questo avviene a Roma, quartiere Tuscolano, dove ha sede la Direzione Centrale Anticrimine, diretta dal Prefetto Nicola Cavaliere. Da qui dipendono il Servizio Centrale Operativo (Sco), il Controllo del Territorio, in supporto a tutte le questure italiane, e la Polizia Scientifica che comprende, accanto a ricerche tecniche, biologiche, balistiche, l’ormai nota Uacv, Unità di analisi dei crimini violenti, che dai dati oggettivi, dalla scena del crimine risale all’identikit comportamentale, al raffinato ritratto dell’assassino. Di Ferdinand Gamper, di Merano, responsabile di sei omicidi, morto suicida, fornirono addirittura un identikit del volto e della personalità dall’incredibile somiglianza. Chi sono i possibili serial killer? Ecco le immagini delle vittime. Ecco l’area geografica. Il primo. Siamo nel Nord-Est. Più donne uccise a partire dagli anni ’80. In apparenza ad opera di mani diverse. Ed è questo l’inganno sui serial killer: si cercano ambientazioni, tecniche e meccaniche identiche. Ma non è così, la "firma" non sta nel luogo, nel laccio, nel tipo di ferita. Sta in ciò che esula dalla "normalità" di una scena del crimine. Per questa serie di omicidi datati ma irrisolti si lavora intorno a più persone, le loro caratteristiche sono inserite nel programma. C’è tutto: precedenti eventuali, analogie, ingresso in altre vicende, abitudini, uso o meno di armi, e informazioni minime. E ci sono le caratteristiche fisiche, la compatibilità con determinati gesti, con situazioni specifiche. Il secondo caso. Siamo al Sud. Sul gigantesco monitor scorrono immagini di vittime di delitti inspiegabili, efferati ma senza movente. In apparenza non si vede un legame di modalità, anzi addirittura a un occhio non abituato pare di vedere scene tratte da film distanti fra loro nel tempo e nello spazio. Ma la ricostruzione della scena in tridimensionale, con tutte le proporzioni a posto, pone in rilievo un elemento ricorrente, che sembra qualcosa in più rispetto ai passaggi di un omicidio. C’è un elemento caratteristico che è estraneo al luogo e alle modalità con cui l’assassino ha agito. E’ di nuovo la "firma", il tassello comune a fotografie diverse e che invece indica la presenza di un’unica persona. E’ lì la sfida. Si dice che ci vogliono almeno due o - secondo altri - tre vittime con caratteristiche che riconducano a un’unica mano per stabilire l’esistenza di un serial killer. Secondo Carlo Bui, il direttore dell’Ucav di Roma, docente di Criminologia all’Università dell’Aquila e di Castellanza, è sufficiente una vittima per ipotizzare un possibile serial killer e, al di là dell’ipotesi, per arrivare a lui prima di fare confronti con altri cadaveri. E’ impressionante la quantità di immagini che passano su questo monitor enorme. Non ci sono soltanto i casi risolti e quelli non risolti, ma anche quelli risolti in via indiziaria, senza confessione. Ci sono le vittime del mostro di Firenze (e quante inesattezze sono state scritte), quelle dei serial killer già catturati e dei quali si è costruito il profilo psicologico. Quelle di defunte o defunti in attesa di giustizia, per i quali le comparazioni potranno dare risposta. Ci sono i delitti nel mondo gay, dove qualcosa si rovescia. Spiega Bui: "Nella prostituzione vittima è colei che presta la sua opera. Si cerca il colpevole in una sterminata quantità di clienti. Nell’omosessualità è inverso. Morto è il cliente, assassino può essere il prestatore d’opera. Questo ribalta la ricerca dell’assassino, che sta in un ambito preciso, fra coloro che si vendono e mai ucciderebbero una fonte di denaro. Quindi il campo si restringe all’occasionale, raccolto comunque in un certo giro". Il serial killer non è uno che si sveglia una mattina e decide di fare una strage a rate. E’ uno che uccide e poi ripete. Qui, al Tuscolano, si entra nel suo Dna, ma anche nella sua psiche. Il prefetto Cavaliere racconta la cattura di un giovane. A quindici anni gioca a flipper e la cassiera del bar si appoggia al flipper, bella, procace, provocante. Lui tenta di stringerla, lei reagisce, i clienti intervengono. Il ragazzo finisce in riformatorio. Esce, prende la patente, carica una bella autostoppista vestita da estate, pantaloncini e maglietta. Si sente provocato e respinto, tutto nella sua mente, come al flipper. La porta in un prato e la uccide saltandole sul petto a piedi uniti. Poi vedrà un’anziana al balcone e, nello scorgere dal basso le mutande, penserà che lo stia provocando. Sale e l’ammazza. Gli sorride una pittrice in strada. La segue e la elimina. Vittime diverse, modalità diverse, pensare a un serial killer parrebbe una follia. Cavaliere lo cattura. In cella un detenuto fa delle avances. Il giovane lo strozza. Poi si impicca. E in questi uffici dicono: "Siamo qui per prenderli prima". Marco Neirotti