Varie, 8 giugno 2005
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LeGuen Paul
• Pencran (Francia) 1 marzo 1964. Ex calciatore. Allenatore. Della nazionale dell’Oman. Ai Mondiali 2010 sulla panchina del Camerun. Da giocatore iniziò col Brest (1983/1989), quindi Nantes (1989/1991), Paris St Germain (1991/1998, vinse il campionato del 1994, tre coppe di Francia, e la Coppa Coppe del 1996). In totale 478 presenze da professionista (23 gol), 17 volte in nazionale. Debuttò da tecnico sulla panchina del Rennes (1998/2001), portandolo alla finale di Intertoto del 1999 (persa con la Juve). Poi il salto di qualità col Lione (2002-2005) • «Uno così non s’era mai visto. In tre anni al Lione tre scudetti di fila, poi tre Supercoppe di Francia e due quarti di finale in Champions League, [...] battuto dal Porto campione e [...] superato al termine di una doppia sfida dannata e stregata dal micidiale PSV. Paul Le Guen [...] è davvero un tipo speciale e nella nouvelle vague degli allenatori emergenti d’Europa [...] giovane per metodo, schemi di gioco, applicazione maniacale al suo lavoro e soprattutto idee. Il presidente del Lione, Jean Michel Aulas, ha cercato di trattenerlo a tutti i costi: “Mi ha detto che considerava chiuso il ciclo in Francia e, non ho vergogna a dirlo, mi sono inginocchiato davanti a lui. L’ho implorato di restare, è andato via lo stesso”. Amato e addirittura idolatrato da un’intera città, per provare a fargli cambiare idea il portiere della squadra, Gregory Coupet, ha addirittura lanciato una petizione in diretta Tv. Niente. Un attimo dopo aver conquistato il titolo in Francia, Le Guen si è messo ugualmente sul mercato. Come Mourinho è glamour, sicuro, documentatissimo. E il calcio è davvero tutto per lui. [...] diventato famoso come calciatore giocando da regista mancino con il Paris Saint Germain. A Parigi ha vinto lo scudetto nel 1994, tre Coppe di Francia e la Coppa delle Coppe nel 1996. Poi, dopo 478 partite e 23 gol (più 17 presenze con la Nazionale) si è sistemato in panchina col Rennes (dal 1998 al 2001) prima di passare al Lione e cominciare a vincere tutto. Non aveva molti soldi a disposizione, ma tre volte ha smontato la squadra e tre volte l’ha ricostruita più forte. Il suo unico blocco tattico è la difesa a quattro, per il resto gioca indifferentemente con il 4-3-3 o con il 4-4-2. Collettivo, forza fisica e velocità sono i suoi imperativi, con un occhio soprattutto al calcio totale [...]» (Marco De Martino, “Il Messaggero” 7/6/2005).