La Repubblica 03/06/2005, pag.40-41 Giuseppe Videtti, 3 giugno 2005
Sinatra, le relazioni pericolose del giovane Frank. La Repubblica 05/06/2005. Al San Domenico di Taormina, l´anno scorso di luglio, una troupe giapponese sistemava luci e telecamere in un angolo suggestivo dell´antico convento trasformato in albergo di lusso
Sinatra, le relazioni pericolose del giovane Frank. La Repubblica 05/06/2005. Al San Domenico di Taormina, l´anno scorso di luglio, una troupe giapponese sistemava luci e telecamere in un angolo suggestivo dell´antico convento trasformato in albergo di lusso. L´attenzione era tutta rivolta a un distinto signore di statura superiore alla media, impeccabilmente vestito, che suonava al pianoforte una incantevole Night and day. Poi un giornalista del sol levante lo interruppe con una sfilza di domande: era il primo ciak di un documentario su di lui, personaggio straordinario che da pensionato suonava per turisti facoltosi, ma un tempo... Un tempo Chico Scimone, bello, aitante, pianista di talento, emigrò negli Stati Uniti con la prima delle sue cinque mogli, l´attrice spagnola Aurora De Alba, e cominciò a esibirsi nei night club alla moda di New York e Chicago. "Fui aiutato dagli "amici"", raccontava Chico. "I boss siculo-americani erano tutti nostalgici della loro terra, venivano ai concerti, li incontravo anche nelle navi da crociera in cui mi capitava di suonare". Quelle frequentazioni gli crearono un sacco di guai con la giustizia, ma nessuna collusione tra Scimone e la mafia fu mai provata. Anche se nel suo night club di Taormina, "La Giara", passarono Richard Burton e Liz Taylor, Gregory Peck e Peter Ustinov, ma anche il boss di Cosa Nostra Lucky Luciano ormai indesiderato negli Usa. Il pianista è morto lo scorso 9 aprile, a 94 anni. Non ha fatto in tempo a leggere il suo nome in Sinatra - The life (Ed. Knopf, 580 pagg.), l´ultimo libro su The Voice (che quest´anno avrebbe compiuto 90 anni, essendo nato il 12 dicembre del 1915), scritto da Anthony Summers e Robbyn Swan. Gli autori, che hanno a lungo investigato sui rapporti tra Sinatra e la mafia, argomento centrale di questa biografia, intervistarono Scimone nel 2002. Scrivono: "Frank aveva probabilmente avuto rapporti con i boss newyorkesi già intorno al 1938-39. Il pianista Chico Scimone, che più volte si esibì per Frank Costello e Willie Moretti, ricorda - senza riuscire a datare esattamente il fatto - che una volta Costello lo ingaggiò per un compito inusuale. "Gli amici del New Jersey parlavano di un ragazzo con una bella voce, volevano ascoltarlo, e per questo organizzarono una specie di audizione in cui io dovevo accompagnare il cantante al pianoforte". Il ragazzo, racconta Scimone, era Frank: "La mafia - continua - può creare una carriera o semplicemente distruggerla"". Chico è stato lucido fino alla fine, e non c´è dubbio che nella sua tempestosa avventura americana ci sia stato anche un incontro con Sinatra. Che in vita però ha sempre negato qualsiasi collusione con gli ambienti malavitosi, fino all´ultima testimonianza prodotta nel 1980 davanti al Nevada State Gaming Control Board, dove giurò per l´ennesima volta che Willie Moretti, uno degli accoliti di Lucky Luciano, "non ha avuto assolutamente niente a che fare con la mia carriera". Gli autori, al contrario, danno per scontata una sorta di naturale fratellanza con i mafiosi siculo-americani dovuta al fatto che i nonni paterni, Francesco Sinatra e Rosa Sgalimbeni, provenivano dallo stesso paese, Lercara Friddi, di più, dalla stessa stradina, Via Margherita di Savoia, in cui Salvatore Lucania, "in arte" Lucky Luciano, era nato nel 1897. I legami con Lucky Luciano. Delle pacche sulla spalla che Frank e Lucky si sono scambiati dagli anni Quaranta fino alla morte del boss, avvenuta in Italia nel 1962, si è scritto e riscritto. Sinatra, con i giornalisti come con i giudici, minimizzava: "Noi artisti siamo gentili con tutti. Stringiamo la mano a chiunque venga a salutarci nel camerino". Ma nelle biografie ufficiali, i dettagli di certe amicizie sono sempre rimasti tabù, anche se la figlia Nancy, in Frank Sinatra: An American legend, ristampato nel 1998, non fa mistero di essere cresciuta vedendo sempre in giro "quella gente". Gli autori di The life, dunque, non hanno torto ad attribuire l´inizio di certe pericolose amicizie proprio all´origine italiana, meglio siciliana, del clan Sinatra (i genitori già durante il proibizionismo gestivano una bettola clandestina a Hoboken, nel New Jersey, paese natale di Frank). David Evanier, che ha scritto The Jimmy Roselli Story - Making the wiseguy weep (Ed. Farrar, Straus and Giroux, 1998), la biografia autorizzata di un altro cantante di Hoboken, anche lui di origine siciliana, anche lui con un timbro superbo, pur senza il carisma di The Voice, fa dire al protagonista: "Quando cominciai a diventare famoso, i mafiosi erano sempre nelle prime file dei teatri con il loro sigaro in bocca. Mi amavano, ma volevano ammazzarmi perché non stavo al loro gioco. Erano le loro madri e le loro sorelle che glielo impedivano". Ma non sempre era possibile dire di no: Roselli, che è ancora vivo, cantò al matrimonio di John Gotti Jr, aveva tra i propri fan Carlo Gambino e fu più volte ospite nella sua magione. E, tanto per dimostrare che i boss mafiosi in fondo in fondo hanno un´anima come gli altri fan, Larry Gallo si fece seppellire stringendo nelle mani, al posto del rosario, un disco di Jimmy. Roselli ancora ne esalta le qualità: "Un ragazzo d´oro, dolce, simpatico, leale". Ma racconta anche senza mezzi termini quel che Sinatra non ha mai voluto ammettere: in quegli anni nessuno sarebbe entrato nel circuito di serie A dei nightclub senza la simpatia della mafia. Joe E. Lewis, il comico che cercò di fare a modo suo, per poco non ci rimise le penne, mentre per Frank e Jimmy Durante, un altro buon amico degli amici, le porte del Copacabana di New York (che era di proprietà di Frank Costello), del Latin Quarter di Boston e di tutti i migliori locali di Las Vegas, oasi della nuova mafia, erano sempre spalancate. Sinatra era astuto, da bravo italiano aveva una famiglia e tre figli che trattava con ogni riguardo, ma fuori casa era un allegro compagno di merende che sapeva bene come trattare gli affari e le donne. Aveva dalla sua una dote che né Roselli né Durante potevano sfoggiare, il sex appeal e gli occhi blu. Nella foto segnaletica che lo indica come il prigioniero numero 42799, scattata nel 1938 dalla polizia del New Jersey, il 23enne Frank è bello da perdere la testa, di una bellezza esuberante e moderna a metà strada tra Bowie (che a un certo punto doveva interpretare Sinatra sul grande schermo) e Di Caprio. Non aveva rubato né ucciso nessuno, aveva solo messo le mani addosso a una ragazza e la famiglia lo aveva denunciato. Un frettoloso matrimonio riparatore con Nancy, proprio come in una brava famiglia siciliana, sistemò l´incidente. Amore e sesso. Della vita sentimentale di Sinatra si è occupata con dovizia di particolari la velenosissima Kitty Kelley, che nel 1987 pubblicò A modo suo (Ed. Longanesi & C.) e molti aneddoti sono sparsi nelle biografie di altri vip e star di Hollywood, da Lauren Bacall a Judy Garland, passando per Lana Turner, Marilyn Monroe e Gloria Vanderbilt. Gerald Clarke, in Get Happy - The life of Judy Garland (Ed. Random House, 2000), mette persino in dubbio la proverbiale ars amatoria di Frank. Judy lo trovava noiosissimo perché pretendeva interminabili fellatio e quasi mai riusciva ad avere con lui rapporti sessuali completi. Era Sinatra il misterioso amante che costringeva la diva a cantare Over the rainbow alla fine di ogni performance amorosa? Frank Sinatra manteneva con tutte le sue amanti rapporti cordiali, ma aveva anche bravi avvocati e sapeva come attaccare giornalisti maldestri che insinuavano senza avere prove. E soprattutto sapeva tenere gli "amici" lontani dalla sua vita pubblica; in un mondo in cui i media non erano agguerriti come oggi, il gioco gli riusciva piuttosto bene. "Dopo che Luciano fu estradato in Italia, Sinatra, anche lui in visita nel bel paese, fece di tutto per non incontrarlo, ma i due si scambiarono molte telefonate", racconta l´ultima compagna del boss, Adriana Rizzo, che parla anche di un accendino (o di un portasigarette?) d´oro (o d´argento?) di cui l´artista gli avrebbe fatto dono con l´iscrizione "Al mio caro amico Charlie Luciano", con la firma che milioni di ragazze americane avrebbero voluto nei loro quaderni. Perché già nel 1945, dopo aver lasciato l´orchestra di Tommy Dorsey, Frank era un idolo pop che bloccava il traffico a Times Square quando si esibiva al Paramount Theater. A volte il pubblico che pagava per la pomeridiana restava incollato ai propri posti ripagando il biglietto per lo spettacolo delle otto. Bono degli U2, molti anni più tardi, dopo aver duettato con Frank in I´ve got you under my skin, lo battezzò "il Big Bang della popular music". Ma chi convinse Dorsey a sciogliere il contratto con Sinatra? Chi pagò la somma che il band leader pretendeva per lasciarlo libero di diventare un solista? Chi lo fece entrare a Hollywood dalla porta principale della Mgm? Gli amici. Loro erano lì già quando lui non era ancora The Voice. Ed erano lì quando la stella di Frank stava per tramontare (e sarebbe tramontata, con la voce che non era più quella di un tempo, i nervi che dopo il matrimonio con Ava Gardner cominciavano a cedere e gli studios che lo consideravano bollito). Il ritorno in vetta. Invece Frank ritornò in vetta con un film, Da qui all´eternità (1952), che rimise in moto tutta la sua carriera. Fu memorabile in quella parte, ma non l´avrebbe ottenuta con le proprie forze, perché né il regista né il produttore erano pronti a scommettere su di lui (invece si guadagnò due Oscar in tre anni, il secondo per L´uomo dal braccio d´oro). Sarebbe diventato un evergreen, l´idolo di Las Vegas con il Rat Pack (insieme a Sammy Davis Jr, Dean Martin e Peter Lawford). Avrebbero continuato a sparlare di lui e delle sue amicizie mafiose, di quello sporco viaggio a Cuba con Luciano a base di rum e affollatissime orgette, dei favori chiesti a Sam Giancana durante la campagna elettorale di John Fitzgerald Kennedy nel 1960, di quanto Bugsy Siegel amasse la sua voce e lo voleva a ogni costo re di Las Vegas... Ma con Frank ogni volta le chiacchiere stavano a zero: nel 1985 Reagan gli mise al collo la Medaglia Presidenziale della Libertà, celebrandolo come "uno dei più onorevoli e illustri americani". The Voice aveva settant´anni, gliene restavano tredici da vivere. Gli amici erano ormai tutti morti per poter ringraziare. Giuseppe Videtti