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 2005  giugno 05 Domenica calendario

Lettere a Einstein di un gruppo di bambini Caro professore, ti scrivo... La Repubblica 05/06/2005. Finora, che cosa pensasse in teoria Albert Einstein sulla scuola e l´insegnamento lo si poteva desumere dai saggi raccolti in Idee e opinioni (Il Cigno, 1990), nei quali egli dichiarava fra l´altro che "l´unico sistema razionale d´educazione è di offrire se stessi come esempio e, se non lo si può evitare, come avvertimento", che "lo scopo della scuola è di far acquisire ai giovani una personalità armoniosa, e non una specializzazione", e che "l´eccessivo carico didattico porta necessariamente alla superficialità"

Lettere a Einstein di un gruppo di bambini Caro professore, ti scrivo... La Repubblica 05/06/2005. Finora, che cosa pensasse in teoria Albert Einstein sulla scuola e l´insegnamento lo si poteva desumere dai saggi raccolti in Idee e opinioni (Il Cigno, 1990), nei quali egli dichiarava fra l´altro che "l´unico sistema razionale d´educazione è di offrire se stessi come esempio e, se non lo si può evitare, come avvertimento", che "lo scopo della scuola è di far acquisire ai giovani una personalità armoniosa, e non una specializzazione", e che "l´eccessivo carico didattico porta necessariamente alla superficialità". Cioè, l´esatto contrario di ciò che la maggioranza delle scuole di ogni tempo e luogo ha sempre praticato. Degli esami di maturità, poi, Einstein pensava che fossero non soltanto inutili, visto che un insegnante può giudicare molto meglio un allievo valutando il suo lungo percorso scolastico che non le sue brevi prove finali, ma anche dannosi, per la tensione emotiva e lo sforzo mnemonico che richiedono, al punto da poter generare incubi duraturi e distruggere la curiosità intellettuale. Concordando, in questo, con un altro famoso avversario degli esami, il matematico Giuseppe Peano, secondo il quale "se serve, a bocciarli ci penserà la vita". Che cosa facesse invece in pratica il Caro Professor Einstein quando interagiva con gli alunni delle inferiori lo si può ora leggere in un omonimo libro, a cura di Alice Calaprice, dedicato ai bambini di tutto il mondo, che contiene la corrispondenza tra il grande scienziato e i suoi piccoli interlocutori, sui tipici problemi metafisici che se posti nell´infanzia sono indice di maturità intellettuale, e nella maturità diventano invece sintomo di infantilismo: "Che cos´è l´anima?", "Che cos´è il paradiso?", "Che cos´è il tempo?", "Che cos´è la quarta dimensione?", e via dicendo. Naturalmente, i bambini che scrivevano a Einstein erano vittime dell´influsso mediatico che ne aveva fatto un´icona del suo tempo: al punto che, quando morì, il suo corpo venne cremato e le ceneri furono disperse in un luogo sconosciuto, per evitare che la sua tomba diventasse meta di pellegrinaggi. E, per lo stesso motivo, chi si rechi oggi in Mercer Street a Princeton non troverà nessun segno di riconoscimento che indichi la "villetta bianca a due piani con la veranda e le colonnine" in cui abitava, ricordata dalla nipotina Evelyn nella sua introduzione al volume. Einstein era infatti nonno, e dunque anche padre, benché in maniera poco grandiosa. La prima figlia, Lieserl, non la vide mai: fu partorita in Serbia, paese natale della prima moglie, e di lei si sono perse le tracce dopo i suoi venti mesi. Il terzo figlio, Eluard, a vent´anni divenne schizofrenico, finì in un ospedale psichiatrico, e non ebbe più contatti diretti col padre negli ultimi vent´anni della sua vita. E la corrispondenza con Eluard e il fratello Hans Albert, non riportata in questo libro, rivela un crescente risentimento dei due bambini per le assenze del genitore, ormai diventato famoso, nonostante egli li assicurasse che anche in un solo mese all´anno "da me potrete imparare molte cose che gli altri non vi insegneranno tanto facilmente". Non è, comunque, che nella sua vecchiaia Einstein abbia trovato più tempo per i bambini altrui di quanto ne avesse avuto per i propri: le sue rare risposte alla sessantina di loro lettere, risalenti al periodo fra il 1928 e il 1955, sono spesso soltanto aforismi. Il più noto è indirizzato a una dodicenne, preoccupata dello sforzo che le richiedeva lo studio: "Non preoccuparti delle tue difficoltà in matematica: ti posso assicurare che le mie sono ancora più grandi". A un saputello che gli diceva di aver riflettuto a lungo sulla relatività, rispose: "Credo che faresti meglio a dare lezioni agli altri soltanto dopo aver tu stesso imparato qualcosa di utile". E a un altro: "Non sei il giovanotto più sensato al mondo, ma è un bene che tu sia perlomeno un ragazzo curioso". A una bimba che gli chiedeva se gli scienziati pregano, dichiarò che "gli scienziati non sono inclini a credere che il corso degli eventi possa essere influenzato dalla preghiera, vale a dire, da una volontà soprannaturale". Aggiungendo, però, che "la ricerca scientifica conduce a un sentimento religioso particolare, del tutto diverso dalla religiosità di chi è più ingenuo". E a un padre che sperava di rivedere in cielo il figlio undicenne morto, rispose: "Non alimentare l´illusione, ma cercare di superarla, è la via per raggiungere la pace della mente". Chi non è d´accordo, faccia un segno (della croce). Piergiorgio Odifreddi Gentile Dottor Einstein, A catechismo ci siamo chiesti: gli scienziati pregano? E prima ancora ci siamo chiesti se si può credere sia nella scienza che nella religione. [...] Saremo onoratissimi se vorrà rispondere alla nostra domanda: gli scienziati pregano? E per che cosa pregano? Siamo in prima media, nella classe della signorina Ellis phyllis, new york 19 gennaio 1936 Cara Phyllis, Cercherò di risponderti il più semplicemente possibile. Gli scienziati ritengono che tutti i fatti, compresi quelli umani, siano dovuti a leggi della natura. [...] Chiunque si occupi seriamente di scienza si convince però anche che una sorta di spirito, di gran lunga superiore a quello umano, si manifesta nelle leggi dell’universo albert einstein 24 gennaio 1936 Gentile Signore, Sono una ragazzina di dodici anni come tante altre e frequento la seconda A alla Eliot Junior High School. Le ragazze della mia stanza hanno quasi tutte degli idoli a cui scrivono lettere di ammirazione. I miei idoli siete lei e mio zio, che fa la guardia costiera. [...] In matematica sono un po’ sotto la media [...] barbara, washington 3 gennaio 1943 Cara Barbara, La tua gentile lettera mi ha fatto molto piacere. Fino a questo momento non mi sono di essere un idolo. Ma visto che mi hai dato questo appellativo sento di esserlo. [...] Non preoccuparti delle tue difficoltà in matematica; ti posso assicurare che le mie sono ancora più grandi Albert Einstein 7 gennaio 1943 Gentile Signore, Spero che non penserà che sono impertinente, ma visto che è il più grande scienziato mai esistito, mi piacerebbe avere il suo autografo. [...] Probabilmente le avrei già scritto anni fa, ma non sapevo che fosse ancora vivo. [...] Sono appassionata di scienze. [...]Quello che mi preoccupa di più è capire come fa lo spazio a continuare all’infinito? tyfanny, sud africa 10 agosto 1946 Cara Tyfanny, grazie della lettera del 10 agosto. Mi devo scusare con te se sono ancora tra i vivi. Ma a questo, comunque, ci sarà rimedio. Non preoccuparti per lo "spazio curvo". Più avanti capirai che è lo stato più semplice che lo spazio possa avere [...]. Cordialmente Albert Einstein 25 agosto 1946