Corriere della Sera Magazine, Antonello Capurso, 6 giugno 2005
Ai tempi della 1° repubblica i sottosegretari si sceglievano in bagno. Corriere della Sera Magazine
Ai tempi della 1° repubblica i sottosegretari si sceglievano in bagno. Corriere della Sera Magazine. Il ministro per le Riforme Roberto Calderoli ha di recente raccontato uno storico, anzi leggendario, aneddoto, riportato poi da Francesco Verderami sul Corriere della Sera, riguardante la formazione delle liste dei sottosegretari democristiani al tempo del manuale Cencelli e riferitogli - ha detto Calderoli - dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, che ne sarebbe il protagonista: "Il bello accadeva quando si dovevano decidere i sottosegretari. Mi ricordo che Andreotti mi riceveva nel suo bagno, mentre si radeva. E io, seduto sulla tazza del water, prendevo appunti. Decisa la lista, Giulio andava in Consiglio dei ministri, e anziché leggerla ne presentava un’altra. Aspettava che nel governo scoppiasse il parapiglia, per poi metterli d’accordo con la lista vera. Che nel frattempo aveva cambiato". Pisanu, come previsto, glissa: " una leggenda che è risaltata fuori, ma vorrei proprio sapere chi è che anni fa ha messo in giro questa voce". L’incolpevole Pisanu è rimasto così vittima di una voce che ha fatto entrare di prepotenza il bagno di Andreotti nella leggenda politica italiana, al fianco di altri luoghi, altrettanto curiosi, oltreché accertati: come il barbiere, dove si rifugiò per farsi barba e capelli il leader Dc Carlo Donat Cattin quando, al momento di giurare al Quirinale, apprese che gli era stato assegnato un ministero non gradito; o come la cabina telefonica che segnò nel marzo 1972 una svolta nella politica italiana. Erano le sette e trenta del mattino e il segretario del Pri Ugo La Malfa se ne tornava a Roma da Grosseto insieme al vicesegretario Adolfo Battaglia. Sui giornali del mattino campeggiavano le dimissioni di Giovanni Spadolini dal Corriere della Sera. "Perché non offriamo a Spadolini di venire con noi?", fa Battaglia. " un’ottima idea. Telefoniamogli subito", approva La Malfa. All’altezza di Talamone viene individuata una cabina telefonica. La Malfa chiama e Spadolini accetta di candidarsi con i repubblicani. Dieci minuti dopo telefona a Spadolini anche Giuseppe Saragat, per proporre la stessa cosa, ma con il Psdi. Troppo tardi: il futuro presidente del Consiglio era già arruolato con l’edera. Molti governi sono comunque nati e svaniti in automobile. Racconta Pasquale Cascella, oggi notista politico dell’Unità e nel dicembre 1999 portavoce di Massimo D’Alema: "Mentre andavamo al Quirinale per formare il D’Alema bis, arrivò una telefonata in auto. Era Carlo Azeglio Ciampi: "Ho visto la lista, ma con il tuo primo governo avevi raggiunto un bel primato di donne ministro, perché rinunciarci?". D’Alema, che stava già entrando con l’auto al Quirinale, chiama di corsa il leader dei Popolari Franco Marini a piazza del Gesù, che fa: "Ci penso io". Marini richiama proprio mentre D’Alema stava accedendo al salottino presidenziale: "Per noi va bene Patrizia Toja”. Fu così che la Toja divenne, sul filo di lana, ministro". E in automobile si consumò anche il dramma del Dc Filippo Mafia Pandolfi, il quale commise un errore: fatta con anticipo la lista dei ministri, non si recò subito al Quirinale ma attese l’ora dell’appuntamento; senonché, mentre lasciava piazza del Gesù per recarsi ad accettare l’incarico, nacque a sua insaputa un problema su un ministero importante. Pandolfi stava giusto entrando nel cortile quirinalizio, quando arrivò la telefonata del capo della segreteria Dc: "Dove sei?". "In macchina. Sto entrando proprio ora al Quirinale", fa Pandolfi. "Al Quirinale? Torna indietro. È saltato tutto!". Fu così che Pandolfi salutò i corazzieri, girò l’auto, e non formò mai il suo governo. L’episodio, peraltro, si impresse a caratteri cubitali nella memoria dei futuri presidenti incaricati. Qualche anno dopo, nel 1989, Giulio Andreotti, chiusa la solita estenuante trattativa sui ministri, decide di muoversi con largo anticipo da piazza del Gesù, ordina di chiudere tutti i telefoni e, arrivato al Quirinale, dà disposizione di girare con la scorta intorno al palazzo per trenta minuti, attendendo che si faccia l’ora dell’appuntamento con il capo dello Stato. "Presidente, cosa succede?", domanda l’allora portavoce Stefano Andreani. E Andreotti: "Ricordati di Pandolfi". Il letto è invece un buon posto dove apprendere di essere diventati ministro: Oliviero Diliberto fu svegliato alle sette di mattina da Luciano Violante: "Sei ministro della Giustizia!". E in altri tempi, nel luglio 1953, l’onorevole Raffaele Resta (Dc) fu dolcemente svegliato da una sorprendente notizia. Le cose andarono così: Alcide De Gasperi si accingeva a formare il suo governo e nel compilare la lista scrisse a fianco di ciascuna carica il nome del nuovo ministro, ma arrivato alla carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, vergò a penna: "resta", a intendere che era confermato il sottosegretario precedente. L’ufficio legislativo cui fu passato il foglio per le convocazioni, però, scovò nell’annuario dei parlamentari un certo Raffaele Resta, che fu così buttato giù dal letto e convocato di corsa a palazzo per il giuramento. De Gasperi, visto arrivare pieno di gratitudine l’onorevole Resta, non ebbe il coraggio di dirgli la verità e se lo prese al governo. Con l’avvento di Silvio Berlusconi la formazione delle liste di governo si è concentrata comunque a palazzo Grazioli, prima e dopo, se non durante, i pranzi del cuoco Michele cui sono soliti partecipare i leader della Casa delle libertà. Ugualmente a tavola può arrivare la notizia che si è entrati al governo. Così, nel 2001, Michele Vietti (Udc) seppe di essere diventato sottosegretario alla Giustizia mentre cenava in un ristorante dal nome incauto: I Due Ladroni, a Roma. E Antonio Martusciello (Fi) apprese di essere diventato sottosegretario all’Ambiente mentre era "a cena da Pizza Margherita, a Riviera di Chiaia, davanti a un piatto di friarelli, la verdura napoletana". Ma liste di governo e convivio, in realtà, sono sempre andati a braccetto nella politica italiana. Mariano Rumor compilò un intero governo senza muoversi dai tavolini di "Ranieri". "Molti Dc", ricorda oggi Gustavo Selva (An, ex Dc), "sono finiti al governo tra una portata e l’altra del ristorante La Vigna dei Cardinali. E con un saggio almeno di alta cucina, se non di alta politica, nel 1983 il segretario Psdi, Pietro Longo, spiegò a Bettino Craxi gli equilibri per formare il governo: "La mia ricetta è questa: nella pastasciutta i socialisti sono un poco di peperoncino, la Dc un’abbondante ricotta, il Pri una spolverata di prezzemolo e i socialdemocratici sono la base di pomodoro". "E il Pli?". "Che vuoi fare, il condimento è finito, però saranno felici di sapere che i colori del piatto sono bianco, rosso e verde". Antonello Capurso