Leonetta Bentivoglio, la Repubblica 26/3/2005, 26 marzo 2005
Teme l’eccesso di conservazione? "E’ distruttivo. Molto più diffusi rispetto al passato, i mezzi per conservare ci stanno soffocando
Teme l’eccesso di conservazione? "E’ distruttivo. Molto più diffusi rispetto al passato, i mezzi per conservare ci stanno soffocando. Una civiltà che basa tutte le sue risorse sulla catalogazione dei ricordi ha paura di se stessa. Oppure sta per morire. Le culture più forti sono state quelle che hanno avuto il coraggio di sostituire il passato con il presente. Gli uomini del Rinascimento non si curavano delle chiese gotiche, e se potevano modificarle lo facevano. Una cultura attiva non teme di distruggere o di dimenticare" Perché prescindere dall’emozione e dal piacere dell’ascolto? Troppo spesso la musica contemporanea, ostica e cerebrale, non se ne cura affatto. "Ogni nuova sensibilità deve entrare nella cultura per imporsi. Si è rimproverata la mancanza d’emozione anche a Debussy, così come a Bartok e Stravinskij. Diffido dell’equivalenza tra passività e piacere. Vedere una soap-opera in tivù è più riposante che seguire una dramma di Shakespeare o una pièce di Beckett. Oltre che dalla pigrizia degli interpreti, la difficoltà dell’approccio del pubblico alla musica contemporanea dipende dal fatto che le opere hanno un linguaggio più complesso, senza elementi prefabbricati. Inoltre, la quantità di pubblico è aumentata enormemente rispetto all’inizio del Novecento. Col risultato di un’inerzia di massa e di un eccesso specialistico nell’ascolto, mentre la cultura vive di interessi pluralistici e del coraggio di porsi dei problemi" (Pierre Boulez)