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 2005  giugno 03 Venerdì calendario

TORNABUONI Lietta

TORNABUONI Lietta Pisa 24 marzo 1931, Roma 11 gennaio 2011. Giornalista. Critico cinematografico. Da ultimo alla Stampa e all’Espresso • «[...] editorialista di costume politico, sociale e culturale, critico cinematografico autorevole e insieme molto popolare, ha lavorato anche a “Noi Donne”, a “Novella” [...] all’“Europeo”, al “Corriere della Sera”. Tra i suoi libri: Sorelle d’Italia, Album di famiglia della tv, Era Cinecittà, l’annuale appuntamento di Al cinema, il volume che periodicamente raccoglie le sue recensioni» (“La Stampa” 3/6/2005) • «[...] Aveva cominciato giovanissima a Noi donne, il settimanale dell’Udi, era passata a Novella, poi all’Europeo e a L’Espresso [...] Collaborava a La Stampa, negli ultimi anni come critico ma non solo, e, assunta nel 1970, con un breve periodo al Corriere della Sera, era stata uno dei più autorevoli e brillanti inviati del quotidiano torinese. Scriveva di tutto, articoli sempre esemplari che si leggevano avidamente, memorabili pezzi sul cavallo Ribot o su Pasolini, interviste a Cossiga o a Fellini, inchieste sulle pantere nere negli Usa o in Cina sulla terribile vedova Mao, sull’attentato terroristico alle Olimpiadi di Monaco del ’72 e sul rapimento e omicidio di Aldo Moro nel ’78. [...] Vagamente gli amici sapevano della sua nobile e colta famiglia, di una sorella suicida, di un matrimonio, giovanissima, con un compagno di partito, matrimonio pochi anni dopo annullato (il divorzio non c’era ancora) in quanto contratto tra due comunisti, cioè diabolici peccatori. Era stata molto vicina a sua madre, donna di grande cultura e aveva assistito il fratello Lorenzo, pittore di talento, per anni confinato a letto [...] era una grande cronista, un’opinionista severa, un’implacabile intervistatrice, una giornalista ironica, puntigliosa, acuta e generosa, una persona anticonformista, di profonda moralità laica, senza padroni, ha preferito appartarsi nei limiti inoffensivi della critica cinematografica perché la politica, che era stata una sua passione e che aveva settimanalmente raccontato nella sua rubrica “Persone”, svelandone i peccati e i peccatori, si era ormai troppo insquallidita, criminalizzata, attorcigliata attorno a personaggi troppo privi di glamour, che era ciò che lei cercava in tutto. La sala buia era diventata un rifugio a stanchezza e delusioni, i film non disturbavano il suo bisogno di solitudine, scriverne nella sua casa silenziosa, invasa da migliaia di libri che alimentavano la sua instancabile cultura, era un modo per proteggere il suo orgoglio, la sua dignità, per non mostrarsi più e diventare finalmente invisibile» (Natalia Aspesi, “la Repubblica” 12/1/2011).