La Stampa tSt 01/06/2005, pag.IV Laura Somà, 1 giugno 2005
Grappolo di glicine lungo 180 centimetri. La Stampa tSt 01/06/2005. Kaspar Wistar , vissuto dal 1761 al 1818, certo non aveva fama di un inguaribile romantico
Grappolo di glicine lungo 180 centimetri. La Stampa tSt 01/06/2005. Kaspar Wistar , vissuto dal 1761 al 1818, certo non aveva fama di un inguaribile romantico. Eppure il suo nome è legato a uno dei fiori più dolci e leggiadri di tutto il panorama floreale: il glicine. Il vero nome di questo rampicante è Wistaria e fu Thomas Nuttal, il padre della botanica americana, a coniarne il nome nel 1818 dedicandolo proprio al professor Wistar, docente emerito della facoltà di anatomia all’Università della Pennsylvania. In realtà Nuttal non era a conoscenza del fatto che già Linneo aveva catalogato un’altra specie dello stesso fiore collocandola nel genere Glicinia (dal greco glyks = dolce) in riferimento alla squisita dolcezza del suo nettare. Il nome Wistaria ebbe tuttavia la meglio su Glicinia ma si diffuse maggiormente nell’accezione inglese di Wisteria cosicché su molti testi è ancora riportata la doppia denominazione. Nei paesi latini come Spagna, Francia, Italia si è tramandato popolarmente il nome originale di glicine mentre in Germania il nome blauregen (pioggia blu) è ancora più eloquente ed è analogo al nome cinese zi-teng (vite blu). Proprio alla Cina e alla sua iconografia va la nostra mente se pensiamo al glicine. Fu invece di derivazione americana la prima specie introdotta in Europa. Classificata da Linneo nel Settecento fu rapidamente soppiantata dall’arrivo delle cugine orientali circa un secolo dopo, non potendo gareggiare con la loro spettacolare fioritura. Il glicine cinese (W. sinensis) arriva in Gran Bretagna nel 1816 ed è segnalato in Italia già nel 1840. Oggi è la specie di glicine più diffusa dal piano ai mille metri e più di quota, coltivata come rampicante ornamentale ad impreziosire pergole, terrazzi, recinzioni o a ricoprire intere pareti. Resistente alle basse temperature,è assolutamente secco e spoglio in inverno e comincia verso i primi di aprile - se la stagione è favorevole - a presentare le sue gemme, specie di piccole pigne color bronzo che vanno allungandosi ed aprendosi giorno dopo giorno. In corrispondenza di ogni scaglia escono minuti boccioli blu-viola che a poco a poco si accrescono e schiudono nella corolla tipica delle Papilionacee (ex Leguminose). I petali sono cinque, di forme e proporzioni diverse: quattro, appaiati a due a due, racchiudono anteriormente gli organi riproduttivi formando una struttura allungata tipo becco d’anatra, mentre il quinto, molto più grande e all’incirca cuoriforme ha funzione vessillare per gli insetti impollinatori. L’insieme dei fiori crea stupendi grappoli ricadenti, delicati e impalpabili dal soave e dolce profumo. Nel caso di W. sinensis sono di un delicato color viola lilla (color glicine appunto), ricchi e pieni, lunghi anche fino a 30 centimetri ma ne esistono di bianchi, rosa, blu o addirittura porporini, con lunghezze che vanno dai 15 centimetri di W. brakybotris ai 100-120 di W. floribunda macrobotrys (nel "Guinness dei primati" è citato un grappolo lungo 180 centimetri!). Il massimo della fioritura si ha tra aprile e maggio quando i grappoli sono belli pieni e da lontano sembrano frutti soffici e leggeri ondeggiati dalla brezza primaverile. Le foglie, decidue e imparipennate, compaiono dopo, quando ha inizio anche la crescita vegetativa: appendici verdi allungate si protendono qua e là alla ricerca di punti di ancoraggio sbucando come riccioli ribelli tra la compatta massa dei fiori. Appena localizzato un supporto vi si avviticchiano saldamente. Esistono specie che si avvolgono da sinistra verso destra come il glicine cinese e altre come il glicine del Giappone (W. floribunda) che invece si avvolgono da destra verso sinistra. Nonostante l’aspetto delicato della sua fioritura, il glicine è invadente. Le sue radici sono capaci di infilarsi ovunque rompendo tubazioni e minando fondamenta; il fusto può avvinghiare saldamente qualsiasi cancello o recinzione in ferro e accrescendosi può facilmente deformarlo. una pianta che va quindi contenuta e guidata nella sua esuberanza con potature oculate. Come tutte le Papilionacee il glicine è assolutamente autonomo dalla concimazione azotata: nelle sue radici vivono in perfetta simbiosi batteri azotofissatori che procurano alla pianta il prezioso elemento. Laura Somà