Corriere della Sera 28/05/2005, pag.35 Barbara Palombelli, 28 maggio 2005
"Quando Craxi e mia moglie ballavano ad Hammamet". Corriere della Sera 28/05/2005." I politici italiani dovrebbero darsi una regolata, rispettare una disciplina, apparire di meno, coltivare di più la virtù dell’assenza
"Quando Craxi e mia moglie ballavano ad Hammamet". Corriere della Sera 28/05/2005." I politici italiani dovrebbero darsi una regolata, rispettare una disciplina, apparire di meno, coltivare di più la virtù dell’assenza. La mondanità degli anni Ottanta ha tolto autorevolezza ai personaggi che dirigono il Paese, le regioni, le città. Un compito sacro, una missione. Tutto è cominciato quando lo stato maggiore del Psi, guidato da Gianni De Michelis, che pure è stato un buon ministro, ha invaso il Jackie O’, il Tartarughino, i locali della Roma strappona. Un grande errore. Come se il Papa andasse con i cardinali a cenare ai Due ladroni. Da allora, il contagio si è diffuso, il presenzialismo è diventato una regola: in una settimana vedi lo stesso leader tre volte a Porta a Porta , dove viene chiamato a parlare su qualunque argomento, poi lo incontri in piazza a prendere il gelato, a Trastevere che canta e balla fino alle due di notte, lo trovi su Novella 2000 in barca o in spiaggia e pensi, da cittadino: ma come farà ad alzarsi la mattina alle sette per occuparsi della crisi economica? " . Carlo Verdone abita a Monteverde vecchio in un bellissimo attico, circondato dal verde e dalla vista della capitale a 360 gradi. Arrivo mentre è appena finita una riunione di lavoro per il prossimo film: un confronto generazionale fra un adulto e un ventenne, lui e Silvio Muccino, un soggetto scritto insieme a Pasquale Plastino e Silvia Zanfagni. Gli arredi somigliano al padrone di casa: tranquilli, borghesi, rassicuranti come i divani bianchi e i tappeti sparsi sul parquet lucidissimo. Regna ovunque un ordine totale. La famiglia Verdone ha sempre mescolato la tradizione borghese con la passione per la musica, il cinema, le arti. Papà Mario, storico del cinema autorevole e ironico, è ancora un punto di riferimento per i figli Carlo, Luca e Silvia. La mamma Rossana, scomparsa e molto rimpianta, è sempre presente nelle fotografie e nelle loro vite: " Era una donna molto coraggiosa, da ragazza affrontò un colonnello delle SS per liberare dal carcere di Regina Coeli suo padre, Aldo Schiavina, socialista, arrestato per le sue idee. I miei erano di centrosinistra: votavano per Ugo La Malfa o Nenni. Oggi, il politico a cui mi sento più vicino è Walter Veltroni: è il santo protettore del cinema, è un uomo semplice, appassionato. Fra i grandi leader del passato, non ho dubbi: quello che ha vissuto con più stile è certamente Giulio Andreotti. Lui sì che ha conservato la sacralità del ruolo: anche nei momenti più difficili, non ha mai perduto la sua dignità. E, dopo vent’anni e più, come dimenticare Enrico Berlinguer, quel sorriso lieve che ha incantato milioni di persone, quella forza che incuteva rispetto? " . Nel Sessantotto, Carlo Verdone non scende in piazza. Lo si poteva incontrare piuttosto al Filmstudio, storico cineclub affollato da giovani aspiranti cineasti. Isabella Rossellini a vendergli la prima macchina da presa, " doveva pagare una bolletta del telefono enorme e non voleva chiedere i soldi al padre, si vergognava. E così, per 80 mila lire, una cifra notevole, mi vendette una Bolex Paillard " . Tanta radio, tanti teatrini, tanta buona tv, alla scuola dei varietà di Enzo Trapani e Antonello Falqui: l’attore regista, dopo la gavetta, viene quasi adottato da Sergio Leone, ospite fisso della sua villa dell’Eur, " dove l’unico politico che s’incontrava era Arnaldo Forlani. E lì ho imparato quasi tutto. Sergio mi diceva: " Chiamami pure padrino". Quella casa era un porto di mare: per scrivere i suoi film, lui voleva il meglio: Bernardo Bertolucci, Benvenuti e De Bernardi, Dario Argento. Tutti omaggiavano l’inventore del western all’italiana, il genio delle pause e della lentezza delle immagini, era un mito mondiale. Perfino in Costa d’Avorio, dove eravamo andati a scrivere una sceneggiatura insieme con Massimo Troisi, " così la mattina portiamo le mogli al mare e il pomeriggio lavoriamo in albergo, tranquilli" al suo passaggio, si inchinavano, lo chiamavano papa. Tutto vestito con un camicione bianco, la barba bianca, grasso: incuteva timore. E Sergio, scherzando mi diceva: " Vedessi come mi trattano in Thailandia, questo è niente" " . Protagonista dei primi capolavori di Leone è Gianmaria Volontè, " l’unico attore che da ragazzino ho fermato per strada per fargli i complimenti, eravamo a Ponte Sisto e lui, timidissimo, mi ringraziò dicendo: " Spero di migliorare e di non deluderla" " . Molti anni dopo quell’incontro, è Volontè – invitato a Cuba da Fidel Castro per un convegno sul cinema insieme a Mario Verdone – a chiedere: " Ma lei è il padre di Carlo? Quando torna in Italia gli faccia i miei complimenti " . Negli anni Ottanta e Novanta i personaggi di Verdone diventano simboli dei nuovi atteggiamenti e delle nuove debolezze degli italiani: ciascuno di noi si riconosce in uno dei tipi descritti, con maniacale attenzione, nei suoi spettacoli e nei suoi film. Bettino Craxi si innamora del garibaldino rimbambito che dice finalmente la verità su Mazzini, i Mille, Anita, in uno sketch televisivo con Renzo Arbore. " Mi chiese la cassetta, gliela mandai e lui ricambiò con un regalo. L’avevo conosciuto ad Hammamet, nel 1980. Ero lì in viaggio di nozze con mia moglie Gianna, lui era ancora in albergo come un turista normale. Mi riconobbe e mi invitò in una casa, credo fosse del sindaco di Brescia, per una festa. Tutta la sera si è messo a ballare con Gianna, tanto che gli dissi: adesso basta. Era un uomo intelligente e generoso, a volte un po’ autoritario. L’ho poi incontrato e frequentato, in seguito, in casa di una comune amica " . Girerebbe un film su di lui o sulla nostra storia recente, da Tangentopoli e Di Pietro all’ascesa di Berlusconi? " Mai. roba per la fiction. Di questi personaggi sappiamo tutto, anche troppo. Ogni giorno in tv appaiono persone che sembrano finte, tanto le loro storie sono eccessive, estreme. I mostri veri stanno anche nei reality, nelle trasmissioni. Nell’ultima cena con Alberto Sordi, noi andavamo all’Apuleius, un posto appartato sull’Aventino, lui mi disse: " Carlo, per te saranno guai. Come riuscirai a far ridere ancora? Qui il ridicolo è dappertutto, so’ dolori per i comici". Aveva ragione: tutta la gamma degli eccessi è dentro un telecomando, in 24 ore tutto il peggio viene scodellato: le buzzicone hanno preso il potere. Il cinema deve prendere un’altra strada, distinguersi dalla tv. Forse, dovremmo fare un film su un uomo come Nicola Calipari, una persona onesta di cui tutta la sinistra e tutta la destra hanno parlato bene, un servitore dello Stato con una moglie e una famiglia eccezionali" . Verdone non ama prendere in giro il Palazzo. " Ho scelto di raccontare le fragilità delle persone comuni, i vicini del condominio e quelli che incontri per strada ". Indimenticabili eccezioni, nel Gallo cedrone , un Armando Feroci che in un comizio viene acclamato perché propone di asfaltare il Tevere e un vecchio democristiano che, con voce solenne, pronunciava un discorso incomprensibile: " Siamo sempre tesi alla compressione programmatica delle scelte operative del governo, sempre tesi al rinnovamento, sempre tesi... finiva con un impegno a essere sempre tesi sul preambolo, un nonsenso " . Innamorato dei film di Nanni Moretti, de I compagni di Monicelli e di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, Verdone crede che l’ultimo film veramente politico sia stato Muro di gomma , l’inchiesta su Ustica di Marco Risi. E dopo? " I documentari di Michael Moore. Fine. Il cinema politico di oggi dovrebbe raccontarci il mondo degli eroi sconosciuti, i volontari, i medici, i missionari. Oppure provare a descrivere davvero i 4 chilometri di fila per salutare Giovanni Paolo II. E lì che c’è ancora una scintilla di speranza per i nostri figli, spesso infastiditi dall’eccessivo spazio che i giornali e la tv danno ai partiti e alle loro risse. Sai che mi ha detto un coatto tatuato e pieno di piercing, reduce dall’omaggio alla salma di Wojtyla? " Hai visto mai un politico che si è fatto un mazzo come il Papa, curvo e malato, tutti i giorni della sua vita? Io no e per questo ti dico: a Verdò, quello sì che è stato un grande!"". Barbara Palombelli