Il Sole 24 Ore 22/05/2005, pag.33 John Updike, 22 maggio 2005
Surrealisti in amore. Il Sole 24 Ore 22/05/2005. Max Ernst non è solo il protagonista di un’ampia e stimolante retrospettiva al Metropolitan museum of art; si sta procurando una pubblicità retroattiva quale personaggio romantico di un impudico ménage à trois ad alto potenziale artistico dei primi anni Venti, descritto con slancio lirico e dovizia di congetture da Robert McNab nel suo Ghost Ships
Surrealisti in amore. Il Sole 24 Ore 22/05/2005. Max Ernst non è solo il protagonista di un’ampia e stimolante retrospettiva al Metropolitan museum of art; si sta procurando una pubblicità retroattiva quale personaggio romantico di un impudico ménage à trois ad alto potenziale artistico dei primi anni Venti, descritto con slancio lirico e dovizia di congetture da Robert McNab nel suo Ghost Ships. I dati certi non sono molti. Ernst nacque a Brühl, cittadina tedesca vicino al Reno, a mezza strada tra Bonn e Colonia, da una numerosa famiglia cattolica di media estrazione. Il padre, pittore dilettante, insegnava ai bambini sordomuti. Ernst studiò filosofia e psicopatologia all’Università di Bonn. A vent’anni decise di diventare pittore ed entrò nel gruppo espressionista di August Macke. Nel 1919, dopo aver combattuto per quattro anni nell’esercito del Kaiser, dove raggiunse il grado di tenente, contribuì con Johanness Theodor Baargeld alla nascita del movimento dadaista di Colonia. Sempre più rinomato nel l’ambiente, in contatto con artisti tedescofoni del calibro di Paul Klee, Hans Arp, George Grosz, John Heartfield e Otto Dix, Ernst si cimentò nel collage. In questo ambito le sue opere gli valsero una personale a Parigi nel 1921, ma problemi di visto nella Germania del dopoguerra gli impedirono di presenziarvi. La mostra, organizzata da André Breton, destò l’entusiasmo dei surrealisti francesi. Più tardi, quello stesso anno, il poeta surrealista Paul luard e la sua consorte russa Gala si recarono a Colonia col preciso intento di incontrare Ernst. L’incontro fu immortalato da una fotografia che mostra Max e Luise Ernst, con il loro figlioletto Jimmy, in compagnia degli luard e di Baargeld. E già vi risaltava un profetico dettaglio di intima usurpazione: nella foto Gala indossa la Croce di Ferro tedesca, la decorazione militare che Ernst si era meritato in battaglia. Anche luard, di quattro anni più giovane del trentenne Ernst, aveva fatto la guerra (subendovi una grave intossicazione da gas). "Io e Max eravamo a Verdun a spararci addosso l’un l’altro", diceva. "Tra i due si stabilì un’immediata sintonia morale e immaginifica", scrive Robert McNab. "Provarono un istantaneo impulso a collaborare, a improvvisare come jazzisti: luard selezionò immediatamente undici collage di Ernst per illustrarci il suo nuovo libro di poesie... Acquistò anche un grande dipinto, l’Elefante di Célebès, che portò a Parigi. Fu la prima delle numerose collaborazioni editoriali dei due, e la prima di centinaia di opere che luard acquistò da Ernst". luard - la cui produzione poetica è invecchiata decisamente meglio di quasi tutte le creazioni del gruppo surrealista di Parigi - rappresentava una figura anomala rispetto alla connotazione bohémien del cenacolo. Aveva i soldi e anche un lavoro. Lavorava per il padre, imprenditore edile parigino. Seguirono altre collaborazioni con Ernst, e altri viaggi a Colonia. Non è dato sapere quando Gala ed Ernst cominciarono ad andare a letto insieme, ma una foto (probabilmente del marzo 1922) ci mostra la consorte di luard tra i due uomini, leggermente più vicina a Ernst che al marito. Tutti in tenuta da sci. A fare lo scatto, probabilmente, fu Luise Straus-Ernst, che scriveva in seguito della "subdola, spumeggiante creatura con una cascata di capelli neri, occhi luminosi e vagamente orientali, ossa delicate, che, non essendo riuscita a spingere il marito ad avere una relazione con me per appropriarsi di Max, decise infine di tenerseli entrambi, con l’amorevole consenso di luard". Nell’estate del 1922 la relazione e la compiacenza di luard erano di pubblico dominio. Nella biografia Gala, del 1995, Dominique Bona la definisce "punto di riferimento della loro amicizia, mezzo di comunicazione reciproco, moglie condivisa, tramite di unione carnale". Ad agosto, Ernst lasciò in Germania moglie e figlio e, varcato illegalmente il confine col passaporto di luard, si trasferì nella casa dei due coniugi a Saint-Brice, un sobborgo di Parigi. Non tornò mai più a vivere in Germania. Luise, che Max aveva incontrato all’istituto d’arte prima della guerra e sposato subito dopo, era figlia di un facoltoso modista ebreo che si era opposto al matrimonio. Dopo il divorzio, nel 1926, divenne conservatrice di un museo. Rimossa dall’incarico con l’avvento del nazismo, entrò nella resistenza. Fu arrestata e morì ad Auschwitz. Il figlio Jimmy, affettuosamente chiamato Minimax per fare il paio con Dadamax, il nomignolo del padre, divenne un pittore surrealista in California. La pittura di Ernst prosperava nel ménage, ma il buon luard mostrava segni di esaurimento: faceva le ore piccole a bere nei bar e nei locali notturni e, per citare McNab, "si addormentava dagli amici invece di tornare a casa, ormai quasi divenuta residenza ufficiale di sua moglie e di Ernst". Una sera, diciotto mesi dopo l’arrivo di Max, luard "si alzò dal tavolino di bistrot per comprare dei fiammiferi, uscì e scomparve da Parigi". Era partito per l’Estremo Oriente e, su sua insistenza, Gala lo raggiunse quattro mesi più tardi insieme a Ernst, dopo aver messo all’asta un bel po’ di dipinti della collezione del marito per comprare i biglietti del piroscafo. Di quell’anno di viaggio, il 1924, rimangono solo un pugno di fotografie e qualche breve biglietto. McNab riempie quel grosso spazio vuoto con interessanti rilievi sui bastimenti a vapore e sui loro porti di scalo, sulla vasta colonia francese d’Indocina, sul richiamo del Pacifico dagli esploratori settecenteschi fino a Gauguin, al poeta Saint-Pol-Roux e a Victor Segalen, viaggiatore antieurocentrico e campione del relativismo culturale. Il surrealismo, osserva McNab, cominciò come un viaggio, più o meno casuale, come una fuga ipnotizzante da quell’Europa borghese che aveva regalato alla sua giovane generazione la Prima guerra mondiale. Ai primi di giugno del 1919, Breton e Philippe Soupault passarono tutta una notte a camminare per le vie di Parigi, "e all’alba decisero di comune accordo di scrivere qualcosa che evocasse il particolare stato d’animo creato da quell’esperienza... A volte restavano a scrivere anche per dieci ore filate, fermandosi per prendere una boccata d’aria e vagare nuovamente per le strade, inebetiti". Seguirono altre escursioni notturne, rese più intense dall’hascisc e dalla cocaina. Nel 1922, in un breve articolo intitolato Lâchez tout, Breton invitava i lettori a "mollare tutto... la moglie, la fidanzata... Abbandonare i figli nel bosco... Lasciare la vita comoda... Mettersi in viaggio". Tutto ruotava intorno al dépaysement. Parola, ci informa McNab, che "indica letteralmente la condizione di trovarsi fuori dal proprio paese, ma nel cui significato rientra anche il concetto di esilio e di disorientamento. ... Il dépaysement definiva anche uno stato d’animo assai amato dai surrealisti, la sensazione che si prova giungendo per la prima volta in un posto, i sensi acuiti dallo stupore, venati di inquietudine". Spossatezza e disorientamento da viaggio venivano ricercati come mezzi di percezioni inedite. I surrealisti andavano a piedi da Parigi a Blois, si imbarcavano per Cuba, per l’Amazzonia, per il Golfo di St. Lawrence. Sogni, droghe, giochi di parole, sedute d’analisi, scrittura automatica, collage casuale, impulsivi viaggi esotici erano altrettanti modi di esplorare quella nuova contrada dell’anima scoperta da Freud: il subconscio. Ma il dépaysement aveva anche una sua dimensione politica: la conoscenza di prima mano delle colonie francesi del Pacifico raffermò l’avversione surrealista per i colonizzatori, genia sciovinista e brutalmente sfruttatrice, e per l’establishment europeo. Ovviamente, l’idea di sfondare l’involucro della ragione e dell’ordine costituito in cerca di verità più profonde è vecchia quanto le trance sciamanistiche, gli oracoli greci e gli esercizi yoga e zen di svuotamento mentale. Celebre l’affermazione del 1871 di Rimbaud (altro formidabile esempio di autoesilio insieme a Gauguin), secondo cui il poeta si trasforma in veggente mediante un lungo, immenso e deliberato "déréglement de tous les sens". Tra mènage e fuga a Saigon, dove si ritrovarono, Gala, Ernst ed luard realizzarono un déréglement delle consuetudini sociali. Tornato a Parigi, luard lo definì un voyage idiot, un viaggio stupido. Ed è un fatto che, da allora, il loro rapporto uno e trino non fu più lo stesso. Ernst fece ritorno dopo gli luard, e prese casa per conto suo in un appartamento-studio a Montmartre; luard entrò in sanatorio, da cui scriveva a Gala lettere struggenti, mentre lei, inaugurato un periodo di promiscuità sfrenata, si impegnava in una fortunata campagna di seduzione nei confronti di Salvador Dalí. A obiettivo raggiunto, si lasciava andare a un’osservazione che McNab traduce come segue: "Ho fatto bene a mollare Max Ernst: è un perdente. Guarda invece il successo di Dalí da che sono arrivata io!". A "è un perdente" corrispondeva, in originale, il francese "il n’arrivera à rien". La vita è un viaggio. "Al termine di un lungo viaggio", esordiva una poesia di luard per Gala, scritta durante la loro separazione, "vedo ancora quel corridoio, quell’oscuro cunicolo, quella calda oscurità dove soffia una brezza che sospinge la risacca". Quel che fece il terzetto nell’Indocina francese, oltre a posare per un fotografo di strada di Saigon e affrontare un difficile viaggio ad Angkor Wat, rimane avvolto nel mistero. luard bruciò tutte le lettere della moglie, mentre sono andate perdute quelle di Gala a Ernst; per lei parlano solo gli atti. Dei tre, Ernst sembra il più imperturbabile, il più assente. Gala ebbe la soddisfazione di essere desiderata da due uomini nello stesso tempo, ed luard quella di una rassegnazione e di un affetto tenaci; Ernst fece la parte di quello che piglia la moglie, la casa, le relazioni dell’amico più giovane. Degna di ammirazione è solo la sua operosità artistica. John Updike