Varie, 31 maggio 2005
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CARTER Graydon Toronto (Canada) 14 luglio 1949. Giornalista. «[...] è il re dei magazine e controlla la più grande vetrina di carta patinata che si possa immaginare [
CARTER Graydon Toronto (Canada) 14 luglio 1949. Giornalista. «[...] è il re dei magazine e controlla la più grande vetrina di carta patinata che si possa immaginare [...] molto prima di avere l’idea giusta per ”Spy”, di aver reinventato l’’Observer” e di aver raggiunto l’apice della carriera a ”Vanity Fair” [...] lavorava come addetto alle linee nelle ferrovie del Canada occidentale. Posava cavi del telegrafo nelle campagne del Saskatchewan. [...] Molti dei suoi colleghi erano ex galeotti o gente di strada. Carter era di famiglia borghese e aveva già modi decisamente dandy. Quando arrivò al deposito di Winnipeg, nella primavera del 1970, indossava un paio di Adidas nuove di pacca e portava uno zaino zeppo di libri: Kerouac, Brautigan, alcune copie sbrindellate del ”National Lampoon”. Carter fece amicizia con un collega che si chiamava Craig Walls. [...] Quando rimpiazzò Tina Brown come direttore di ”Vanity Fair”, venne liquidato come un peso leggero, uno che avrebbe solo potuto tenere la barra del timone come era stata lasciata da chi l’aveva preceduto [...] Come è successo tutto ciò? Come ha fatto l’inventore di ”Spy”, un magazine che faceva polpette degli stessi Vip celebrati da ”Vanity Fair” a diventare un beniamino delle sue ex vittime? E come ha fatto un ragazzaccio senza un centesimo , uno che non ha finito neanche il college, un canadese, a diventare uno dei direttori più pagati [...] della Condé Nast? [...] Di lui tutti dicono che è un conversatore affascinante. Ha il dono di far sentire l’interlocutore più grande di quanto sia. E anche più intelligente. una droga capace di intossicare chiunque, ma soprattutto il genere di compagnia che Carter frequenta più spesso: i giornalisti e la gente di Hollywood, due categorie che di solito hanno un ego abbastanza fragile. [...] Ha vissuto all’estero fino ai sei anni, perché il padre lavorava tra l’Inghilterra e la Germania: era un avitore della Royal Canadian Air Force, Il resto della sua giovinezza, però, l’ha passato in un sobborgo middle-class di Ottawa. [...] A 22 anni ha sposato un’impiegata di un museo [...] Tre anni dopo si è iscritto all’Università [...] Tempo qualche mese, e già passava le sue giornate nella redazione della ”Canadian Review”, una piccola rivista letteraria creata da un suo compagno di classe. Ne divenne in fretta il direttore e prima che il giornale chiudesse, nel 1977, lo trasformò in un magazine di cultura e politica da 50 mila copie. [...] Nell’estate del 1978 partì per New York lasciandosi alle spalle un’ex moglie e un discreto numero di creditori infuriati. Si diede un mese di tempo per trovare un lavoro e proprio l’ultimo giorno si ritrovò nell’ufficio del direttore di ”Time” con in mano un’offerta. Nella sua prima settimana da praticante a ”Time”, uscì a pranzo con Jim Kelly, un altro novellino come lui, e gli disse che voleva lanciare un magazine che si chiamava ”Spy”. Sette anni più tardi [...] pianificarono il lancio del nuovo giornale. Quello che riuscirono a fare con ”Spy” fu uno strano ibrido di inchiesta e satira che, nonostante un arco di vita abbastanza breve, ha lasciato un marchio indelebile nel mondo dei magazine [...] trasformò l’’Observer” facendolo diventare un giornale di pettegolezzi sui media, la legge, gli immobili, i divertimenti, Walll Street. A neanche un anno di distanza, S. I. Newhouse lo chiamò per un breve colloquio. Gli rivelò che Tina Brown voleva lasciare ”Vanity Fair”. Poi gli disse anche che aveva in mente qualche cambio al ”New Yorker”. Carter sobbalzò. La prospettiva di dirigere il ”New Yorker” lo eccitò così tanto che andò a casa e mise già un piano per reinventare quel settimanale. Ma Newhouse scelse la Brown e offrì a Carter ”Vanity Fair”. Lui accettò, ma era profondamente deluso. Il primo anno fu un disastro [...] iniziò a perdere peso. Perse il sonno. [...] Dopo diciotto mesi gli accadde qualcosa. ”Un giorno”, racconta, ”dissi a me stesso: non dispiacerti, puoi far diventare questa rivista quello che vuoi tu [...]”. Carter iniziò a reinventare la rivista secondo una sua idea. [...] ha dedicato più spazio ai servizi quasi feticistici su Hollywood. [...]» (Jennifer Senior, ”Sette” n. 14/2001).