Varie, 31 maggio 2005
MARTINELLI
MARTINELLI Elsa (Elsa Tia) Grosseto 13 gennaio 1935. Attrice • «[...] sempre stata un’aliena. Così diversa, unica, indefinibile. Dolce e androgina, ragazza acqua-e-sapone e vamp tentacolare, sofisticata musa della couture e grinta da maschiaccio, incantevole frutto popolare (lei, grossetana di Trastevere, figlia di un ferroviere) e icona pop di tutte le nouvelles vagues, infaticabile self-made woman e divina mondana del jet-set. Non c’era una regola che potesse inquadrarla, spiegarla, imprigionarla nell’Italietta degli anni 50 che spasimava per le maggiorate. Gli zigomi esagerati, i sorrisi travolgenti, le gambe snelle e interminabili, quella voce bassa alla Marlene. Era una marziana a Roma, per citare Flaiano (’Peccato, non lo conobbi mai”), divenuta in un lampo una delle nostre credit card internazionali più ammirate: i film con Orson Welles e John Wayne, con Kirk Douglas e Robert Mitchum, le copertine su ”Life” (tre, un primato nazionale), le amicizie con i Kennedy e Nureyev, gli amori con Sinatra e Belafonte... [...] incorreggibile ”ragazzaccia” (e ”ragazzaccio”) che ha anticipato molte bad girl dell’ultimo mezzo secolo senza perdere un soffio della propria femminilità? [...] ”[...] Me ne sono andata a 16 anni proprio per non essere acchiappata e risucchiata dal virus della pigrizia romana! La mia formazione è stata americana: essere puntuale, lavorare ore e ore al giorno, non piangersi mai addosso...”. Eppure, allora, anche negli Stati Uniti le grandi ”beauties” non erano poi così fresche... ” vero, a parte Audrey Hepburn, dettavano legge bellezze più ’costruite’, meno naturali. Le ’signore’, ricche e sofisticate come Grace Kelly, che piacevano tanto a Hitchcock. Io ero accettata così com’ero, senza trucco, con le frange, senza nessun artificio. Mario Soldati - indimenticabile! - mi diceva che ero ’una pianta’. O un animale. O un ragazzo...». Quanto bastava per imporsi come sex-symbol, come prova una straordinaria foto di Federico Patellani. Come nacque quell’immagine? ”Per caso. Fu presa a Milano durante un servizio di moda, con un’afa allucinante. Io mi ero rivestita con una camicia, i jeans (che all’epoca non portava nessuno) e, per il caldo, mi gettai in acqua in un ruscello lì vicino... Federico mi disse ’Ti posso fotografare come sei?’, io risposi di sì e quella immagine ha fatto il giro del mondo. Semplice, assolutamente naturale, con il seno che traspariva dalla camicia bagnata, l’ombelico scoperto. Grace non l’avrebbe fatta mai... Era il 1954. Sarebbe nuova anche adesso”. La differenza si esprimeva, comunque, non solo nel look ma in uno spirito di indipendenza poco comune allora nelle donne italiane... ’C’è chi ha una libertà di pensare innata, chi la raggiunge con fatica e ci sono quelli che non ci arrivano mai. Io sono così dalla nascita, pronta a fare a modo mio, ad andare controcorrente senza nessun calcolo. Anziché sognare il principe azzurro, volevo essere io a scegliere [...] le mie interviste con la Fallaci erano quelle di un’aliena. Parlavo di divorzio, di camere separate, perché c’è il piede che ti dà fastidio, non puoi tenere la luce accesa per leggere... Per carità! L’indipendenza è la cosa più importante. A quei tempi, per le italiane, il matrimonio era il massimo traguardo della vita. Non avevano risorse, non trovavano lavoro, non avevano la possibilità di provare la loro intelligenza. [...]”» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 30/5/2005).